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UFFICIO DEL PERSONALE

martedì 1 marzo 2011

L’IRAP

L’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive) viene introdotta nell’ordinamento nel 1997 attraverso la legge finanziaria per il 2008 (D.Lgs. n. 446/97), cancellando sette balzelli.

Trattasi di un tributo locale che deve essere versato dai soggetti che svolgono attività imprenditoriale e che colpisce il valore della produzione netto delle imprese derivante dall’attività esercitata nel territorio della regione, prescindendo dal reddito del soggetto ed dalla sua capacità contributiva.

Nello specifico la base imponibile è data dal valore della produzione, ovvero il valore aggiunto prodotto da un’azienda attraverso l’utilizzo dei fattori produttivi al netto dei costi di acquisto dei beni utilizzati nel processo di produzione e dei costi indiretti (ricavi – costi di esercizio). A tale importo si applica un’aliquota pari al 3.9%, che può essere maggiorata dalle regioni trattandosi di un tributo regionale, e su questa somma è necessario calcolare il 99%. Tale importo deve essere versato in due rate:
- la prima pari al 40% dell’acconto complessivo dovuto, somma che deve essere versata se superiore al 103 euro;
- la seconda pari al 60% oppure all’intero se non è stata versata la prima rata perché superiore ai 103 euro.

Secondo la norma, i soggetti passivi sono:
- le società di capitali;
- le società di persone e soggetti a esse equiparati;
- gli imprenditori individuali;
- gli esercenti arti e professioni sia in forma individuale che associata purchè dotati di una qualche organizzazione;
- i produttori agricoli titolari di reddito agrario;
- gli enti pubblici e privati non commerciali;
- le società e gli enti non residenti.
Sono esclusi i fondi di investimento, i fondi pensione e i gruppi economici di interesse europeo.

Proprio in merito alla soggettività passiva IRAP occorre una puntualizzazione alla luce di quanto affermato dalla Suprema Corte per gli ausiliari delle imprese e da ultimo per i piccoli imprenditori, esenti dal pagamento del tributo poiché soggetti privi di “autonoma organizzazione”.

All’uopo va specificato che presupposto per il pagamento dell’imposta è “l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni o allo scambio di beni o alla prestazione di servizi”, quindi l’elemento di fondo è la presenza dell’autonoma organizzazione. Per tale motivo la Cassazione ha stabilito che anche per coloro che rientrano nella qualifica di “piccolo imprenditore” (ex art. 2083 c.c.) non risulta l’oggettiva natura dell’attività svolta ad essere alla base dell’imposta, bensì le modalità attraverso cui è realizzata, ovvero l’organizzazione di capitali o di lavoro altrui. Orientamento questo a cui ha dato conferma anche l’Agenzia delle entrate che nella circ. n. 45/E ha chiarito che “i soggetti che potrebbero rientrare nella categoria dei contribuenti minimi sono da ritenersi certamente esclusi dal tributo, in quanto privi di autonoma organizzazione”.

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