Cerca nel blog

UFFICIO DEL PERSONALE

martedì 15 marzo 2011

Stranieri, la segnalazione al sistema UE e' insufficiente

L’architettura del S.I.S. e la natura composita delle informazioni in esso inserite, inducono a ritenere che non vi possa essere automatismo tra segnalazione e provvedimento negativo dell’autorità nazionale competente. L'Autorità di P.S. non può limitarsi a prendere atto dell'avvenuta segnalazione da parte di uno degli Stati firmatari della Convenzione e, su tali basi, negare la richiesta di regolarizzazione.Per fare ciò deve preventivamente informarsi, attivando la necessaria procedura di consultazione con le autorità estere, per comprendere le ragioni a fondamento della segnalazione e quindi poter valutare se la segnalazione dello stato straniero (i quali, come sopra rilevato, possono essere tra loro profondamente diversi e connotati da differente grado di gravità), siano ostativi, in base alle norme interne, a regolarizzare la permanenza in Italia del cittadino straniero.

Il Collegio ritiene quindi che nessuna segnalazione possa ritenersi sufficiente e quindi opponibile agli Stati aderenti alla convenzione Schengen, e comunque non in sede di controllo di legittimità dell'azione dell'amministrazione, se essa non sia completa di tutti gli elementi utili per individuare il provvedimento sottostante, tra cui il tempo, il luogo, l'autorità che lo ha adottato ed i motivi della dichiarazione di inammissibilità; questo anche ai fini del possibile rigetto dell’istanza di regolarizzazione.

I respingimento e la non ammissione sono riconducibili a pregressi comportamenti lesivi, in concreto o soltanto a livello potenziale, dei superiori interessi pubblici dell’ordine, della sicurezza nazionale e del normale andamento delle relazioni internazionali.

In assenza di comportamenti della specie, le diverse circostanze oggetto di segnalazione, per essere considerate il presupposto di provvedimenti di diniego alle richieste di permesso dello straniero, devono comunque essere sottoposte ad un esame critico delle autorità competenti.

Appare quindi ben chiaro che la politica legislativa disciplina e gestisce il fenomeno ormai epocale dell’immigrazione allertando in misura sensibile gli aspetti indeclinabili della tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico, per i quali lo Stato italiano ha anche assunto impegni e connesse responsabilità nei confronti di altri Stati che aderiscono ad accordi o convenzioni volti ad agevolare tendenzialmente la libera circolazione delle persone all’interno di una vasta area territoriale transnazionale.

Appare pertanto scarsamente comprensibile una normativa che in tema di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario detti limiti che travalichino gli aspetti della sicurezza e dell’ordine pubblico.

Sotto il profilo della legittimità costituzionale, non si comprenderebbe perché mai il legislatore si sia preoccupato di restringere, con precisa operazione di chirurgia normativa, i casi ostativi alla richiesta di emersione, qualora essi siano l’effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali di autorità interne, mentre, al contrario, abbia accettato l’assenza di verifiche per provvedimenti di autorità straniere che finirebbero per essere in ogni caso rilevanti ai fini del diniego di regolarizzazione per la sola ragione di provenire dal S.I.S.

Le segnalazioni in ambito Schengen impediscono la regolarizzazione solo se si riferiscono a casi che costituiscono un rischio effettivo per l’ordine e la sicurezza pubblica.

L’autorità competente ha quindi l’obbligo di verificare, in presenza di una segnalazione, l’origine e la natura dell’evento che ne costituisce il presupposto di fatto.

Appare invero arduo sostenere la ragionevolezza della norma in considerazione dell’esigenza di celerità nell’evasione delle pratiche di regolarizzazione.

Il buon andamento si misura infatti dalla capacità dell’amministrazione di agire il più possibile in modo adeguato e conveniente tenendo conto del complementare ed indefettibile principio di imparzialità il quale entra in gioco anche in questo caso, considerato che l’amministrazione per avere elementi certi di decisione deve potere conoscere il tipo e il livello di gravità del fatto alla base della segnalazione; un’indagine del genere non rappresenta un inutile aggravamento del procedimento, ostacolato dall’art. 1, comma 2, L. n. 241 del 1990, perché al contrario mira a dare carattere di completezza all’istruttoria, fase propedeutica ad una decisione che tenga conto di tutti i presupposti di fatto e di diritto coinvolti nella fattispecie.


E’ chiaro che la più consistente cifra che l’ordinamento penale attribuisce all’assunzione di lavoratori stranieri irregolari e la nuova rilevanza penale che ha acquisito la condotta dello straniero il quale, al di fuori dei casi consentiti dall’ordinamento, intende entrare e permanere nel territorio dello Stato, ha drammaticamente posto il problema economico e sociale della sorte dei cittadini italiani anziani o in condizioni di disabilità i quali, nella maggior parte dei casi, non avrebbero più potuto fruire per il futuro dell’assistenza di lavoratori assunti irregolarmente, salvo aumentare i rischi di incorrere in gravi ripercussioni di carattere penale.

La diffusione del fenomeno, che ha origine anche nella difficoltà di emersione di rapporti che si svolgono all’interno delle mura domestiche, ha spinto il legislatore ad intervenire in materia prevedendo per l’appunto la regolarizzazione dei prestatori di attività di assistenza agli anziani, ai disabili, ai soggetti affetti da patologie ovvero dediti al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.

Appare quindi ben chiaro che l’obiettivo del legislatore è unicamente quello di evitare la regolarizzazione di soggetti “indesiderabili” i quali, in definitiva, ove tentassero di entrare e permanere regolarmente nel territorio nazionale difetterebbero comunque dei requisiti per ottenere il permesso di soggiorno.

Orbene, dalla motivazione del provvedimento impugnato e dalla memoria depositata dall’Avvocatura dello Stato si evince che, secondo le amministrazioni resistenti, nel caso di cittadini extracomunitari che risultino segnalati ai sensi dell'art. 96 del trattato di Schengen, il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno costituisce un atto dovuto.

Sono pertanto condivisibili le censure di difetto d’istruttoria e di motivazione perché l’amministrazione resistente ha adottato il provvedimento senza una adeguata ponderazione delle circostanze specifiche, relative anche all’assenza di precedenti penali a carico del ricorrente; sono dunque del tutto ignote le ragioni della segnalazione, per mancanza di elementi essenziali in ordine ai provvedimenti sottostanti.

Deve quindi escludersi che l'amministrazione abbia potuto valutare, una volta escluso l'automatismo della segnalazione stessa, i presupposti per la regolarizzazione della ricorrente ai sensi dell'art. 1-ter, comma 13, lett. b) del d. l. 78 del 2009.

Il Collegio ritiene pertanto di dovere accogliere il ricorso ai fini del riesame da parte della Questura volta all’attivazione della procedura di consultazione ai sensi dell’art. 25, comma 1, della Convenzione Schengen.

(Sentenza TAR SALERNO 22/02/2011, n. 305)

Nessun commento:

Posta un commento