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UFFICIO DEL PERSONALE

sabato 30 luglio 2011

FABBRICATI RURALI, IL DECRETO SVILUPPO GUIDA L'ACCATASTAMENTO DEI FABBRICATI RURALI

L'obiettivo delle disposizioni recate dall'art. 7, commi 2-bis, 2- ter e 2-quater, del D.L. n. 70/2011 (cd. Decreto Sviluppo) e' quello di obbligare i proprietari dei fabbricati in possesso dei requisiti di ruralita', a variare il classamento degli immobili censiti in categorie diverse da A/6 e D/10

(D.L. n. 207/2008, art. 23)
(D.L. n. 70/2011, art. 7)

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ICI E REQUISITI DI RURALITÀ: EVOLUZIONE DELLA CONTROVERSIA
LA VARIAZIONE DEL CLASSAMENTO CATASTALE
L'AUTOCERTIFICAZIONE

In sede di conversione del cd. Decreto Sviluppo (D.L. n. 70/2011, convertito con la legge n. 106/2011, pubblicata in G.U. il 12 luglio 2011) è stata introdotta una procedura che promette (finalmente) di risolvere l'accesa disputa che si è venuta a creare tra gli operatori del settore agricolo ed i Comuni: la questione riguarda la debenza o meno dell'ICI con riferimento a fabbricati rurali, questione che sembrava risolta (ma in realtà lo era solo in parte) ad opera del D.L. n. 207/2008, introducendo anche in campo ICI una disposizione di esonero per i fabbricati rurali.

Dopo tale intervento, al contrario, nel corso del 2009 la Cassazione ha riattivato le problematicità di tali campi, contestando il riconoscimento dell'esenzione ai fabbricati che non fossero censiti nelle categorie catastali A/6 (per i fabbricati a destinazione abitativa) ovvero D/10 (per i fabbricati strumentali all'attività agricola, quali ad esempio serre, magazzini per il deposito degli attrezzi, ovvero ancora le stalle per l'allevamento degli animali).

La disposizione oggi introdotta (si tratta in particolare dei commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'art. 7 del D.L. n. 70/2011) offre la possibilità di sanare l'accatastamento difforme entro il prossimo mese di settembre.

Prima però di verificare il contenuto della nuova disposizione è opportuno ripercorrere, quantomeno per sommi capi, i contorni della questione che dovrebbe oggi essere destinata a soluzione.

ICI E REQUISITI DI RURALITÀ: EVOLUZIONE DELLA CONTROVERSIA

Il rapporto tra ICI e fabbricati rurali è da sempre oltremodo complesso.

In particolare dapprima si era discusso del fatto che, nell'ambito dell'imposta comunale, non vi fosse una disposizione specifica volta ad escludere da imposizione i fabbricati rurali.

Su tale fronte è intervenuto il D.L. n. 207/2008 con il comma 1-bis dell'art. 23, affermando che «... non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità».

A tale disposizione venne riconosciuta efficacia interpretativa: ciò sta a significare che essa non esplica effetti solo per il futuro, ma al contrario il Legislatore chiarisce la corretta applicazione di una norma vigente sin dal 1993.
La conseguenza di ciò è che anche per il passato i fabbricati in possesso dei requisiti per vedersi riconosciuta la ruralità hanno diritto alla non applicazione del tributo.

La questione era però solo in parte risolta, ossia fino a che in seno alla Corte di Cassazione non si è consolidato un filone interpretativo di tenore decisamente restrittivo per i contribuenti, interpretazione peraltro santificata, oltre che da una nutrita serie di sentenze della sezione tributaria (1), anche da una pronuncia delle Sezioni Unite (si tratta della Sent. n. 18565/2009).

Il parere della Corte è incardinato sulla seguente riflessione: «lo ius superveniens [l'esenzione introdotta dal D.L. n. 207/2008, n.d.a] in qualche misura valorizza la scelta esegetica compiuta dal ricordato orientamento giurisprudenziale [in primis quella della citata Sent. n. 18565/09, n.d.a.], portando l'attenzione sulla decisività della classificazione catastale come elemento determinante per escludere (o affermare) l'assoggettabilità ad ICI di un fabbricato».

In altre parole, in tali pronunce la Cassazione ha sconfessato la posizione da tempo sostenuta dall'Agenzia delle entrate, contenuta nella Circ. n. 50/E del 2000: il pensiero dell'Amministrazione finanziaria si basava sul principio per cui, indipendentemente dall'accatastamento che il fabbricato possedeva, la ruralità doveva essere riconosciuta quando venivano rispettati i requisiti stabiliti dell'art. 9 del D.L. n. 557/1993 e successive modificazioni (si era soliti affermare che l'iscrizione catastale aveva esclusivamente finalità «inventariale» e acquisiva rilevanza qualora il fabbricato avesse perso i requisiti di ruralità).

Come detto, la Cassazione si è dimostrata di parere diametralmente opposto a quello dell'Agenzia, affermando invece l'assoluta rilevanza e preminenza del dato catastale, anche sotto il profilo del riconoscimento dell'esonero per i fabbricati rurali: poiché esistono specifiche categorie catastali dedicate ai fabbricati rurali (come detto, A/6 e D/10) il contribuente, se intende considerare rurale il proprio fabbricato (beneficiando delle agevolazioni conseguenti, in primis l'esenzione dall'ICI) dovrà accertarsi che sia stata attribuita la corrispondente categoria catastale.

Nella sentenza si osserva che l'errato classamento non può essere successivamente eccepito in sede di domanda di rimborso dell'ICI pagata (ovvero, si deve aggiungere, in sede di opposizione ad un avviso di accertamento per il pagamento dell'ICI non versata in virtù dell'invocata esenzione, come nel caso trattato ad esempio nella Sent. n. 7102/2010).

Allo stesso modo, comunque, anche il Comune che intendesse disconoscere l'esenzione ICI ad un fabbricato censito in A/6 o D/10, si troverebbe a dover chiedere (attraverso il comma 336 dell'art. 1 della legge n. 311/2004, Finanziaria 2005) la variazione dell'accatastamento in una delle categorie non rurali e, fino a quando il fabbricato non avrà il nuovo corretto censimento, non potrà procedere all'accertamento dell'ICI dovuta (ai sensi del comma 337 il nuovo classamento retroagisce sino al momento in cui il fabbricato ha perso i requisiti).

Tale posizione, del tutto consolidata in ambito giurisprudenziale di legittimità (e conseguentemente anche in quella di merito che, per ovvie ragioni, si è dovuta uniformare), è stata peraltro confermata all'inizio del 2011 in risposta ad una interrogazione parlamentare: si tratta del question time 5-04067 in Commissione finanze della Camera dei Deputati del 19 gennaio 2011.

Con tale risposta il Governo si trova ad allinearsi alla tesi sostenuta dalla Cassazione, affermando come nella sostanza l'interpretazione proposta dalla giurisprudenza sia ormai del tutto consolidata.

Sono quindi state ritenute completamente irrilevanti le eccezioni sollevate (anche dall'Agenzia del territorio nell'audizione del 22 febbraio 2011) relativamente alle difficoltà nell'ottenere dai locali uffici catastali la classificazione dei propri immobili nelle categorie catastali A/6 e D/10: occorre quindi concludere che il corretto classamento è un requisito imprescindibile per poter accedere al riconoscimento della ruralità e, quindi, alla possibilità di utilizzarne i relativi benefici, in primis l'esenzione dal pagamento dell'ICI. Secondo il Governo «... In pratica, a legislazione vigente, non paiono sussistere in materia residui dubbi interpretativi per effetto delle ripetute affermazioni giurisprudenziali della Corte di Cassazione».

Al riguardo il Parlamento aveva introdotto nel provvedimento riguardante le comunità montane una proposta di modifica alla disposizione che consente l'esenzione ICI ai fabbricati rurali, disponendo che l'esenzione sarebbe spettata indipendentemente dalla categoria catastale. Tale disposizione però non ha avuto seguito.

Alla luce del fatto che il Governo comunque si stava interessando della vicenda, attraverso la Ris. n. 7-00505 del 16 marzo 2011 è intervenuta la Commissione finanze della Camera per bloccare l'attività di riscossione degli importi accertati da parte dei Comuni, in attesa che si pervenisse ad una soluzione normativa della vicenda. La motivazione di tale blocco risiedeva nel fatto che «... in tale contesto è necessario evitare il paradosso che, proprio nel momento in cui il legislatore ed il Governo hanno individuato una soluzione definitiva a tale complessa vicenda, la quale ha ingenerato una condizione di oggettiva incertezza, per i contribuenti e per gli stessi enti impositori, circa l'applicabilità dell'ICI ai fabbricati rurali, si prosegua nelle attività di riscossione coattiva dell'imposta con riferimento a tale tipologia di immobili».

LA VARIAZIONE DEL CLASSAMENTO CATASTALE

Come detto, il primo tentativo per pervenire ad una soluzione era contenuto in un provvedimento sulle comunità montane, però mai pervenuto a definitiva approvazione: la proposta era quella di introdurre una norma di interpretazione autentica con l'obiettivo di riconoscere comunque l'esenzione ICI ai fabbricati in possesso dei requisiti di ruralità, indipendentemente dalla classificazione catastale ad essi attribuita.

Visto lo stallo di tale progetto normativo, il Legislatore è intervenuto inserendo in sede di conversione del Decreto Sviluppo - D.L. n. 70/2011 - la disposizione oggetto del presente contributo: l'obiettivo del provvedimento è quello di obbligare i possessori dei fabbricati in possesso dei requisiti di ruralità a variare il classamento degli immobili censiti in categorie diverse da A/6 e D/10.
La prima considerazione che si può proporre è che, in tal modo, il Legislatore implicitamente convalida l'interpretazione offerta dalla Cassazione e di conseguenza, se il contribuente non richiede o non riesce ad ottenere il classamento in una categoria catastale rurale, non potrà in nessun caso vantare l'esenzione ICI dell'immobile (presunto) rurale.

Allo stesso modo, per come viene costruito l'iter di regolarizzazione (richiedendo una autocertificazione retroattiva), occorre concludere che dovrebbero essere implicitamente risolti i contenziosi (non pochi) incardinati sulla contestazione dell'esenzione ICI nei confronti degli immobili censiti in categorie difformi da quelle rurali.

Veniamo nel merito della disposizione: il comma 2-bis impone ai contribuenti che possiedono fabbricati con i requisiti di ruralità, ma censiti in una categoria diversa da A/6 o D/10 (quindi la norma non dovrebbe in alcun modo interessare i fabbricati che sono a diritto ancora iscritti al catasto dei terreni), di procedere, entro il prossimo 30 settembre, alla presentazione di una variazione catastale, chiedendo il censimento in tali categorie.

Tale richiesta deve essere corredata da una apposita autocertificazione nella quale il possessore dell'immobile attesta il possesso dei requisiti di ruralità. A questo punto l'Agenzia del territorio, entro il termine del 20 novembre 2011, si esprimerà su tale richiesta, valutando la presenza dei requisiti di ruralità e confermando o meno il classamento in una delle categorie catastali proprie dei fabbricati rurali.

Peraltro il sindacato dell'Agenzia del territorio sulla nuova situazione proposta dal contribuente può estendersi anche oltre tale data: spirato il termine del 20 novembre 2011 senza che gli uffici catastali si siamo espressi, il contribuente potrà utilizzare il classamento richiesto (con conseguente esonero ai fini ICI).
Tale situazione però non sarà definitiva, in quanto l'Agenzia del territorio avrà un anno di tempo per intervenire e, se del caso, respingere la richiesta di iscrizione nelle categorie rurali, sottoponendo il contribuente all'obbligo di corrispondere le imposte precedentemente non versate con applicazione di interessi, oltre alle sanzioni raddoppiate.

L'AUTOCERTIFICAZIONE

Uno dei punti su cui è necessario interrogarsi è proprio il contenuto di tale autocertificazione: il comma 2-bis prevede infatti che alla variazione debba essere allegata una dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 445/2000 «... nella quale il richiedente dichiara che l'immobile possiede, in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, i requisiti di ruralità dell'immobile». Ossia occorrerà autocertificare il possesso dei requisiti a partire dal 2006 e, per come è scritta la disposizione, sin dall'inizio del 2006.

La prima considerazione da proporre riguarda l'opportunità di stabilire normativamente un orizzonte temporale definito per il quale introdurre l'autocertificazione: se è vero che la disposizione in questione pare proprio essere una sanatoria retroattiva, questa necessariamente si troverà ad esplicare i propri effetti solo a decorrere dal 2006.

Il che significa che se i contribuenti si mettono al sicuro da eventuali nuovi accertamenti, la questione dei contenziosi pendenti per i periodi d'imposta precedenti al 2006 è tutt'altro che risolta.

Anzi, tale disposizione parrebbe una convalida degli atti emessi dal Comune per contestare l'imposta relativamente a fabbricati censiti in categorie non rurali.
Altra questione non trascurabile è quella relativa ad una eventuale discontinuità nella presenza dei requisiti di ruralità: la norma consente infatti la variazione catastale a favore di una delle categorie rurali, allegando una autocertificazione nella quale si deve attestare la continuità nel possesso dei requisiti. Situazione che certo potrebbe in svariati casi non accadere.

È singolare che la mancanza dei requisiti per un breve periodo possa far perdere il diritto alla sanatoria per l'intero quinquennio 2006-2011. A meno che la volontà del Legislatore non sia quella di offrire un beneficio solo a quegli immobili per i quali l'utilizzo rurale sia del tutto consolidato e non transitorio. Anche su questo punto pare necessario ottenere un chiarimento, magari già nel regolamento di cui al comma 2-quater che dovrebbe essere emanato dal Ministro dell'economia e delle finanze, e con il quale verranno stabilite le modalità applicative e la documentazione necessaria ai fini della presentazione della certificazione, nonché ai fini della convalida della certificazione e del classamento da parte degli uffici catastali.

Inoltre, nulla si dice in merito ai fabbricati posseduti da meno di 5 anni, perché acquistati ovvero costruiti successivamente al 2006, o anche nel corso di detta annualità: anche per questi sarebbe possibile sanare la situazione catastale difforme azionando la procedura introdotta dal D.L. n. 70/2011?

In base al tenore della norma la risposta parrebbe essere negativa (in quanto viene richiesto il possesso ininterrotto dei requisiti negli ultimi 5 anni), ma ragionevolmente non pare vi sia motivo per differenziare i contribuenti in base all'anno di acquisto/costruzione dell'immobile. O forse si? Anche al riguardo una conferma pare necessaria.

di Alessandro Corsini e Fabio Garrini

NOTE
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(1) Si vedano in particolare le Sentt. n. 15321/2008, n. 22691/2009, n. 7102/2010, n. 3563/2010 e le 81 sentenze depositate il 22 giugno 2010.

MOBILITA': PROROGA PER CAMPANIA E SICILIA

Prorogata fino a tutto il 2011 l'indennità di mobilità in favore dei lavoratori già beneficiari del trattamento.

Si tratta dei lavoratori delle regioni Campania e Sicilia che prima di essere licenziati sono stati aiutati dal trattamento straordinario di cassa integrazione. In ogni caso, trattandosi di proroga ulteriore, l'assegno INPS deve essere decurtato del 40% rispetto alla misura iniziale.

Agli interessati spetta, se dovuto, l'assegno per il nucleo familiare e a tutti la contribuzione figurativa utile a pensione.

CHIUSURA PARTITE IVA INATTIVE: DEFINITO IL CODICE TRIBUTO PER IL VERSAMENTO DELLA SANZIONE

L'Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 72/E dell'11 luglio 2011, allo scopo di consentire ai contribuenti di effettuare il versamento, tramite modello «F24-Versamenti con elementi identificativi», della sanzione prevista dall'art. 23 del D.L. n. 98/2011 per la chiusura delle partite IVA inattive da tre anni, ha istituito il seguente codice tributo, da indicare nella sezione «erario ed altro»:

In merito alle modalità di compilazione del modello di versamento, nella risoluzione è stato chiarito che occorre indicare:

- la lettera R nel campo «tipo»;

- la partita IVA da cessare nel campo «elementi identificativi»;

- l'anno di cessazione dell'attività nel campo «anno di riferimento».

(R.M. 11 luglio 2011, n. 72/E)

AGGIORNATO IL TASSO DI INTERESSI PER IL RITARDO NEI PAGAMENTI NELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI

Nella Gazzetta Ufficiale n. 165 del 18 luglio 2011 è stato pubblicato il Comunicato del Ministero dell'economia e delle finanze del 18 luglio 2011 che, secondo quanto previsto dall'art. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 231/2002, rende noto che per il periodo 1° luglio-31 dicembre 2011 il saggio di interesse di cui al comma 1 dello stesso articolo, al netto della maggiorazione ivi prevista, è pari al 1,25%.

CONTRIBUTI: VERSAMENTI ENTRO IL GIORNO 16 DEL MESE

(INPDAP - Nota n. 16 del 14 luglio 2011)

La legge n. 106/2011 (il cosiddetto «Decreto Sviluppo») stabilisce che: «Le somme di cui al comma 1 sono versate entro il giorno 16 del mese di scadenza. Se il termine scade di sabato o di giorno festivo il versamento è tempestivo se effettuato il primo giorno lavorativo successivo. Le disposizioni introdotte dal presente numero si applicano a partire dal 1° luglio 2011». Pertanto a decorrere dal 1° luglio per i versamenti contributivi in scadenza nel mese di luglio, è possibile effettuare il pagamento entro il giorno 16 e non più entro il giorno 15, sia per gli enti tenuti all'utilizzo dell'F24 ordinario, sia per quelli tenuti all'utilizzo dell'F24 enti pubblici. La legge inoltre stabilisce che ai versamenti relativi ai periodi d'imposta in corso al 31 dicembre degli anni 2008, 2009 e 2010, da eseguire mediante il modello F24 enti pubblici non si applicano le sanzioni qualora il versamento sia stato effettuato tardivamente, ma comunque entro il secondo mese successivo alla scadenza stabilita. Viene stabilita, di fatto, l'inapplicabilità delle sanzioni nelle ipotesi di versamenti contributivi eseguiti tardivamente, ma comunque entro i due mesi successivi alla scadenza prevista. L'Inpdap chiarisce che:

1) il sistema sanzionatorio comprende tutti i versamenti di competenza dei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2010, effettuati successivamente al giorno 15 novembre e non oltre il 15 marzo 2011;

2) la deroga è riferibile esclusivamente ai versamenti effettuati dagli enti tenuti all'utilizzo del modello F24 enti pubblici e non anche del modello F24 ordinario;

3) la deroga riguarda esclusivamente le ipotesi di omissione/ritardo e non anche alle ipotesi di evasione.

Essendo l'obbligo del versamento dei contributi previdenziali strettamente connaturato al momento dell'erogazione delle retribuzioni, il versamento della contribuzione deve avvenire entro i primi sedici giorni del mese successivo a quello cui si riferisce la corresponsione della retribuzione. Qualora la retribuzione venga corrisposta in mesi diversi da quelli di competenza, la contribuzione deve essere versata entro i primi sedici giorni del mese successivo a quello di emissione del mandato della retribuzione stessa. In caso di ritardato versamento dei contributi previdenziali, le relative sanzioni devono essere applicate a decorrere dal 17° giorno del mese successivo a quello di emissione del mandato delle retribuzioni.

INDENNITA' MOBILITA' E LAVORO: ACCREDITO CONTRIBUTI FIGURATIVI

Nei casi in cui è ammessa la cumulabilità tra l'indennità di mobilità e i compensi ricavati da lavoro autonomo o da lavoro parasubordinato (collaborazione coordinata e continuativa) l'accredito dei contributi figurativi va fatto in quota integrativa, cioè sulla differenza tra l'intera retribuzione presa a base del calcolo dell'indennità di mobilità e la retribuzione di fatto percepita per l'attività svolta. In questi casi la contribuzione obbligatoria versata sul lavoro svolto deve essere accreditata nella gestione pensionistica di competenza.

Nel caso di compatibilità e cumulabilità totale dell'indennità di mobilità con i lavori di carattere accessorio (nei limiti di 3 mila euro annui), la quota di contribuzione IVS (cioè 1,3 euro per ogni buono da 10 euro) deve affluire alla gestione a carico della quale è posto l'onere della contribuzione figurativa.

In queste ipotesi la quota IVS di 1,3 euro non deve essere accreditata sulla posizione contributiva del lavoratore. Se l'interessato ha chiesto e ottenuto il pagamento della intera indennità di mobilità in unica soluzione l'accredito figurativo non può essere concesso.

PROFESSIONISTI NON ISCRITTI A CASSE: ISCRIZIONE OBBLIGATORIA ALLA GESTIONE SEPARATA INPS

Iscrizione obbligatoria alla Gestione separata in base alla legge n. 111/2011 per i soggetti iscritti agli enti di diritto privato. Si risolve in tal modo l'annoso contenzioso che da anni sta creando malumori nelle casse previdenziali dei liberi professionisti, specie in quelle che prevedono la solo facoltà (e non l'obbligo) di iscrizione per chi è diventato pensionato ma continua la libera professione.

Ora la legge, con un atto di imperio, afferma che tutti hanno l'obbligo di iscriversi e con l'art. 18 impone agli enti previdenziali privati di provvedere entro sei mesi all'adeguamento dei propri statuti e regolamenti, introducendo l'obbligo dell'imposizione contributiva a carico dei soggetti titolari di trattamento pensionistico che svolgono attività professionale, il cui esercizio è subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali e che risultano percepire un reddito da tale attività.

Tutto ciò esclude che essi siano tenuti ad iscriversi alla Gestione separata INPS, alla quale comunque restano accreditati i pagamenti già fatti. Devono però essere restituiti a seguito di domanda presentata dall'interessato i contributi che erano stati eventualmente versati con espressa riserva di ripetizione.

Esaurito questo aspetto, la legge definisce ulteriori aspetti legati alla Gestione separata:

1) i soggetti che devono iscriversi alla Gestione separata, coloro che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali;

2) tutti coloro che, pur svolgendo attività iscrivibili ad appositi albi professionali, non siano tenuti al versamento del contributo soggettivo presso le Casse di appartenenza, ovvero rispettivi statuti o regolamenti.

Nella circolare l'INPS indica alcune ipotesi che comportano l'assenza di iscrizione/versamento alla Cassa di appartenenza:

a) mancato raggiungimento di un livello minimo di reddito;

b) esercizio di attività di tirocinio o praticantato;

c) esistenza di altra copertura contributiva contestuale allo svolgimento della professione, a causa della quale la Cassa di appartenenza esclude l'obbligo di versamento del contributo soggettivo, relativo all'attività professionale.

In sostanza i liberi professionisti sono tenuti al pagamento del contributo alla Gestione separata relativamente ai redditi professionali non assoggettati a contribuzione previdenziale obbligatoria presso la cassa di categoria. E ciò vale anche nel caso in cui il soggetto paghi alla cassa il solo contributo integrativo o di solidarietà, ossia un contributo che non ha valore ai fini pensionistici.

La legge infine conferma la natura integrativa della contribuzione versata all'Enasarco dagli agenti e rappresentanti di commercio. Il che conferma, ricorrendone i requisiti, il contestuale obbligo di pagare i contributi INPS presso la Gestione commercianti.

(INPS - Circ. n. 99 del 22 luglio 2011)

IN ARRIVO CONTROLLI INPS IN AGRICOLTURA

(INPS - Mess. n. 15122 del 22 luglio 2011)

La verifica dei requisiti per il diritto alle prestazioni a sostegno del reddito è fra le attività strategiche dell'Istituto per evitare l'erogazione di prestazioni indebite che richiederebbero successive attività di recupero. E ora è possibile acquisire in modo automatico dagli archivi le informazioni di base indispensabili per verificare la legittimità della richiesta di disoccupazione agricola.

Seguendo i controlli eseguiti dalla Guardia di finanza che ha evidenziato prestazioni erogate in anni pregressi a soggetti non legittimati INPS ha avviato controlli incrociati massivi sui richiedenti l'indennità di disoccupazione agricola, incrociando i codici fiscali dei lavoratori dipendenti agricoli che hanno presentato domanda di disoccupazione agricola di competenza 2010 con:

a) l'archivio dei soggetti presenti nel Casellario dei lavoratori attivi per evidenziare posizioni assicurative e previdenziali presso Casse o Albi (ingegneri, architetti, avvocati, ecc.);

b) gli archivi dell'Agenzia delle entrate per individuare coloro che, nel corso dell'anno 2010, oltre a svolgere attività dipendente nel settore agricolo, risultano titolari di partita IVA attiva.

I codici fiscali dei richiedenti aventi partita IVA aperta sono stati successivamente incrociati con gli archivi delle Camere di commercio per verificare la presenza di un'eventuale iscrizione nell'anno 2010 e la relativa attività svolta.

Le verifiche hanno fatto emergere molte posizioni che debbono essere oggetto di accertamenti più mirati in quanto sono state rilevate:

1) posizioni assicurative doppie, una presso INPS quale lavoratore agricolo, e una presso le Casse come liberi professionisti;

2) posizioni con partite IVA aperte che presuppongono attività autonoma autorizzata dai Comuni (vedi ambulanti) che non hanno una corrispondente posizione in INPS;

3) soci di una o più società ad oggi attive;

4) titolari di imprese individuali iscritti presso le Camere di commercio.

Ora scatta la fase due, che tallona da vicino i titolari di impresa agricola non iscritti in qualità di lavoratori autonomi agricoli e gli iscritti ad altre casse previdenziali.

Nei casi in cui gli elementi istruttori forniti non fossero del tutto sufficienti alle verifiche da effettuare si ritiene comunque necessario fare una valutazione sulla «compatibilità» tra l'attività agricola risultante dalle denunzie di manodopera e la seconda attività risultante dagli accertamenti.

In tutti i casi la verifica delle dichiarazioni reddituali relative all'anno 2010 consentirà una valutazione più completa per ciascuna situazione anomala rilevata.

La documentazione citata (dichiarazione dei redditi, estratto catastale del terreno, autocertificazioni, versamenti da F24, ecc.), richiesta ai fini della definizione delle pratiche, è considerata indispensabile per la completezza della domanda; gli eventuali interessi legali decorreranno, pertanto, 120 giorni dopo la data di presentazione della suddetta documentazione.

L'INPS rammenta che se si rilevi che il richiedente la prestazione abbia reso una falsa dichiarazione, lo stesso deve essere denunciato all'autorità giudiziaria.

TRASFERIMENTO DEI CONTRIBUTI

INPS - Circ. n. 97 del 22 luglio 2011

La legge n. 122/2010 ha abrogato la legge n. 322/1958 e quindi, con effetto dal 1° luglio 2010, il trasferimento delle contribuzioni dalle gestioni previdenziali degli elettrici e dei telefonici al Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti non è più gratuito e comporta il versamento di un onere a carico dei richiedenti.

Questa restrizione, secondo l'INPS, si applica anche al trasferimento dei contributi dal fondo volo.

Posto che la legge n. 322/1958 è abrogata a decorrere dal 31 luglio 2010 e considerato che la stessa consente il trasferimento delle posizioni assicurative nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti a favore dei soggetti iscritti presso ordinamenti sostitutivi ed esclusivi dell'Assicurazione generale obbligatoria, cessati dal servizio entro la data del 30 luglio 2010, l'INPS ritiene che la norma possa trovare applicazione in favore degli assicurati presso i Fondi elettrici, telefonici e volo, a condizione che gli stessi siano cessati dal servizio entro la predetta data senza aver perfezionato tutti i requisiti anagrafici e contributivi richiesti per liquidare la pensione a carico di tali Fondi.

L'applicazione della legge n. 322/1958 comporterà il trasferimento delle posizioni assicurative INPS, a titolo gratuito, limitatamente ai casi in cui l'obbligo del versamento contributivo ai tre Fondi sopra indicati sia venuto meno in data antecedente al 31 luglio 2010 ed a condizione che l'anzianità contributiva complessivamente maturata dagli interessati alla data dell'ultimo contributo fatto valere nel rispettivo Fondo risulti inferiore a quella prevista per liquidare il trattamento pensionistico a carico dello stesso.

In relazione a quanto precede, coloro che abbiano concluso il rapporto assicurativo con il Fondo entro la data del 30 luglio 2010 senza aver perfezionato tutti i requisiti richiesti per l'accesso al pensionamento a carico del rispettivo Ordinamento speciale e che - per effetto dell'applicazione della legge n. 322/1958 - acquisiscano il titolo alla costituzione della posizione assicurativa nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti potranno - a domanda, entro 120 giorni dalla data di pubblicazione della circolare che stiamo qui analizzando e che vale dal 22 luglio 2011 - trasferire la contribuzione dal Fondo, laddove la stessa abbia già dato luogo al trasferimento oneroso, in base legge n. 122/2010 e alla liquidazione della pensione a carico del Fondo INPS.

Analogamente, coloro che - non avendo perfezionato il diritto alla pensione sulla base della sola contribuzione maturata nel Fondo speciale - si sono invece avvalsi della legge n. 29/1979 per ricongiungere in modo oneroso nel Fondo stesso i periodi contributivi fatti valere in altre gestioni pensionistiche, potranno - esclusivamente a domanda ed entro il suddetto termine di 120 giorni - chiedere l'applicazione della legge n. 322/1958 (gratis), per trasferire la contribuzione dal Fondo all'INPS anche se la contribuzione ricongiunta sia già stata utilizzata per liquidare la pensione a carico del Fondo stesso.

Tutto ciò a due condizioni:

1) i requisiti di trasferibilità risultino perfezionati entro la medesima data del 30 luglio 2010;

2) l'operazione di ricongiunzione non si sia perfezionata con il pagamento dell'intero onere.

lunedì 11 luglio 2011

DURANTE IL CONGEDO STRAORDINARIO E' RICONOSCIUTO LO STIPENDIO MA NON IL TFR

La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità e che abbiano titolo a fruire dei benefici per l'assistenza del figlio, hanno il diritto di avere un periodo di congedo straordinario durante il quale il soggetto ha titolo a un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione. Il periodo medesimo è, inoltre, coperto da contribuzione figurativa. L'indennità e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo rivalutato annualmente sulla base della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Quest'anno il limite massimo (cioè per l'assenza dell'anno intero) è stabilito in 44.276,33 euro, di cui 34.331 vengono erogati al lavoratore e 9.945,33 euro vengono acquisiti dall'INPS per contributi figurativi. Durante l'assenza, il rapporto di lavoro è sospeso e il dipendente conserva il posto di lavoro, senza diritto alla retribuzione e senza la possibilità di svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Il congedo non è calcolato nell'anzianità di servizio né ai fini previdenziali. In materia di trattamento di fine rapporto, l'art. 2120 c.c. stabilisce che matura il TFR durante le assenze per infortunio, malattia, gravidanza e puerperio e a quelle per le quali è prevista la cassa integrazione. Di conseguenza il lavoratore - fatte salve eventuali diverse previsioni ad opera della contrattazione collettiva o di pattuizioni individuali - durante il periodo di congedo straordinario non ha retribuzione utile ai fini del TFR. Per cui non c'è neanche il dovere di versare le quote del TFR al Fondo di tesoreria gestito dall'INPS.

(INPS - Mess. n. 13013 del 17 giugno 2011)

CONGEDI DI TRE GIORNI L'ANNO: NECESSARIA LA DOCUMENTAZIONE SANITARIA

In relazione al riconoscimento del permesso retribuito di tre giorni lavorativi all'anno, in casi di documentata grave infermità di un familiare, i lavoratori devono chiedere al datore di lavoro l'autorizzazione ad usufruirne, corredando la richiesta con la documentazione sanitaria, inserita in plico chiuso, idonea a dimostrare la sussistenza del requisito della «grave infermità», dunque documentando la grave infermità, anche se attiene la sfera personale della salute di una terza persona.

A questo proposito il Garante per la Protezione dei dati personali ritiene che: «per usufruire di permessi o congedi per gravi infermità o altri gravi motivi familiari, il lavoratore è tenuto per legge a produrre alla propria amministrazione idonea documentazione medica attestante le gravi infermità o le gravi patologie da cui risultano affetti i propri familiari».

Non è, dunque, sufficiente, per usufruire di permessi o congedi per gravi infermità, produrre un mero «attestato», anche se rilasciato da struttura pubblica o ospedaliera.

È necessario, invece, richiedere al medico curante apposita certificazione, che dovrà declinare sempre la diagnosi, anche quando sono effettuate solo terapie/accertamenti strettamente connessi alla specifica patologia, poiché è dalla natura della patologia in diagnosi che si rileva la connotazione di gravità.

INAIL, RILASCIO DEL DURC: ALCUNE NOVITA'

Nuove funzioni che aggiornano le procedure INAIL per il rilascio del DURC.

Sono state effettuate le modifiche tecniche per ripristinare la funzione di consultazione dei DURC da parte degli Ispettori del lavoro, se abilitati dal Ministero del lavoro.

Il modulo «Stazione appaltante/Amministrazione procedente» deve essere presentato ad una qualsiasi Sede INAIL, INPS e Casse edili per ottenere l'abilitazione a richiedere i DURC nell'ambito dei contratti pubblici e/o dei procedimenti amministrativi per i quali è prevista la verifica del requisito della regolarità contributiva.


(INAIL - Nota n. 4583 del 20 giugno 2011)

ACCERTAMENTI ESECUTIVI: DISCIPLINATE LE MODALITA' DI RISCOSSIONE

Con provvedimento direttoriale del 1° luglio 2011 è stata data attuazione all'art. 29, comma 1, del D.L. n. 78/2010 il quale ha, come noto, innovato sostanzialmente la disciplina della riscossione delle imposte sui redditi, dell'imposta sulle attività produttive e dell'imposta sul valore aggiunto ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni, prevedendo che gli avvisi di accertamento e gli atti successivi contengano l'intimazione ad adempiere, nonché l'avvertenza al debitore che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste è affidata, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, in carico agli agenti della riscossione, con le modalità determinate con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato.

In particolare il presente provvedimento dà attuazione alle disposizioni contenute nella lett. b) del comma 1, stabilendo, nel punto 1, le modalità di affidamento del carico ed il contenuto dei flussi telematici di trasmissione agli agenti della riscossione per il tramite di Equitalia Servizi S.p.A.

Il successivo punto 2 del provvedimento si occupa, invece, di stabilire le modalità di formazione e consegna dei carichi, prevedendo la necessaria conformità dei flussi alle specifiche tecniche allegate.

Nel punto 3 sono stabilite le date nelle quali si intende effettuata la consegna del carico all'agente della riscossione.

Il contenuto del punto 4 afferisce agli obblighi di natura contabile a carico degli agenti della riscossione. In particolare, viene precisato che, ai fini contabili, le somme affidate in carico agli agenti della riscossione ai sensi del presente provvedimento, sono assimilate ai carichi affidati a seguito di iscrizione a ruolo, con la conseguenza, tra l'altro, che i documenti contabili (Conto mensile delle riscossioni, Contabilità bimestrale corredata delle variazioni al carico distinte per tipologia ed anno di riferimento, Conto Giudiziale) già previsti in materia di riscossione a seguito di iscrizione a ruolo, comprenderanno anche i carichi affidati ai sensi del presente provvedimento senza effettuare distinte rendicontazioni, con evidenti ottimizzazioni degli oneri amministrativi ed economici.

(Agenzia delle entrate - Provv. 30 giugno 2011, n. 99696)

lunedì 4 luglio 2011

CONFERMATE LE AGEVOLAZIONI 2011 PER GLI AUTOTRASPORTATORI

L'Agenzia delle entrate, con comunicato stampa del 21 giugno 2011, comunica che sono stati confermati anche per il 2011 gli importi destinati alle agevolazioni per gli autotrasportatori nel 2010; in particolare:

1) le imprese di autotrasporto merci - conto terzi e conto proprio - possono recuperare nel 2011, fino a un massimo di euro 300 per ciascun veicolo (tramite compensazione in F24), le somme versate nel 2010 come contributo al Servizio Sanitario Nazionale sui premi di assicurazione per la responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore adibiti a trasporto merci di massa complessiva a pieno carico non inferiore a 11,5 tonnellate;

2) per i trasporti effettuati personalmente dall'imprenditore oltre il Comune in cui ha sede l'impresa (autotrasporto merci per conto di terzi) è prevista una deduzione forfetaria di spese non documentate (art. 66, comma 5, primo periodo del T.U.I.R.), per il periodo d'imposta 2010, nelle seguenti misure:

- 56,00 euro per i trasporti all'interno della Regione e delle Regioni confinanti. La deduzione spetta anche per i trasporti personalmente effettuati dall'imprenditore all'interno del Comune in cui ha sede l'impresa, per un importo pari al 35% di quello spettante per gli stessi trasporti nell'ambito della Regione o delle Regioni confinanti;

- 92,00 euro per i trasporti effettuati oltre questo ambito.

COMUNICAZIONE DELLE OPERAZIONI IVA SOPRA I 3.000 EURO: AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE ESCLUSE DALL'OBBLIGO DI SEGNALAZIONE

Con provvedimento direttoriale del 21 giugno 2011 è stato modificato dall'Agenzia delle entrate il precedente provvedimento del 22 dicembre 2010 allo scopo di escludere lo Stato, le regioni, le province,i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico da ogni adempimento relativo alle comunicazioni delle operazioni rilevanti ai fini IVA di importo pari o superiore a 3.000 euro; una esclusione questa giustificata dalle particolari modalità di tenuta della contabilità da parte delle Amministrazioni pubbliche, che potrebbero rendere particolarmente difficile l'individuazione delle operazioni da segnalare.

Il provvedimento sostituisce inoltre le specifiche tecniche al fine di semplificare ulteriormente gli obblighi di comunicazione da parte dei contribuenti e di migliorare la qualità delle informazioni trasmesse.


Agenzia delle entrate - Provv. 21 giugno 2011, n. 92846

venerdì 1 luglio 2011

ARTIGIANI, COMMERCIANTI, LIBERI PROFESSIONISTI: SLITTA AL 6 LUGLIO IL SALDO INPS 2010 PAGAMENTO FINO AL 5 AGOSTO

Artigiani e commercianti hanno più tempo per saldare le pendenze con l'INPS con riferimento al contributo dovuto per l'attività reddituale dell'anno 2010 (scadenza slittata al 6 luglio). Analogo discorso per i liberi professionisti iscritti alla gestione separata INPS, tenuti a pagare il saldo dei contributi 2010.

Tutte e tre le categorie dovranno nello stesso tempo versare il primo acconto dei contributi a percentuale dovuti per l'anno in corso; se si vuole si può rinviare il pagamento fino al 5 agosto pagando un piccolo interesse. La proroga dal 16 giugno al 6 luglio è dettata da un decreto di Palazzo Chigi che ha stabilito, senza alcun pagamento aggiuntivo, lo slittamento delle scadenze fiscali: imposte dirette, Irap e acconto della cedolare secca.

Lo slittamento è applicabile anche a quei contributi che devono essere versati alle scadenze previste per il pagamento delle imposte sui redditi.

La proroga riguarda indistintamente le persone fisiche, mentre per tutti gli altri lo spostamento delle scadenze si riferisce soltanto alle attività interessate dagli studi di settore.

Entro il 5 agosto. È prevista, in relazione alle stesse imposte, la possibilità di effettuare i versamenti dal 7 luglio al 5 agosto 2011, versando una maggiorazione, a titolo di interesse, pari allo 0,40%. La maggiorazione dello 0,40% deve essere versata separatamente dai contributi, utilizzando la causale contributo «Api» (artigiani) o «Cpi» (commercianti) e la codeline INPS utilizzata per il versamento del relativo contributo, oppure con la causale contributo «Dppi» nel caso dei liberi professionisti.

Il saldo è dovuto sul totale dei redditi d'impresa conseguiti nel 2010, al netto delle eventuali perdite dei periodi d'imposta precedenti tolte dal reddito dell'anno.

Per i soci di società a responsabilità limitata, iscritti alle gestioni degli artigiani o dei commercianti, la base imponibile, oltre a quanto eventualmente dichiarato come reddito d'impresa, è costituita dalla parte del reddito d'impresa della S.r.l. corrispondente alla quota di partecipazione agli utili, ovvero alla quota del reddito attribuita al socio per le società partecipate in regime di trasparenza.

IVA. L'INPS ha provveduto, previo scambio di dati con l'Agenzia delle entrate, alla spedizione di un prospetto di liquidazione contenente l'indicazione degli importi e delle causali per il versamento dei contributi previdenziali relativi all'anno 2011, e una lettera esplicativa delle modalità di determinazione degli importi dovuti dai commercianti ed artigiani titolari di partita IVA.

Per i soggetti non titolari di partita IVA sono stati spediti anche i necessari modelli F24.

Nella circolare in commento l'Ente di previdenza indica gli elementi che costituiscono la base imponibile per calcolare i contributi dovuti a saldo, indicati eventualmente nei quadri RF (impresa in contabilità ordinaria), RG (impresa in regime di contabilità semplificata e regimi forfetari) e RH (redditi di partecipazione in società di persone ed assimilate).

Contribuenti minimi. Tali redditi devono essere integrati anche con quelli eventualmente derivanti dalla partecipazione a società a responsabilità limitata denunciati con il mod. Unico Sc (società di capitali).

Per i contribuenti minimi che fruiscono del regime semplificato la base imponibile per il calcolo dei contributi dovuti viene determinata come segue: Cm6 (reddito lordo o perdita) - Cm9 (perdite pregresse).

Il reddito da assoggettare ad imposizione contributiva previdenziale, infatti, deve essere considerato al netto delle perdite pregresse ma al lordo dei contributi previdenziali, che il contribuente dovrà indicare nel rigo Cm7.

Rateazione. Si può chiedere la rateazione del debito, ma ovviamente essa può avere ad oggetto esclusivamente i contributi dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale imponibile, con esclusione quindi dei contributi dovuti sul minimale predetto, anche se risultano ancora a debito del contribuente nel Quadro RR in quanto non versati in tutto o in parte.

La prima rata deve essere corrisposta entro il giorno di scadenza del saldo e/o dell'acconto, eventualmente differito; le altre rate entro il giorno 16 di ciascun mese di scadenza (per i titolari di partita IVA) ed entro la fine di ciascun mese (per gli altri contribuenti). In ogni caso il pagamento rateale deve essere completato entro il mese di novembre 2011.

Compensazione. L'importo eventualmente risultante a credito dal quadro RR del modello Unico 2011 può essere portato in compensazione nel modello di pagamento unificato F24.

Per effettuare la compensazione il contribuente compilerà uno o più righi di uno o più modelli F24 indicando la causale contributo Ap o Af (artigiani) o Cp o Cf (commercianti), il codice sede, il codice INPS (17 caratteri) relativo alla riscossione dell'anno 2009, se il credito è evidenziato nella colonna 16 o 28 del Quadro RR (credito dell'anno precedente) o dell'anno 2010 se il credito emerge dalla dichiarazione 2011.

Sarà quindi indicato il periodo di riferimento (l'anno 2009 ovvero il 2010, secondo quanto appena evidenziato) e l'importo che si intende compensare.

(INPS - Circ. n. 84 del 13 giugno 2011)

PRESIDENTE COOPERATIVA PUO' ESSERE ANCHE LAVORATORE DIPENDENTE

Può esistere un rapporto di lavoro subordinato del socio con la società cooperativa anche se ricopre il ruolo di presidente della cooperativa stessa. Questo poiché pur avendo il potere di rappresentanza dell'azienda non è investito di potere deliberativo che resta in capo al consiglio di amministrazione. Questo è anche il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, reso con riferimento agli amministratori di società di capitali, ma mutuabile anche nell'ambito delle società cooperative.

Tale giurisprudenza ha in primo luogo sancito un principio di assoluta incompatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente di una società e la carica di amministratore unico della medesima. Analoga esclusione ricorre nel caso in cui il socio partecipi (direttamente o indirettamente) al capitale sociale in una misura capace di assicurargli, da sola, la maggioranza richiesta per la validità delle deliberazioni assembleari, tanto da risultare sovrano della società stessa, rispetto alla quale, pertanto, non può assumere contemporaneamente anche la diversa figura di lavoratore subordinato.

Ma la carica di presidente, in sé considerata, non è incompatibile con lo status di lavoratore subordinato in quanto anche il presidente di società, al pari di qualsiasi membro del consiglio di amministrazione, può essere soggetto alle direttive, alle decisioni ed al controllo dell'organo collegiale. Tale affermazione non è neppure contraddetta dall'eventuale conferimento del potere di rappresentanza al presidente, atteso che tale delega non estende automaticamente allo stesso i diversi poteri deliberativi.

Perciò anche nei confronti del presidente di cooperativa può essere ammessa la compatibilità della carica ricoperta con il lavoro subordinato, ogniqualvolta ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:

1) il potere deliberativo diretto a formare la volontà dell'ente sia affidato ad un organo diverso (consiglio di amministrazione o amministratore unico);

2) il presidente svolga, in concreto e nella veste di lavoratore dipendente, mansioni estranee al rapporto organico con la cooperativa, contraddistinte dai caratteri tipici della subordinazione anche, eventualmente, nella forma attenuata del lavoro dirigenziale.

PENSIONAMENTO PIÙ FACILE per i LAVORATORI IN MOBILITÀ

La riforma pensionistica di cui alla legge n. 247/2007 prevede una salvaguardia per 10.000 lavoratori già collocati in mobilità ordinaria, che avrebbero maturato i requisiti pensionistici previgenti durante il periodo di durata dell'indennità di mobilità ordinaria.

A seguito delle innovazioni introdotte dalla legge n. 122/2010 in materia di accesso al pensionamento, il Ministero del lavoro fornisce l'indirizzo interpretativo favorevole alla ammissibilità allo scrutinio per la verifica del riconoscimento della salvaguardia dei lavoratori ultracinquantenni licenziati che erano stati collocati in mobilità ordinaria prima di accedere al programma di reimpiego previsto dalla legge n. 127 del 2006.

Gli interessati possono accedere alla salvaguardia a condizione che:

1) siano stati collocati in mobilità ordinaria a seguito di accordi conclusi entro il 15 luglio 2007;

2) perfezionino i requisiti di età e contribuzione entro la durata dell'indennità di mobilità ordinaria.

All'individuazione di tale durata concorrono esclusivamente le sospensioni dall'indennità, dovute a ripresa di attività lavorativa, intervenute fino al 31 maggio 2008.

INPS, GUARDIA DI FINANZA, AGENZIA DELLE ENTRATE: L'ATTIVITÀ DI VIGILANZA COORDINATA

INPS, Guardia di finanza e Agenzia delle entrate hanno stretto un rapporto sinergico costante come strumento per migliorare l'efficacia e l'efficienza delle reciproche attività istituzionali, finalizzate anche ai controlli sui corretti adempimenti degli obblighi di natura fiscale e contributiva.

Nell'ambito di tale attività vengono trasmessi da INPS e Agenzia i dati e gli elementi rilevati in sede di attività di controllo, utili sia ai fini di un diretto utilizzo in fase di recupero dei contributi evasi sia per la predisposizione di ulteriori accertamenti.

A tale attività ispettiva partecipa anche il Comando generale della Guardia di finanza che, nell'ambito delle sue attività, svolge puntuali azioni di recupero nell'ambito fiscale e, quindi, contributivo.

Con apposito flusso telematico, vengono trasmessi all'INPS dall'Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza i dati relativi a:

a) ispezioni in corso con l'indicazione dell'Ente e organismo che sta procedendo e ispezioni concluse per non sottoporre ad azioni di vigilanza la stessa azienda da parte di più corpi ispettivi;

b) dati e elementi rilevati in sede di attività di controllo con cadenza settimanale.

In sede di controllo aziendale gli ispettori fotografano la situazione riscontrata, in particolare indicano, oltre ai dati dell'azienda oggetto dell'ispezione, anche i dati del datore di lavoro, dei lavoratori trovati a lavorare in azienda e alcuni elementi relativi alla retribuzione e alla qualifica da loro rivestita, utili per il calcolo della contribuzione eventualmente dovuta dall'azienda.

Vengono inoltre conosciuti ulteriori elementi presenti sul Libro unico del lavoro (Lul), se acquisito.

Se le informazioni riportate nei verbali telematici riguardanti lavoratori non in regola sono sufficienti a evidenziare una inadempienza contributiva gli uffici INPS calcoleranno, nei confronti dell'azienda, l'addebito contributivo. Nei casi in cui invece le informazioni non sono sufficienti per l'addebito contributivo, dovranno essere integrate con i dati rilevabili dai verbali cartacei in possesso degli uffici stessi.

AZIENDE DEL GAS E ACQUA: UNA TANTUM SULLE PRESTAZIONI INPS

Ai lavoratori dipendenti dalle aziende pubbliche e private che gestiscono i servizi relativi alla distribuzione e vendita del gas e al ciclo integrale dell'acqua è stato pagato a titolo di arretrati retributivi un importo forfettario una tantum. Gli importi dell'una tantum risultano differenziati a seconda del settore di appartenenza (gas o acqua) e del livello di inquadramento del lavoratore interessato.

L'una tantum, comprensivo dell'incidenza sugli istituti retributivi diretti ed indiretti di origine legale o contrattuale, è suddivisibile in quote mensili (quattordicesimi) in relazione ai mesi interi per i quali è stata corrisposta la retribuzione a carico dell'azienda nel periodo 1° gennaio 2010-28 febbraio 2011.

La frazione di mese pari o superiore a 15 giorni è considerata, ai predetti fini, come mese intero.

Nel caso di prestazione a tempo parziale, l'importo è corrisposto in misura proporzionale all'entità della prestazione lavorativa.

L'una tantum è esclusa dalla base di calcolo del trattamento di fine rapporto e non compete per i periodi mensili nei quali si è verificata una sospensione della prestazione lavorativa senza diritto alla retribuzione (es.: servizio militare, aspettativa, congedo parentale, cassa integrazione guadagni a zero ore settimanali). Sono, invece, considerate utili ai fini della maturazione dell'una tantum le assenze dal lavoro per malattia, infortunio, gravidanza e puerperio, congedo matrimoniale intervenute nel periodo 1° gennaio 2010-28 febbraio 2011, che abbiano dato luogo al pagamento di trattamenti economici previdenziali a carico dell'INPS e, ove dovuto, all'integrazione a carico delle aziende.

Circa i riflessi sulle prestazioni economiche di malattia e di maternità (nonché sui riposi orari post-partum, sulle «retribuzioni» corrisposte ai donatori di sangue e sulle altre prestazioni a carico dell'INPS conguagliabili con i contributi) erogate nel periodo a cui si riferiscono gli arretrati retributivi in questione, gli emolumenti vanno conteggiati nei limiti della quota riferita al mese considerato.

Per malattia e maternità la corresponsione della somma può rilevare per i soli eventi iniziati tra i mesi di febbraio 2010 e di marzo 2011 (salvo, per la malattia, il caso di ricaduta).

Per quanto attiene agli effetti riflessi sulle integrazioni salariali, ordinarie e straordinarie, le quote relative ai periodi integrati nell'arco di tempo sopraindicato possono essere pagate entro la capienza del limite stabilito dai massimali mensili.