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UFFICIO DEL PERSONALE

domenica 20 novembre 2011

Ristrutturazione edilizia e documentazione da conservare

Il D.L. n. 70/2011, al fine di semplificare gli adempimenti gravanti sui contribuenti per fruire del beneficio fiscale sugli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'art. 1 della legge n. 449/1997 ha, come noto, sostituito l'art. 1, comma 1, lett. a), del D.I. 18 febbraio 1998, n. 41, disponendo così la soppressione dell'obbligo di inviare la comunicazione preventiva di inizio lavori al Centro operativo di Pescara dell'Agenzia delle entrate.

Al contempo è stato previsto però l'obbligo di:

- inserire nella dichiarazione dei redditi i dati indicati dalla lett. a) del citato decreto interministeriale, così come sostituita;

- conservare ed esibire, a richiesta degli uffici, i documenti stabiliti in un apposito provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate.

Tale provvedimento è stato ora emanato in data 2 novembre 2011 ed individua i seguenti documenti da conservare:

- abilitazioni amministrative richieste dalla vigente legislazione edilizia in relazione alla tipologia di lavori da effettuare (se non sono necessarie autorizzazioni, va predisposta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio che attesti tale circostanza, con indicazione della data di inizio lavori);

- domanda di accatastamento (per gli immobili non censiti);

- ricevute di pagamento dell'ICI, se dovuta;

- delibera assembleare di approvazione dell'esecuzione dei lavori, per gli interventi riguardanti parti comuni di edifici residenziali, e tabella millesimale di ripartizione delle spese;

- dichiarazione di consenso del possessore all'esecuzione dei lavori (nel caso di lavori effettuati dal detentore dell'immobile, se diverso dai familiari conviventi);

- comunicazione preventiva indicante la data di inizio dei lavori alla ASL (ove obbligatoria secondo le vigenti disposizioni in materia di sicurezza dei cantieri);

- fatture e ricevute fiscali comprovanti le spese effettivamente sostentute;

- ricevute dei bonifici di pagamento.

Agevolazione "prima casa": rinuncia all'agevolazione su base volontaria

In risposta ad una istanza di interpello concernente l'interpretazione dell'art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997 l'Agenzia delle entrate ha precisato che nessuna disposizione normativa prevede la possibilità di rinunciare, su base volontaria, alle agevolazioni «prima casa».

Tuttavia, laddove la dichiarazione resa in atto dal contribuente non attenga alla sussistenza delle condizioni necessarie per fruire dei benefici ma sia, invece, riferita all'impegno che il contribuente si assume di trasferire la propria residenza nel termine di 18 mesi dalla data dell'atto, laddove tale termine sia ancora pendente, l'acquirente che si trovi nelle condizioni di non poter rispettare l'impegno assunto, anche per motivi personali, potrà revocare la dichiarazione di intenti formulata nell'atto di acquisto dell'immobile.

A tal fine dovrà essere presentata, anche per le compravendite assoggettate ad IVA, una apposita istanza di riliquidazione dell'imposta dovuta all'ufficio presso il quale l'atto è stato registrato; il contribuente sarà tenuto al versamento della differenza d'imposta dovuta maggiorata degli interessi calcolati a decorrere dalla data di stipula dell'atto di compravendita.

Decorso inutilmente il termine di 18 mesi per il trasferimento della residenza e verificatasi, pertanto, la decadenza dell'agevolazione, il contribuente potrà accedere, ricorrendone i presupposti, all'istituto del ravvedimento operoso, anche in questo caso attraverso la presentazione di una apposita istanza all'ufficio dell'Agenzia delle entrate presso il quale è stato registrato l'atto con la quale va dichiarata l'intervenuta decadenza dell'agevolazione e chiesta la riliquidazione dell'imposta e l'applicazione delle sanzioni in misura ridotta; al riguardo l'Agenzia delle entrate precisa che i termini di cui all'art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997 decorrono dal giorno in cui si è verificata la decadenza dell'agevolazione (ossia dal giorno in cui maturano i 18 mesi dalla stipula dell'atto).

R.M. 31 ottobre 2011, n. 105/E

domenica 2 ottobre 2011

COMMERCIANTI IN CRISI: L'INDENNIZZO INPS PER TRE ANNI E 18 MESI

I commercianti in crisi che cessano l'attività hanno diritto a un indennizzo INPS per tre anni; ora però con la presenza delle finestre il pagamento deve protrarsi per tutto il periodo di attesa della pensione di vecchiaia a 60 anni per donne e 65 per uomini.

Questa proroga è riconosciuta a condizione che i titolari dell'indennizzo stesso siano in possesso, nel mese di compimento dell'età pensionabile, anche del requisito contributivo minimo richiesto per conseguire la pensione di vecchiaia (al momento 20 anni di contributi).

In sostanza la proroga dell'indennizzo - pari all'importo della pensione minima mensile INPS - per la cessazione dell'attività commerciale fino al momento della prima decorrenza utile per la pensione di vecchiaia può e deve essere concessa esclusivamente ai soggetti che, in possesso dei requisiti di assicurazione e contribuzione richiesti per la pensione di vecchiaia, rimarrebbero, in assenza della proroga stessa, senza indennizzo e senza pensione.

Non può perciò essere concessa alcuna proroga rispetto alla scadenza naturale dei 65 e 60 anni:

1) ai soggetti già titolari di pensione erogata dall'INPS o da altro ente pensionistico,

2) o che diventino titolari di pensione prima della scadenza dell'indennizzo secondo le età previste inizialmente dal legislatore,

3) ai soggetti che, nel mese di compimento dell'età pensionabile, non siano in possesso anche del requisito contributivo minimo richiesto per conseguire la pensione di vecchiaia.

Dal 1° gennaio 2011, i destinatari conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico di anzianità e vecchiaia secondo quanto segue:

a) coloro i quali conseguono il diritto alla pensione a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti, escludendo i periodi in gestione speciale: trascorsi dodici mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti anagrafici e contributivi;

b) coloro i quali conseguono il diritto alla pensione a carico delle gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti nonché della gestione separata: trascorsi diciotto mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti anagrafici e contributivi.

Con la ovvia conclusione che trattandosi di commercianti, cioè di lavoratori autonomi, la finestra comporta un'attesa di 18 mesi.


(INPS - Mess. n. 16870 del 30 agosto 2011)

ASSUNZIONE DISABILI IN CASO DI TRASFERIMENTO DI AZIENDA

Deve sottostare all'obbligo di assumere persone disabili, che grava sui datori di lavoro privati con organico aziendale da 15 a 35 dipendenti, l'azienda che supera la soglia dimensionale dei 15 dipendenti per effetto di operazioni societarie, quali trasferimento, cessione di ramo d'azienda, fusione, ecc.?

Il Ministero del lavoro risponde in modo affermativo. In base alla legge sul collocamento obbligatorio (legge n. 68/1999) i datori di lavoro privati, che occupano da 15 a 35 dipendenti, sono tenuti all'assolvimento dell'obbligo di inserimento di lavoratori appartenenti alle categorie protette esclusivamente nell'ipotesi di «nuove assunzioni» ovvero al momento della sedicesima.

Ebbene, secondo il dicastero nelle trasformazioni societarie sopra indicate, in capo al nuovo datore di lavoro si realizza un sostanziale ampliamento della base occupazionale, cui è necessario, pertanto, riferirsi ai fini della corretta determinazione della quota di riserva.

Perciò il datore di lavoro/cessionario dovrà, ai fini dell'obbligo di assunzione di personale con disabilità, tenere in considerazione il nuovo assetto occupazionale ai fini della esatta individuazione della base di computo.

E sono nuove assunzioni anche le eventuali trasformazioni dei contratti di apprendistato e a termine in contratto a tempo indeterminato avvenute antecedentemente ai mutamenti del contesto societario.

VIOLAZIONI AL LIBRO UNICO DEL LAVORO

Tutti gli illeciti in materia di libro unico del lavoro possono essere oggetto di diffida obbligatoria per cui, in caso di regolarizzazione, la sanzione è disposta nella misura minima. Lo sostiene il Ministero lavoro che chiarisce anche che non è sanabile però la mancata conservazione del Lul. Le sanzioni che si applicano sono le seguenti considerando che si applicano tante sanzioni quante sono le mensilità interessate in base al numero dei lavoratori coinvolti:

- sanzione da 150 a 1.500 euro quando la condotta interessa fino a 10 lavoratori,

- sanzione da 500 a 3.000 euro da 11 lavoratori in poi.

In sede di emanazione dell'ordinanza-ingiunzione è consentito applicare la sanzione prevista per la violazione più grave aumentata sino al triplo. Stesso sistema anche per i casi di registrazioni in ritardo rispetto al giorno 16 del mese successivo.



(MinLavoro - Circ. n. 23 del 30 agosto 2011)

PSICOLOGI, IL CONTRIBUTO ENPAP ENTRO IL 3 OTTOBRE

Scade il 3 ottobre il termine entro il quale gli psicologi devono versare il saldo dei contributi dovuti per il 2010, dopo avere versato l'acconto entro il 1° marzo.

Entro la stessa data deve essere presentata (in formato elettronico o cartaceo) la comunicazione dei redditi prodotti nel 2010.

Per quanto riguarda il pagamento l'iscritto può optare per una rateazione entro 150 giorni dalla scadenza, ovvero entro il 1° marzo 2012 con l'applicazione di interessi 0,48% per ogni mese o frazione di mese di dilazione. Oltre tale data il mancato versamento comporta l'applicazione della sanzioni pari al 10% dell'importo non versato.

GEOMETRI: ENTRO IL 17 OTTOBRE TERZA RATA DEI CONTRIBUTI PER LA PENSIONE

Entro il 17 ottobre (essendo sabato il 15) i geometri devono versare la terza rata dei contributi minimi dovuti alla cassa di previdenza per l'anno 2011. Le lettere ed i bollettini Mav quest'anno sono stati recapitati tramite posta elettronica certificata (Pec) a tutti gli associati che abbiano attivato un tale indirizzo o, in alternativa, tramite posta per tutti i geometri non in possesso di una casella Pec. Gli importi dovuti in relazione alle diverse posizioni iscrittive sono:

A - Contributo soggettivo:

- 2.250 euro iscritti obbligatori; - - 750 euro pensionati attivi; - - 562,50 euro neodiplomati per i primi due anni e praticanti; - - 1.125 euro neodiplomati per i successivi tre anni. - B - Contributo integrativo:

- 900 euro tutti gli iscritti e pensionati attivi (sono esclusi i neodiplomati e i praticanti). - C - Contributo di maternità:

- 17 euro tutti gli iscritti e pensionati attivi. - È possibile dilazionare il pagamento dei contributi minimi fino al 15 dicembre 2011 con l'aggravio degli interessi nella misura del 4% (contro il 6% degli anni precedenti) su base annua.

DURC: L'INPS CONTROLLA LA REGOLARITÀ DEGLI UFFICI

L'INPS attraverso la sua struttura centrale pone in atto una campagna di audit per controllare l'operato degli uffici.

L'audit in particolare è finalizzato a:

1) verificare la circolarità delle comunicazioni con le strutture esterne all'INPS e cioè INAIL e Cassa edile;

2) valutare le conoscenze e le capacità operative in rapporto ai tempi di erogazione del DURC;

3) individuare correttivi utili a ridurre il fenomeno del silenzio/assenso;

4) monitorare le principali criticità/rischi e lo stato dei controlli;

5) proporre e condividere azioni correttive tese al miglioramento della qualità e dei servizi.

A questo scopo sono previsti controlli sul campo, vale a dire su due sedi nelle regioni: Campania, Calabria, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sardegna e Sicilia e su una sola sede nelle restanti: Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Friuli, Marche, Molise, Toscana, Trentino, Umbria, Valle D'Aosta, Veneto.

Gli accessi, della durata orientativa di due giorni e su un campione di cento pratiche, saranno svolti nel periodo dal 20 settembre al 20 ottobre.

SOCIETÀ DI COMODO

Vengono introdotte una serie di misure nei confronti delle cd. «società di comodo» di cui all'art. 30, primo comma, della legge n. 724/1994 le quali, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione, vengono assoggettate ad una maggiorazione di 10,5 punti percentuali dell'aliquota IRES, che trova applicazione anche sulla quota di reddito eventualmente imputato per trasparenza al socio dalla società ai sensi dell'art. 5 del T.U.I.R.

Nella determinazione degli acconti dovuti per il periodo d'imposta di prima applicazione delle nuove disposizioni va assunta, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le disposizioni di cui all'art. 2, commi da 36-quinquies a 36-octies.

Per effetto poi di quanto previsto dal comma 36-decies, vengono assimilate alle società di comodo, ai fini dell'applicazione dell'art. 30, primo comma, della legge n. 724/1994, le società e gli enti ivi indicati che, pur non integrando i presupposti previsti da detta disposizione, presentano dichiarazioni in perdita fiscale per tre periodi d'imposta consecutivi ovvero abbiano due periodi d'imposta in perdita fiscale ed uno con reddito dichiarato inferiore a quello minimo determinato ai sensi dell'art. 30, comma 3, della legge n. 724/1994. Anche questa norma si applica dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione, e della stessa si deve tenere conto in sede di versamento degli acconti.


(D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 2, commi da 36-quinquies a 36-duodecies)

AGEVOLAZIONI FISCALI PER LE SOCIETÀ COOPERATIVE

Per le cooperative e loro consorzi a mutualità prevalente, per effetto delle disposizioni di cui all'art. 1, comma 460, della legge n. 311/2004, l'esenzione dal reddito della quota di utili accantonata a riserva indisponibile, per la parte eccedente la percentuale minima prevista dalla legge, è ormai da alcuni anni solo parziale.

A partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione, tale esclusione, prevista dall'art. 12 della legge n. 904/1977, non opererà per una quota pari:

- al 10% degli utili netti annuali destinati alla riserva minima obbligatoria (per tutte le cooperative);

- al 40% (dal 30%) degli utili netti annuali delle altre cooperative e loro consorzi;

- al 55% (dal 65%) degli utili netti annuali delle cooperative di consumo e loro consorzi.

Resta ferma l'esclusione al 20% degli utili netti annuali delle cooperative agricole e loro consorzi di cui al D.Lgs. n. 228/2001.

Nella determinazione degli acconti dovuti per il periodo d'imposta di prima applicazione delle nuove disposizioni va assunta, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le disposizioni di cui all'art. 2, commi 36-bis e 36-ter.



(D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 2, commi da 36-bis a 36-quater)

ANTIRICICLAGGIO

Attraverso la modifica dell'art. 49 del D.Lgs. n. 231/2007 è stata ridotta da 5.000 a 2.500 euro la soglia massima per l'utilizzo del contante e dei titoli al portatore.

Entro il 30 settembre i libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a 2.500 euro dovranno essere estinti, ovvero il loro saldo deve essere ridotto entro tale importo.

Il nuovo comma 4-bis, introdotto dalla legge di conversione, esclude l'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 58 del D.Lgs. n. 231/2007 - che a decorrere dal 1° settembre 2011 sono applicate attraverso gli uffici territoriali del Ministero dell'economia e delle finanze - per le violazioni delle disposizioni previste dall'art. 49, commi 1, 5, 8, 12 e 13 del medesimo decreto commesse nel periodo dal 13 agosto 2011 (giorno di entrata in vigore del D.L. in esame) al 31 agosto 2011 e riferite alle limitazioni di importo introdotte dal precedente comma 4 (quindi oltre la nuova soglia di 2.500 euro ma comunque entro quella previgente di 5.000 euro). Viene inoltre disposta l'abrogazione delle disposizioni di cui all'art. 49, commi 18 e 19, del D.Lgs. n. 231/2007, che regolamentavano specificamente il trasferimento di denaro contante per importi pari o superiori a 2.000 euro effettuato per il tramite di esercenti attività di prestazione di servizi di pagamento nella forma dell'incasso e trasferimento dei fondi; per effetto di tale abrogazione anche per i money transfer sarà applicabile l'unica soglia di 2.500 euro, senza obblighi di documentazione.



(D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 2, commi 4 e 4-bis)

PARTECIPAZIONE DEI COMUNI ALL'ACCERTAMENTO

Al fine di incentivare la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento tributario, la legge di conversione, per gli anni 2012, 2013 e 2014, ha elevato al 100% la quota di cui all'art. 2, comma 10, lett. b), del D.Lgs. n. 23/2011; in questo senso, le maggiori imposte statali riscosse a seguito dell'intervento del comune che abbia contribuito all'accertamento verranno interamente devolute al comune stesso.

Si ricorda in proposito che tale attribuzione avviene in via provvisoria anche in relazione alle somme riscosse a titolo non definitivo, fermo restando il successivo recupero delle stesse ove rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo.

Tale maggiore riconoscimento non scatta peraltro in caso di mancata istituzione entro il 31 dicembre 2011, dei Consigli tributari di cui all'art. 18 del D.L. n. 78/2010, i cui poteri sono peraltro stati ampliati attraverso una serie di modifiche apportate all'art. 44 del D.P.R. n. 600/1973 e con la previsione di un D.P.C.M. che dovrà individuare una serie di dati che l'Agenzia delle entrate metterà a disposizione dei comuni e dei Consigli tributari per favorire appunto la partecipazione all'attività di accertamento.

Si segnala inoltre che all'istituzione entro il termine del 31 dicembre 2011 dei Consigli tributari è anche subordinata la possibilità, prevista dai primi due periodi dell'art. 1, comma 12, del D.L. in commento, di azzerare le misure previste a carico degli enti territoriali dal nuovo patto di stabilità interno per effetto delle maggiori entrate di cui all'art. 7 del presente provvedimento (relative alla modifica della disciplina dell'addizionale IRES per le imprese operanti nel settore energetico.


D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 1, commi da 12-bis a 12-quater)

IMPOSTA PROVINCIALE DI TRASCRIZIONE

A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame è soppressa la misura della tariffa concernente l'imposta provinciale di trascrizione (IPT) per gli atti soggetti ad IVA, che sconteranno l'imposta non più nella misura fissa di 150,81 euro ma piuttosto con le stesse modalità di quelli non soggetti ad IVA (quindi modulata in base alle caratteristiche di potenza e portata dei veicoli soggetti ad immatricolazione).

La norma in esame fa conseguentemente venir meno la necessità di procedere alla emanazione del decreto ministeriale previsto dall'art. 17, comma 6, del D.Lgs. n. 68/2011.



(D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 1, comma 12)

SISMA ABRUZZO - VERSAMENTO CONTRIBUTI ENTRO IL 16 DICEMBRE

Relativamente al sisma di Abruzzo 2009 la norma ha disposto che il recupero dei contributi relativi al periodo aprile 2009 - dicembre 2010 avvenga tramite versamento di 120 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di gennaio 2011.

Successivamente il decreto cd. «mille proroghe» ha sospeso la riscossione delle rate in scadenza tra il mese di gennaio 2011 ed il mese di ottobre 2011, che ora il decreto di Palazzo Chigi 4 agosto 2011 ripristina con pagamento del dovuto entro il 16 dicembre 2011. Conseguentemente i soggetti interessati dai provvedimenti di sospensione delle rate in scadenza per il periodo gennaio-ottobre 2011, dovranno provvedere ad effettuare il versamento degli importi relativi alle predette rate entro e non oltre il giorno 16 dicembre 2011.

Il citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ha inoltre disposto lo slittamento dei termini per il versamento dei contributi previdenziali per artigiani, commercianti (dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale) e liberi professionisti iscritti alla gestione separata INPS. Chi versa il dovuto entro il 4 ottobre 2011 deve maggiorare le somme dell'1,20% a titolo di interesse. Per chi verserà dal 5 ottobre al 3 novembre 2011 la maggiorazione sale all'1,60% e si attesta al 2% per i versamenti successivi ed entro il 5 dicembre.


(INPS - Mess. n. 17511 del 9 settembre 2011)

domenica 11 settembre 2011

TRASMISSIONE TELEMATICA DEI CERTIFICATI DI MALATTIA: L'ACCORDO INTERCONFEDERALE

Come noto, a seguito dell'entrata in vigore della L. 4 novembre 2010, n. 183 (art. 25), è stato uniformato il regime legale del rilascio e della trasmissione dei certificati in caso di assenza per malattia per i dipendenti pubblici e per quelli privati. Dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 18 marzo 2011 della circolare ministeriale congiunta (Ministero del lavoro e della Funzione Pubblica) n. 4/2011, in materia di trasmissione telematica dei certificati di malattia, nonché dei successivi chiarimenti da parte del dipartimento per la digitalizzazione della P.A e l'innovazione tecnologica in ordine alla decorrenza del cd. periodo transitorio di tre mesi, Confindustria ha ritenuto necessario avviare tavolo di confronto afferente le modalità di gestione della suddetta fase transitoria in attesa dell'adeguamento, da parte dei CCNL del settore industriale, alle nuove disposizioni contenute nel cd. Collegato Lavoro.

Tale confronto si è concluso con un Accordo Interconfederale, sottoscritto il 20 luglio u.s., che reca la disciplina «intertemporale» degli aspetti contrattuali dell'invio telematico dei certificati di malattia.

I contenuti dell'Intesa sono così sintetizzabili: 1) restano pienamente efficaci i CCNL attualmente vigenti relativamente alle norme che disciplinano il trattamento economico e normativo in caso di malattia del lavoratore; 2) in via transitoria e cioè fino a quando i CCNL non provvederanno ad armonizzare le nuove modalità di invio della certificazione di malattia, come invece recentemente avvenuto nel CCNL del terziario, il lavoratore sarà obbligato a comunicare il numero di protocollo identificativo del certificato medico alla propria impresa datrice di lavoro - entro gli stessi termini previsti dai vigenti CCNL per l'invio cartaceo del certificato medesimo - «con modalità coerenti con le innovazioni tecnologiche che caratterizzano la riforma dell'invio telematico delle certificazioni mediche (come, a mero titolo esemplificativo, e-mail o SMS)»; 3) in attesa della citata armonizzazione dei vari CCNL, altre modalità attuative di invio del numero identificativo potranno essere definite con accordo aziendale.

Alcune brevissime riflessioni merita il punto 2. sopra indicato. In questa fattispecie, va sottolineato che le OO.SS. si sono opposte alla originaria richiesta formulata da Confindustria, consistente nel rendere obbligatorio l'invio del numero di protocollo identificativo del certificato per posta raccomandata a prescindere dalla facoltà dell'impresa di richiederlo e, per lo più, secondo le modalità tradizionali (con raccomandata A.R.). Un siffatto obbligo, ad avviso dei Sindacati Confederali, avrebbe contraddetto espressamente le «modalità coerenti con le innovazioni tecnologiche».

L'Accordo Interconfederale prevede, comunque, che «in ogni caso di mancata trasmissione telematica del certificato di malattia per qualsiasi motivo ...» il lavoratore - previo avviso al datore - potrà adempiere agli obblighi contrattuali di certificazione dell'assenza inviando, nei tempi e con le modalità previsti dal contratto collettivo che disciplina il suo rapporto di lavoro, il certificato di malattia che il medico è tenuto a rilasciare in forma cartacea ai sensi della richiamata circolare ministeriale.

Ricordiamo in ultimo che il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore terziario ha disciplinato nel frattempo la materia nei seguenti termini.

In relazione alla giustificazione delle assenze in caso di malattia, e fermo restando l'obbligo di dare immediata notizia dell'assenza al datore di lavoro, la comunicazione si realizza anche mediante la comunicazione scritta a mezzo fax, mail certificata o raccomandata, del numero di protocollo identificativo del certificato medico inviato per via telematica dal medico INPS.

(L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 25)
(Accordo Interconfederale 20 luglio 2011)

ANTIRICICLAGGIO

Attraverso la modifica dell'art. 49 del D.Lgs. n. 231/2007 è stata ridotta da 5.000 a 2.500 euro la soglia massima per l'utilizzo del contante e dei titoli al portatore. Entro il prossimo 30 settembre i libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a 2.500 euro dovranno essere estinti, ovvero il loro saldo deve essere ridotto entro tale importo.

(D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 2, comma 4)

TASSAZIONE DELLE RENDITE FINANZIARIE

Viene prevista, a decorrere dal 1° gennaio 2012, una revisione del sistema impositivo dei redditi di natura finanziaria al fine di unificare le attuali aliquote del 12,50% e del 27%, previste sui redditi di capitale e sui redditi diversi, ad un livello intermedio fissato al 20%. Restano esclusi dall'ambito di applicazione della riforma, tra gli altri, i titoli di Stato ed equiparati, i titoli emessi da altri Stati (inclusi nella lista di cui all'art. 168-bis del D.P.R. n. 917 del 1986), i titoli di risparmio per l'economia meridionale, le forme di previdenza complementare. La nuova aliquota del 20% si applica:

- agli interessi, ai premi e ad ogni altro provento di cui all'art. 44 del T.U.I.R., divenuti esigibili e ai redditi diversi realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2012;

- ai dividendi e proventi ad essi assimilati percepiti dal 1° gennaio 2012.

Per quanto concerne le obbligazioni e i titoli similari di cui all'art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 239/1996, l'aliquota del 20% si applica agli interessi, ai premi e ad ogni altro provento di cui all'art. 44 del decreto del T.U.I.R. maturati a partire dal 1° gennaio 2012.

In tema di capital gains, i commi da 28 a 34 dell'art. 2 recano disposizioni in materia di minusvalenze e plusvalenze di cui all'art. 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del T.U.I.R. In particolare il comma 28 stabilisce che le minusvalenze, perdite e differenziali negativi di cui all'art. 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quater), del T.U.I.R., realizzate fino alla data del 31 dicembre 2011, possono essere portate in deduzione dalle future plusvalenze e dagli altri redditi diversi di cui all'art. 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del T.U.I.R. - sempre nel limite temporale del quarto periodo d'imposta successivo a quello di realizzo - per una quota pari al 62,5% del loro ammontare (tale quota di deducibilità del 62,5% è ottenuta dal rapporto tra le aliquote del 12,50% e 20%).

Il contribuente ha comunque la possibilità di affrancare le plusvalenze e le minusvalenze latenti al 31 dicembre 2011 versando l'imposta sostitutiva del 12,50% sui redditi diversi maturati fino alla stessa data. Con apposito decreto ministeriale dovrà essere disciplinata l'attuazione di detto regime transitorio.

TRATTAMENTO FISCALE DELL'ASSEGNO DI MANTENIMENTO AL CONIUGE DIVORZIATO

Il divorzio è l'istituto giuridico che permette lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Analizziamo gli aspetti fiscali più interessanti anche alla luce di due recenti interventi della Corte di Cassazione.


LE REGOLE FISCALI
GLI INTERVENTI DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Attraverso l'istituto del divorzio si scioglie il matrimonio e vengono meno gli effetti civili.

Il matrimonio è sciolto quando questo sia stato contratto con rito civile; cessano gli effetti civili, invece, qualora sia stato celebrato matrimonio concordatario.

Il divorzio può essere congiunto, cd. consensuale, quando è stato raggiunto l'accordo sulle condizioni, mentre è giudiziale, quando non c'è accordo sulle condizioni.

Ovviamente, il divorzio si differenzia dalla separazione legale, in quanto attraverso quest'ultima i coniugi sospendono gli effetti del rapporto matrimoniale, e la separazione può sfociare in una riconciliazione ovvero in un provvedimento di divorzio.

Si ricorda che il divorzio, introdotto in Italia dalla legge n. 898/1970, è disciplinato dall'art. 149 c.c. Successivamente la legge n. 74/1987 ha apportato rilevanti modifiche a tale istituto.

Dal punto di vista fiscale, l'assegno di divorzio trova fondamento nello scioglimento del vincolo matrimoniale ed ha, quindi, natura diversa dall'assegno di mantenimento e da quello alimentare, eventualmente concessi in sede di separazione, che presuppongono invece l'esistenza e la persistenza del rapporto coniugale.

L'assegno divorzile va concesso - per mantenere lo stesso tenore di vita avuto in costanza di matrimonio - e va versato dal momento del passaggio in giudicato della sentenza, ma può essere richiesto pure successivamente, se le condizioni di vita di uno dei divorziati lo richiedano.

L'assegno può essere oggetto di rinuncia, ma se sopraggiunge uno stato di bisogno, il Tribunale potrà rivedere le decisioni assunte precedentemente.

L'assegno divorzile può essere versato mensilmente, oppure liquidato in una sola soluzione, previa verifica della congruità della somma offerta da parte del Tribunale. In quest'ultimo caso - unica soluzione - viene meno qualunque diritto del coniuge che lo ha ricevuto di proporre ulteriori richieste di natura economica.

L'assegno viene meno nel momento in cui colui che lo percepisce si risposa.

Nel caso di mancato pagamento dell'assegno, il coniuge che ne ha diritto può procedere anche al pignoramento dello stipendio o della pensione.

LE REGOLE FISCALI

Assegni periodici

L'art. 10, comma 1, lett. c), del T.U.I.R. prevede la deducibilità dal reddito complessivo, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, degli «assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria».

I contribuenti, quindi, possono dedurre dal reddito gli assegni periodici corrisposti al coniuge, anche se residente all'estero, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento di matrimonio, e di divorzio, con esclusione della quota destinata al mantenimento dei figli, ex art. 10, comma 1, lett. c), del T.U.I.R.

Di converso, detti assegni periodici costituiscono per il coniuge che ne beneficia redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e «si presumono percepiti, salvo propria contraria, nella misura e alle scadenze risultanti dai relativi titoli» [artt. 50, comma 1, lett. i) e 52, comma 1, lett. c), del T.U.I.R.].

Gli assegni periodici sono deducibili nella misura in cui risultano dal provvedimento dell'autorità giudiziaria.

Requisiti necessari sono la separazione legale ed effettiva, ovvero lo scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.

La separazione di fatto non fa sorgere alcun diritto alla deduzione di eventuali assegni corrisposti volontariamente.

La somma corrisposta deve essere pari a quella determinata dal giudice. Deve trattarsi di somme corrisposte periodicamente.

Assegni una tantum

Come abbiamo visto, con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.

Su accordo delle parti la corresponsione dell'assegno può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.

Dal punto di vista fiscale, l'art. 10, comma 1, lett. c), del T.U.I.R. disciplina solo gli assegni corrisposti al coniuge con carattere periodico, restando fermo che ai fini della deducibilità e della imponibilità delle somme in questione è richiesto che la misura e la periodicità di corresponsione delle stesse risultino dal provvedimento dell'autorità giudiziaria.

Diversamente, è principio ormai acquisito l'indeducibilità degli assegni una tantum. Sul punto l'Agenzia delle entrate si è espressa in più occasioni (vedi a pagina seguente).

GLI INTERVENTI DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Sent. n. 2236 del 31 gennaio 2011

Con la Sent. n. 2236 del 31 gennaio 2011 (ud. del 1° dicembre 2010) la Corte di Cassazione, nel confermare che la deducibilità è limitata agli oneri costituiti dall'assegno di mantenimento del coniuge divorziato, ha affermato che «il beneficio non si estende ai premi pagati per l'assicurazione sulla vita a favore della moglie, ancorché ciò fosse stato stabilito con la sentenza del tribunale. Invero tali statuizioni attengono al diverso settore civilistico dei rapporti tra coniugi, e non possono rilevare ai fini fiscali, non essendo consentita un'interpretazione analogica della disciplina di favore in siffatta materia. Infatti essa non può applicarsi nemmeno laddove si tratti di corresponsione di tale assegno in unica soluzione, e quindi a maggior ragione nella fattispecie in esame, in cui il premio non viene corrisposto al coniuge, ma ad un terzo (la compagnia o istituto d'assicurazione), ed inoltre il relativo capitale sarà versato (presumibilmente) in unica soluzione alle scadenze pattuite. Questa Corte al riguardo ha statuito che in tema di oneri deducibili dal reddito delle persone fisiche, il D.P.R. n. 597 del 1973, art. 10, comma 1, lett. g), (al pari del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. c) limita la deducibilità, ai fini dell'applicazione dell'IRPEF, solo all'assegno periodico - e non anche a quello corrisposto in unica soluzione - al coniuge, in conseguenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risulta da provvedimento dell'autorità giudiziaria. Tale differente trattamento - come affermato dalla Corte costituzionale nella Ord. n. 383 del 2001 - è riconducibile alla discrezionalità legislativa la quale, riguardando due forme di adempimento tra loro diverse, una soggetta alle variazioni temporali e alla successione delle leggi, l'altra capace di definire ogni rapporto senza ulteriori vincoli per il debitore, non risulta né irragionevole né in contrasto con il principio di capacità contributiva (Cfr. anche Cass. Sentt. n. 16462/2002,n. 795/2000)».

Ord. n. 10323 del 10 maggio 2011 (ud. del 6 aprile 2011)

La deduzione di somme corrisposte a titolo di assegni per gli obblighi di assistenza in conseguenza di separazione personale dei coniugi, scioglimento del matrimonio o di natura alimentare è circoscritta alla misura determinata da provvedimento giurisdizionale ai fini di certezza dell'ammontare della base imponibile, la quale non può essere liberamente rimessa alla volontà del contribuente in virtù di un proprio autonomo spontaneo adempimento a diversi accordi raggiunti inter partes. È questa la massima dell'Ord. n. 10323/2011.

La Corte rileva che «i giudici d'appello si sono ingiustificatamente discostati dal principio di diritto secondo cui, in tema di oneri deducibili dal reddito delle persone fisiche, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. c), limita la deducibilità, ai fini dell'applicazione dell'IRPEF, solo agli assegni periodici corrisposi al coniuge (ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli), in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria».

Inoltre, il riferimento alla «misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria» costituisce insuperabile dato testuale, ripreso dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 5, Sentt., Cass. nn. 23659/2006, 16462/2002) e costituzionale (C.C. 14 novembre 2008, n. 373 e 29 marzo 2007, n. 113).

Ancora viene ricordato che « C. Cost. 28 luglio 1999 n. 370 (in Giur. cost., 1999, 2831), ha ritenuto manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., la questione di legittimità del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, lett. h), (Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche), nella parte in cui consente la deduzione dal reddito imponibile degli importi per assegni alimentari corrisposti alle persone indicate nell'art. 433 c.c., solo se essi risultino da provvedimenti dell'autorità giudiziaria, con esclusione di quelli prestati spontaneamente dal soggetto obbligato».

Nell'occasione la Corte ha ribadito che «la detraibilità non è secondo Costituzione necessariamente generale ed illimitata, ma va concretata e commisurata dal legislatore ordinario secondo un criterio che concili le esigenze finanziarie dello Stato con quelle del cittadino» (Sent. n. 134 del 1982) e che «spetta al legislatore, secondo le sue valutazioni discrezionali, di individuare gli oneri deducibili considerando il necessario collegamento con la produzione del reddito, il nesso di proporzionalità con il gettito generale dei tributi, nonché l'esigenza fondamentale di adottare le opportune cautele contro le evasioni di imposta» (Sent. n. 143 del 1982; v. anche le Sentt. nn. 108 del 1983 e 239 del 1993 e le Ordd. nn. 948 del 1988 e 556 del 1987). Ha, inoltre, precisato «che la deduzione dal reddito imponibile degli assegni alimentari, limitata alla misura risultante da provvedimento dell'autorità giudiziaria, corrisponde ad una scelta del legislatore ispirata ad esigenze di certezza nella individuazione degli oneri detraibili, altrimenti lasciata alla volontà del contribuente o alla discrezionalità dell'Amministrazione finanziaria».

Gli estensori della sentenza affermano, altresì, che «si tratta di considerazioni estensibili integralmente agli assegni periodici corrisposti per il mantenimento del coniuge, in conseguenza di separazione, divorzio o annullamento del matrimonio, anch'essi deducibili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria, misura nella specie ferma alla lontana sentenza del tribunale di Venezia n. 288 del 1978 senza che abbiano fiscalmente rilievo le maggiorazioni intervenute per eventuali patti privati successivi o accordati spontaneamente dal coniuge obbligato».

lunedì 8 agosto 2011

SANZIONI CIVILI: DOPPIA MISURA DEL 7% E DEL 30%

La nuova misura del tasso di differimento e di dilazione per la regolarizzazione dei debiti contributivi e relativi accessori (pari all'1,50%) trascina con sé l'aumento delle sanzioni civili. Attualmente le percentuali sono le seguenti:

- 7% annuo (tasso ufficiale di riferimento 1,5%, maggiorato di 5,5 punti) nei casi di mancato o ritardato pagamento dei contributi il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie e di denuncia spontanea della situazione debitoria (prima di contestazioni o richieste da parte dell'Ente) entro dodici mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi e sempreché il versamento della contribuzione dovuta sia effettuato entro i 30 giorni successivi alla denuncia stessa. La sanzione civile non può essere superiore al 40% dell'importo dei contributi non corrisposti entro la scadenza di legge e che dopo il raggiungimento del tetto massimo delle sanzioni civili, senza che si sia provveduto all'integrale pagamento del dovuto, sul debito contributivo maturano interessi di mora al tasso attualmente fissato nella misura del 5,7567% annuo;

- 7% annuo (tasso ufficiale di riferimento 1,5%, maggiorato di 5,5 punti) nei casi di mancato o ritardato pagamento dei contributi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell'obbligo contributivo, successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa, sempreché il versamento della contribuzione sia effettuato entro il termine fissato dall'Ente. La sanzione civile non può essere superiore al 40% dell'importo dei contributi non corrisposti entro la scadenza di legge;

- 30% annuo nei casi di evasione contributiva accertata dall'Ente, di denuncia della situazione debitoria, da parte degli interessati, effettuata oltre un anno dalla scadenza del termine di pagamento oppure di denuncia della contribuzione dovuta entro dodici mesi dalla scadenza, ma senza che il pagamento avvenga nei 30 giorni successivi alla denuncia stessa. La sanzione civile non può essere superiore al 60% dell'importo dei contributi non corrisposti entro la scadenza di legge e che dopo il raggiungimento del tetto massimo delle sanzioni civili, senza che si sia provveduto all'integrale pagamento del dovuto, sul debito contributivo maturano interessi di mora al tasso attualmente fissato nella misura del 5,7567% in ragione d'anno.

(ENPALS - Circ. n. 8 del 21 luglio 2011)

MANAGER NELLA PICCOLA IMPRESA CONTRIBUTI DIMEZZATI

Contributi ridotti del 50% per un massimo di 12 mesi in favore della piccola impresa che reimpiega personale con qualifica dirigenziale. La legge n. 266/1997 assegna fondi annui per le imprese che occupano meno di 250 dipendenti (e ai consorzi tra esse) che assumono, anche con contratto di lavoro a termine, dirigenti privi di occupazione.

Il beneficio avviene mediante conguaglio con i contributi versati all'INPS ogni mese. Per l'anno 2011 c'è stato un parziale utilizzo della somma e perciò il Ministero del lavoro stanzia ulteriori 927 mila euro che distribuisce sul territorio. Se le Regioni riceveranno richieste di concessione delle agevolazioni contributive oltre i limiti delle risorse assegnate, possono completare in ogni caso la relativa istruttoria e ammettere allo sgravio le aziende, subordinando però l'esecutività del provvedimento alla definita assegnazione di risorse ulteriormente aggiuntive. I decreti ammessi con riserva devono essere trasmessi al Ministero del lavoro.

(MinLavoro - D.M. 4 maggio 2011, n. 9662)

AGGIORNATO IL TASSO DI INTERESSI PER IL RITARDO NEI PAGAMENTI NELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI

Nella Gazzetta Ufficiale n. 165 del 18 luglio 2011 è stato pubblicato il Comunicato del Ministero dell'economia e delle finanze del 18 luglio 2011 che, secondo quanto previsto dall'art. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 231/2002, rende noto che per il periodo 1° luglio-31 dicembre 2011 il saggio di interesse di cui al comma 1 dello stesso articolo, al netto della maggiorazione ivi prevista, è pari al 1,25%.

NOMI E COGNOMI CON CARATTERI ORIGINALI SU CODICE FISCALE E TESSERA SANITARIA

L'Agenzia delle entrate, con la Circ. n. 34/E del 20 luglio 2011, rende noto che, al fine di allineare il trattamento dei dati anagrafici registrati in Anagrafe Tributaria a quello effettuato nelle anagrafi dei comuni, è stata messa a regime una soluzione tecnica che consente di acquisire in Anagrafe Tributaria i dati anagrafici sia nel formato originale, comprensivi anche di caratteri diacritici (cioè di caratteri che aggiunti ad una lettera dell'alfabeto ne modificano la pronuncia e ne distinguono il significato da parole simili, come ad esempio la dieresi o l'accento circonflesso), sia in quello traslitterato secondo le regole stabilite dalla Circ. n. 1 del 22 gennaio 2008 del Ministero dell'interno.

Non cambia il sistema di codifica per comporre il codice fiscale; nome e cognome del contribuente saranno riportati sulla tessera sanitaria e sul tesserino di codice fiscale in forma originale, ossia con eventuali caratteri diacritici, e anche in forma traslitterata, ricondotta cioè ai 26 caratteri maiuscoli previsti per la composizione del codice fiscale.

Il documento di prassi ottempera così alle norme di Stato Civile e di Anagrafe ed alle diverse disposizioni a tutela delle minoranze linguistiche.

(C.M. 20 luglio 2011, n. 34/E)

DEBITI AZIENDALI: L'INPS INTERROMPE I TERMINI

Tenuto conto che, a decorrere dal 1° gennaio 2011, la legge n. 122/2010 ha disposto che la riscossione dei crediti INPS avviene attraverso l'avviso di addebito con valore di titolo esecutivo, l'Ente di previdenza sta realizzando gli adeguamenti procedurali volti a consentire, anche per i crediti già in carico agli uffici legali, l'utilizzo del nuovo sistema.

A questo scopo verrà rilasciata, all'interno del recupero crediti gestione aziende con dipendenti, una nuova opzione che consente l'emissione di una lettera di interruzione dei termini prescrizionali con il prelievo automatico dei dati relativi agli atti legali e delle inadempienze di riferimento.

Nella lettera, che deve essere uniforme su tutto il territorio nazionale, viene richiamato il decreto ingiuntivo, l'importo del debito della ditta e il dettaglio dei contributi dovuti per ogni singolo periodo, con la distinzione tra dovuto e versato. È aggiunta anche la cifra relativa alle sanzioni e alle spese legali.

lunedì 1 agosto 2011

Il riordino di congedi aspettative e permessi

Decreto Legislativo 18 luglio 2011 n. 119


In attuazione della legge delega contenuta all’art. 23 del Collegato Lavoro (l.183/3010) è stato emanato il D.lgs. 18.07.2011 n. 119 contenente il riordino della normativa in merito a congedi, aspettative e permessi.
Tra le principali novità si segnala:

- La possibilità della lavoratrice di ritornare al lavoro, con un preavviso di 10 giorni e previa autorizzazione medica, in caso di interruzione di gravidanza successiva al 180° giorno oppure in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità. Il disposto contenuto all’art.2 modifica l’art. 16 de del dgls 151/2001.

- La possibilità, per la madre o in alternativa per il padre, per ogni minore con grave handicap di prolungare entro il compimento dell’ottavo anno di vita fino a 3 anni il congedo parentale, in misura continuativa o frazionata. La norma non si applica in caso di ricovero del minore presso istituti specializzati salvo che in tal caso sia richiesta l’assistenza del genitore.

Annullabilità delle dimissioni

Corte di Cassazione sentenza n. 11900 del 30.05.2011


La Corte di Cassazione ha stabilito che, ai sensi dell’art.428 c.1 c.c., l’atto di dimissioni è annullabile qualora il lavoratore riesca a provare in giudizio di essersi trovato, nel momento in cui è stato compiuto l’atto, privo della facoltà intellettiva e volitiva anche parziale e temporanea, purchè idonea ad impedire la formazione della coscienza e della volontà dell’atto.

E’ dunque sufficiente che il lavoratore si trovi in un turbamento psichico tale da menomare le sue facoltà intellettive e volitive anche senza escluderle del tutto purchè risultino diminuite al punto da escludere la volontarietà dell’atto.

Detassazione: proroga del versamento di quanto indebitamente detassato

Agenzia delle entrate, Circolare 36/E del 28 luglio 2011


Con la circolare n. 36/E l’Agenzia delle Entrate, d’intesa con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha prorogato al 16 dicembre il termine, inizialmente fissato al 1° agosto, per il versamento da parte dei sostituti d’imposta di quanto dovuto per la non corretta applicazione della detassazione degli emolumenti relativi alla produttività aziendale anche con riferimento ai rapporti nel frattempo cessati.

L’intervento si è reso necessario a causa delle numerose difficoltà segnalate dagli stessi sostituti d’imposta.

Approvato il testo unico sull’apprendistato

Il Consiglio dei Ministri in data 28 luglio 2011 ha approvato in via definitiva il nuovo testo unico sull’apprendistato, concordato con Regioni e Parti Sociali.

Il relativo Decreto Legislativo, che deve ancora essere pubblicato in Gazzetta ufficiale, renderà omogeneo l’istituto su tutto il territorio nazionale e si prefigge di diventare il contratto di lavoro tipico per la formazione e l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.

Verifiche periodiche sulle attrezzature di sicurezza

Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, DM 22/07/2011


Il decreto ministeriale 11.04.2011 prevedeva all’art. 6 l’entrata in vigore,entro 90 giorni dal 30.04.2011, delle nuove disposizioni circa le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche sulle apparecchiature ed attrezzature di lavoro, nonché i criteri per l’abilitazione dei soggetti pubblici e privati addetti alle suddette verifiche.

Il Ministero del Lavoro ha ritenuto opportuno concedere una proroga al fine di provvedere al completamento delle attività interessate ed dell’attività istruttoria delle richieste di abilitazione pervenute. Per questi motivi il termine per l’entrata in vigore delle nuove procedure è stato fissato al 30 gennaio 2012.

sabato 30 luglio 2011

FABBRICATI RURALI, IL DECRETO SVILUPPO GUIDA L'ACCATASTAMENTO DEI FABBRICATI RURALI

L'obiettivo delle disposizioni recate dall'art. 7, commi 2-bis, 2- ter e 2-quater, del D.L. n. 70/2011 (cd. Decreto Sviluppo) e' quello di obbligare i proprietari dei fabbricati in possesso dei requisiti di ruralita', a variare il classamento degli immobili censiti in categorie diverse da A/6 e D/10

(D.L. n. 207/2008, art. 23)
(D.L. n. 70/2011, art. 7)

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ICI E REQUISITI DI RURALITÀ: EVOLUZIONE DELLA CONTROVERSIA
LA VARIAZIONE DEL CLASSAMENTO CATASTALE
L'AUTOCERTIFICAZIONE

In sede di conversione del cd. Decreto Sviluppo (D.L. n. 70/2011, convertito con la legge n. 106/2011, pubblicata in G.U. il 12 luglio 2011) è stata introdotta una procedura che promette (finalmente) di risolvere l'accesa disputa che si è venuta a creare tra gli operatori del settore agricolo ed i Comuni: la questione riguarda la debenza o meno dell'ICI con riferimento a fabbricati rurali, questione che sembrava risolta (ma in realtà lo era solo in parte) ad opera del D.L. n. 207/2008, introducendo anche in campo ICI una disposizione di esonero per i fabbricati rurali.

Dopo tale intervento, al contrario, nel corso del 2009 la Cassazione ha riattivato le problematicità di tali campi, contestando il riconoscimento dell'esenzione ai fabbricati che non fossero censiti nelle categorie catastali A/6 (per i fabbricati a destinazione abitativa) ovvero D/10 (per i fabbricati strumentali all'attività agricola, quali ad esempio serre, magazzini per il deposito degli attrezzi, ovvero ancora le stalle per l'allevamento degli animali).

La disposizione oggi introdotta (si tratta in particolare dei commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'art. 7 del D.L. n. 70/2011) offre la possibilità di sanare l'accatastamento difforme entro il prossimo mese di settembre.

Prima però di verificare il contenuto della nuova disposizione è opportuno ripercorrere, quantomeno per sommi capi, i contorni della questione che dovrebbe oggi essere destinata a soluzione.

ICI E REQUISITI DI RURALITÀ: EVOLUZIONE DELLA CONTROVERSIA

Il rapporto tra ICI e fabbricati rurali è da sempre oltremodo complesso.

In particolare dapprima si era discusso del fatto che, nell'ambito dell'imposta comunale, non vi fosse una disposizione specifica volta ad escludere da imposizione i fabbricati rurali.

Su tale fronte è intervenuto il D.L. n. 207/2008 con il comma 1-bis dell'art. 23, affermando che «... non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità».

A tale disposizione venne riconosciuta efficacia interpretativa: ciò sta a significare che essa non esplica effetti solo per il futuro, ma al contrario il Legislatore chiarisce la corretta applicazione di una norma vigente sin dal 1993.
La conseguenza di ciò è che anche per il passato i fabbricati in possesso dei requisiti per vedersi riconosciuta la ruralità hanno diritto alla non applicazione del tributo.

La questione era però solo in parte risolta, ossia fino a che in seno alla Corte di Cassazione non si è consolidato un filone interpretativo di tenore decisamente restrittivo per i contribuenti, interpretazione peraltro santificata, oltre che da una nutrita serie di sentenze della sezione tributaria (1), anche da una pronuncia delle Sezioni Unite (si tratta della Sent. n. 18565/2009).

Il parere della Corte è incardinato sulla seguente riflessione: «lo ius superveniens [l'esenzione introdotta dal D.L. n. 207/2008, n.d.a] in qualche misura valorizza la scelta esegetica compiuta dal ricordato orientamento giurisprudenziale [in primis quella della citata Sent. n. 18565/09, n.d.a.], portando l'attenzione sulla decisività della classificazione catastale come elemento determinante per escludere (o affermare) l'assoggettabilità ad ICI di un fabbricato».

In altre parole, in tali pronunce la Cassazione ha sconfessato la posizione da tempo sostenuta dall'Agenzia delle entrate, contenuta nella Circ. n. 50/E del 2000: il pensiero dell'Amministrazione finanziaria si basava sul principio per cui, indipendentemente dall'accatastamento che il fabbricato possedeva, la ruralità doveva essere riconosciuta quando venivano rispettati i requisiti stabiliti dell'art. 9 del D.L. n. 557/1993 e successive modificazioni (si era soliti affermare che l'iscrizione catastale aveva esclusivamente finalità «inventariale» e acquisiva rilevanza qualora il fabbricato avesse perso i requisiti di ruralità).

Come detto, la Cassazione si è dimostrata di parere diametralmente opposto a quello dell'Agenzia, affermando invece l'assoluta rilevanza e preminenza del dato catastale, anche sotto il profilo del riconoscimento dell'esonero per i fabbricati rurali: poiché esistono specifiche categorie catastali dedicate ai fabbricati rurali (come detto, A/6 e D/10) il contribuente, se intende considerare rurale il proprio fabbricato (beneficiando delle agevolazioni conseguenti, in primis l'esenzione dall'ICI) dovrà accertarsi che sia stata attribuita la corrispondente categoria catastale.

Nella sentenza si osserva che l'errato classamento non può essere successivamente eccepito in sede di domanda di rimborso dell'ICI pagata (ovvero, si deve aggiungere, in sede di opposizione ad un avviso di accertamento per il pagamento dell'ICI non versata in virtù dell'invocata esenzione, come nel caso trattato ad esempio nella Sent. n. 7102/2010).

Allo stesso modo, comunque, anche il Comune che intendesse disconoscere l'esenzione ICI ad un fabbricato censito in A/6 o D/10, si troverebbe a dover chiedere (attraverso il comma 336 dell'art. 1 della legge n. 311/2004, Finanziaria 2005) la variazione dell'accatastamento in una delle categorie non rurali e, fino a quando il fabbricato non avrà il nuovo corretto censimento, non potrà procedere all'accertamento dell'ICI dovuta (ai sensi del comma 337 il nuovo classamento retroagisce sino al momento in cui il fabbricato ha perso i requisiti).

Tale posizione, del tutto consolidata in ambito giurisprudenziale di legittimità (e conseguentemente anche in quella di merito che, per ovvie ragioni, si è dovuta uniformare), è stata peraltro confermata all'inizio del 2011 in risposta ad una interrogazione parlamentare: si tratta del question time 5-04067 in Commissione finanze della Camera dei Deputati del 19 gennaio 2011.

Con tale risposta il Governo si trova ad allinearsi alla tesi sostenuta dalla Cassazione, affermando come nella sostanza l'interpretazione proposta dalla giurisprudenza sia ormai del tutto consolidata.

Sono quindi state ritenute completamente irrilevanti le eccezioni sollevate (anche dall'Agenzia del territorio nell'audizione del 22 febbraio 2011) relativamente alle difficoltà nell'ottenere dai locali uffici catastali la classificazione dei propri immobili nelle categorie catastali A/6 e D/10: occorre quindi concludere che il corretto classamento è un requisito imprescindibile per poter accedere al riconoscimento della ruralità e, quindi, alla possibilità di utilizzarne i relativi benefici, in primis l'esenzione dal pagamento dell'ICI. Secondo il Governo «... In pratica, a legislazione vigente, non paiono sussistere in materia residui dubbi interpretativi per effetto delle ripetute affermazioni giurisprudenziali della Corte di Cassazione».

Al riguardo il Parlamento aveva introdotto nel provvedimento riguardante le comunità montane una proposta di modifica alla disposizione che consente l'esenzione ICI ai fabbricati rurali, disponendo che l'esenzione sarebbe spettata indipendentemente dalla categoria catastale. Tale disposizione però non ha avuto seguito.

Alla luce del fatto che il Governo comunque si stava interessando della vicenda, attraverso la Ris. n. 7-00505 del 16 marzo 2011 è intervenuta la Commissione finanze della Camera per bloccare l'attività di riscossione degli importi accertati da parte dei Comuni, in attesa che si pervenisse ad una soluzione normativa della vicenda. La motivazione di tale blocco risiedeva nel fatto che «... in tale contesto è necessario evitare il paradosso che, proprio nel momento in cui il legislatore ed il Governo hanno individuato una soluzione definitiva a tale complessa vicenda, la quale ha ingenerato una condizione di oggettiva incertezza, per i contribuenti e per gli stessi enti impositori, circa l'applicabilità dell'ICI ai fabbricati rurali, si prosegua nelle attività di riscossione coattiva dell'imposta con riferimento a tale tipologia di immobili».

LA VARIAZIONE DEL CLASSAMENTO CATASTALE

Come detto, il primo tentativo per pervenire ad una soluzione era contenuto in un provvedimento sulle comunità montane, però mai pervenuto a definitiva approvazione: la proposta era quella di introdurre una norma di interpretazione autentica con l'obiettivo di riconoscere comunque l'esenzione ICI ai fabbricati in possesso dei requisiti di ruralità, indipendentemente dalla classificazione catastale ad essi attribuita.

Visto lo stallo di tale progetto normativo, il Legislatore è intervenuto inserendo in sede di conversione del Decreto Sviluppo - D.L. n. 70/2011 - la disposizione oggetto del presente contributo: l'obiettivo del provvedimento è quello di obbligare i possessori dei fabbricati in possesso dei requisiti di ruralità a variare il classamento degli immobili censiti in categorie diverse da A/6 e D/10.
La prima considerazione che si può proporre è che, in tal modo, il Legislatore implicitamente convalida l'interpretazione offerta dalla Cassazione e di conseguenza, se il contribuente non richiede o non riesce ad ottenere il classamento in una categoria catastale rurale, non potrà in nessun caso vantare l'esenzione ICI dell'immobile (presunto) rurale.

Allo stesso modo, per come viene costruito l'iter di regolarizzazione (richiedendo una autocertificazione retroattiva), occorre concludere che dovrebbero essere implicitamente risolti i contenziosi (non pochi) incardinati sulla contestazione dell'esenzione ICI nei confronti degli immobili censiti in categorie difformi da quelle rurali.

Veniamo nel merito della disposizione: il comma 2-bis impone ai contribuenti che possiedono fabbricati con i requisiti di ruralità, ma censiti in una categoria diversa da A/6 o D/10 (quindi la norma non dovrebbe in alcun modo interessare i fabbricati che sono a diritto ancora iscritti al catasto dei terreni), di procedere, entro il prossimo 30 settembre, alla presentazione di una variazione catastale, chiedendo il censimento in tali categorie.

Tale richiesta deve essere corredata da una apposita autocertificazione nella quale il possessore dell'immobile attesta il possesso dei requisiti di ruralità. A questo punto l'Agenzia del territorio, entro il termine del 20 novembre 2011, si esprimerà su tale richiesta, valutando la presenza dei requisiti di ruralità e confermando o meno il classamento in una delle categorie catastali proprie dei fabbricati rurali.

Peraltro il sindacato dell'Agenzia del territorio sulla nuova situazione proposta dal contribuente può estendersi anche oltre tale data: spirato il termine del 20 novembre 2011 senza che gli uffici catastali si siamo espressi, il contribuente potrà utilizzare il classamento richiesto (con conseguente esonero ai fini ICI).
Tale situazione però non sarà definitiva, in quanto l'Agenzia del territorio avrà un anno di tempo per intervenire e, se del caso, respingere la richiesta di iscrizione nelle categorie rurali, sottoponendo il contribuente all'obbligo di corrispondere le imposte precedentemente non versate con applicazione di interessi, oltre alle sanzioni raddoppiate.

L'AUTOCERTIFICAZIONE

Uno dei punti su cui è necessario interrogarsi è proprio il contenuto di tale autocertificazione: il comma 2-bis prevede infatti che alla variazione debba essere allegata una dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 445/2000 «... nella quale il richiedente dichiara che l'immobile possiede, in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, i requisiti di ruralità dell'immobile». Ossia occorrerà autocertificare il possesso dei requisiti a partire dal 2006 e, per come è scritta la disposizione, sin dall'inizio del 2006.

La prima considerazione da proporre riguarda l'opportunità di stabilire normativamente un orizzonte temporale definito per il quale introdurre l'autocertificazione: se è vero che la disposizione in questione pare proprio essere una sanatoria retroattiva, questa necessariamente si troverà ad esplicare i propri effetti solo a decorrere dal 2006.

Il che significa che se i contribuenti si mettono al sicuro da eventuali nuovi accertamenti, la questione dei contenziosi pendenti per i periodi d'imposta precedenti al 2006 è tutt'altro che risolta.

Anzi, tale disposizione parrebbe una convalida degli atti emessi dal Comune per contestare l'imposta relativamente a fabbricati censiti in categorie non rurali.
Altra questione non trascurabile è quella relativa ad una eventuale discontinuità nella presenza dei requisiti di ruralità: la norma consente infatti la variazione catastale a favore di una delle categorie rurali, allegando una autocertificazione nella quale si deve attestare la continuità nel possesso dei requisiti. Situazione che certo potrebbe in svariati casi non accadere.

È singolare che la mancanza dei requisiti per un breve periodo possa far perdere il diritto alla sanatoria per l'intero quinquennio 2006-2011. A meno che la volontà del Legislatore non sia quella di offrire un beneficio solo a quegli immobili per i quali l'utilizzo rurale sia del tutto consolidato e non transitorio. Anche su questo punto pare necessario ottenere un chiarimento, magari già nel regolamento di cui al comma 2-quater che dovrebbe essere emanato dal Ministro dell'economia e delle finanze, e con il quale verranno stabilite le modalità applicative e la documentazione necessaria ai fini della presentazione della certificazione, nonché ai fini della convalida della certificazione e del classamento da parte degli uffici catastali.

Inoltre, nulla si dice in merito ai fabbricati posseduti da meno di 5 anni, perché acquistati ovvero costruiti successivamente al 2006, o anche nel corso di detta annualità: anche per questi sarebbe possibile sanare la situazione catastale difforme azionando la procedura introdotta dal D.L. n. 70/2011?

In base al tenore della norma la risposta parrebbe essere negativa (in quanto viene richiesto il possesso ininterrotto dei requisiti negli ultimi 5 anni), ma ragionevolmente non pare vi sia motivo per differenziare i contribuenti in base all'anno di acquisto/costruzione dell'immobile. O forse si? Anche al riguardo una conferma pare necessaria.

di Alessandro Corsini e Fabio Garrini

NOTE
________________________________________
(1) Si vedano in particolare le Sentt. n. 15321/2008, n. 22691/2009, n. 7102/2010, n. 3563/2010 e le 81 sentenze depositate il 22 giugno 2010.

MOBILITA': PROROGA PER CAMPANIA E SICILIA

Prorogata fino a tutto il 2011 l'indennità di mobilità in favore dei lavoratori già beneficiari del trattamento.

Si tratta dei lavoratori delle regioni Campania e Sicilia che prima di essere licenziati sono stati aiutati dal trattamento straordinario di cassa integrazione. In ogni caso, trattandosi di proroga ulteriore, l'assegno INPS deve essere decurtato del 40% rispetto alla misura iniziale.

Agli interessati spetta, se dovuto, l'assegno per il nucleo familiare e a tutti la contribuzione figurativa utile a pensione.

CHIUSURA PARTITE IVA INATTIVE: DEFINITO IL CODICE TRIBUTO PER IL VERSAMENTO DELLA SANZIONE

L'Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 72/E dell'11 luglio 2011, allo scopo di consentire ai contribuenti di effettuare il versamento, tramite modello «F24-Versamenti con elementi identificativi», della sanzione prevista dall'art. 23 del D.L. n. 98/2011 per la chiusura delle partite IVA inattive da tre anni, ha istituito il seguente codice tributo, da indicare nella sezione «erario ed altro»:

In merito alle modalità di compilazione del modello di versamento, nella risoluzione è stato chiarito che occorre indicare:

- la lettera R nel campo «tipo»;

- la partita IVA da cessare nel campo «elementi identificativi»;

- l'anno di cessazione dell'attività nel campo «anno di riferimento».

(R.M. 11 luglio 2011, n. 72/E)

AGGIORNATO IL TASSO DI INTERESSI PER IL RITARDO NEI PAGAMENTI NELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI

Nella Gazzetta Ufficiale n. 165 del 18 luglio 2011 è stato pubblicato il Comunicato del Ministero dell'economia e delle finanze del 18 luglio 2011 che, secondo quanto previsto dall'art. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 231/2002, rende noto che per il periodo 1° luglio-31 dicembre 2011 il saggio di interesse di cui al comma 1 dello stesso articolo, al netto della maggiorazione ivi prevista, è pari al 1,25%.

CONTRIBUTI: VERSAMENTI ENTRO IL GIORNO 16 DEL MESE

(INPDAP - Nota n. 16 del 14 luglio 2011)

La legge n. 106/2011 (il cosiddetto «Decreto Sviluppo») stabilisce che: «Le somme di cui al comma 1 sono versate entro il giorno 16 del mese di scadenza. Se il termine scade di sabato o di giorno festivo il versamento è tempestivo se effettuato il primo giorno lavorativo successivo. Le disposizioni introdotte dal presente numero si applicano a partire dal 1° luglio 2011». Pertanto a decorrere dal 1° luglio per i versamenti contributivi in scadenza nel mese di luglio, è possibile effettuare il pagamento entro il giorno 16 e non più entro il giorno 15, sia per gli enti tenuti all'utilizzo dell'F24 ordinario, sia per quelli tenuti all'utilizzo dell'F24 enti pubblici. La legge inoltre stabilisce che ai versamenti relativi ai periodi d'imposta in corso al 31 dicembre degli anni 2008, 2009 e 2010, da eseguire mediante il modello F24 enti pubblici non si applicano le sanzioni qualora il versamento sia stato effettuato tardivamente, ma comunque entro il secondo mese successivo alla scadenza stabilita. Viene stabilita, di fatto, l'inapplicabilità delle sanzioni nelle ipotesi di versamenti contributivi eseguiti tardivamente, ma comunque entro i due mesi successivi alla scadenza prevista. L'Inpdap chiarisce che:

1) il sistema sanzionatorio comprende tutti i versamenti di competenza dei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2010, effettuati successivamente al giorno 15 novembre e non oltre il 15 marzo 2011;

2) la deroga è riferibile esclusivamente ai versamenti effettuati dagli enti tenuti all'utilizzo del modello F24 enti pubblici e non anche del modello F24 ordinario;

3) la deroga riguarda esclusivamente le ipotesi di omissione/ritardo e non anche alle ipotesi di evasione.

Essendo l'obbligo del versamento dei contributi previdenziali strettamente connaturato al momento dell'erogazione delle retribuzioni, il versamento della contribuzione deve avvenire entro i primi sedici giorni del mese successivo a quello cui si riferisce la corresponsione della retribuzione. Qualora la retribuzione venga corrisposta in mesi diversi da quelli di competenza, la contribuzione deve essere versata entro i primi sedici giorni del mese successivo a quello di emissione del mandato della retribuzione stessa. In caso di ritardato versamento dei contributi previdenziali, le relative sanzioni devono essere applicate a decorrere dal 17° giorno del mese successivo a quello di emissione del mandato delle retribuzioni.

INDENNITA' MOBILITA' E LAVORO: ACCREDITO CONTRIBUTI FIGURATIVI

Nei casi in cui è ammessa la cumulabilità tra l'indennità di mobilità e i compensi ricavati da lavoro autonomo o da lavoro parasubordinato (collaborazione coordinata e continuativa) l'accredito dei contributi figurativi va fatto in quota integrativa, cioè sulla differenza tra l'intera retribuzione presa a base del calcolo dell'indennità di mobilità e la retribuzione di fatto percepita per l'attività svolta. In questi casi la contribuzione obbligatoria versata sul lavoro svolto deve essere accreditata nella gestione pensionistica di competenza.

Nel caso di compatibilità e cumulabilità totale dell'indennità di mobilità con i lavori di carattere accessorio (nei limiti di 3 mila euro annui), la quota di contribuzione IVS (cioè 1,3 euro per ogni buono da 10 euro) deve affluire alla gestione a carico della quale è posto l'onere della contribuzione figurativa.

In queste ipotesi la quota IVS di 1,3 euro non deve essere accreditata sulla posizione contributiva del lavoratore. Se l'interessato ha chiesto e ottenuto il pagamento della intera indennità di mobilità in unica soluzione l'accredito figurativo non può essere concesso.

PROFESSIONISTI NON ISCRITTI A CASSE: ISCRIZIONE OBBLIGATORIA ALLA GESTIONE SEPARATA INPS

Iscrizione obbligatoria alla Gestione separata in base alla legge n. 111/2011 per i soggetti iscritti agli enti di diritto privato. Si risolve in tal modo l'annoso contenzioso che da anni sta creando malumori nelle casse previdenziali dei liberi professionisti, specie in quelle che prevedono la solo facoltà (e non l'obbligo) di iscrizione per chi è diventato pensionato ma continua la libera professione.

Ora la legge, con un atto di imperio, afferma che tutti hanno l'obbligo di iscriversi e con l'art. 18 impone agli enti previdenziali privati di provvedere entro sei mesi all'adeguamento dei propri statuti e regolamenti, introducendo l'obbligo dell'imposizione contributiva a carico dei soggetti titolari di trattamento pensionistico che svolgono attività professionale, il cui esercizio è subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali e che risultano percepire un reddito da tale attività.

Tutto ciò esclude che essi siano tenuti ad iscriversi alla Gestione separata INPS, alla quale comunque restano accreditati i pagamenti già fatti. Devono però essere restituiti a seguito di domanda presentata dall'interessato i contributi che erano stati eventualmente versati con espressa riserva di ripetizione.

Esaurito questo aspetto, la legge definisce ulteriori aspetti legati alla Gestione separata:

1) i soggetti che devono iscriversi alla Gestione separata, coloro che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali;

2) tutti coloro che, pur svolgendo attività iscrivibili ad appositi albi professionali, non siano tenuti al versamento del contributo soggettivo presso le Casse di appartenenza, ovvero rispettivi statuti o regolamenti.

Nella circolare l'INPS indica alcune ipotesi che comportano l'assenza di iscrizione/versamento alla Cassa di appartenenza:

a) mancato raggiungimento di un livello minimo di reddito;

b) esercizio di attività di tirocinio o praticantato;

c) esistenza di altra copertura contributiva contestuale allo svolgimento della professione, a causa della quale la Cassa di appartenenza esclude l'obbligo di versamento del contributo soggettivo, relativo all'attività professionale.

In sostanza i liberi professionisti sono tenuti al pagamento del contributo alla Gestione separata relativamente ai redditi professionali non assoggettati a contribuzione previdenziale obbligatoria presso la cassa di categoria. E ciò vale anche nel caso in cui il soggetto paghi alla cassa il solo contributo integrativo o di solidarietà, ossia un contributo che non ha valore ai fini pensionistici.

La legge infine conferma la natura integrativa della contribuzione versata all'Enasarco dagli agenti e rappresentanti di commercio. Il che conferma, ricorrendone i requisiti, il contestuale obbligo di pagare i contributi INPS presso la Gestione commercianti.

(INPS - Circ. n. 99 del 22 luglio 2011)

IN ARRIVO CONTROLLI INPS IN AGRICOLTURA

(INPS - Mess. n. 15122 del 22 luglio 2011)

La verifica dei requisiti per il diritto alle prestazioni a sostegno del reddito è fra le attività strategiche dell'Istituto per evitare l'erogazione di prestazioni indebite che richiederebbero successive attività di recupero. E ora è possibile acquisire in modo automatico dagli archivi le informazioni di base indispensabili per verificare la legittimità della richiesta di disoccupazione agricola.

Seguendo i controlli eseguiti dalla Guardia di finanza che ha evidenziato prestazioni erogate in anni pregressi a soggetti non legittimati INPS ha avviato controlli incrociati massivi sui richiedenti l'indennità di disoccupazione agricola, incrociando i codici fiscali dei lavoratori dipendenti agricoli che hanno presentato domanda di disoccupazione agricola di competenza 2010 con:

a) l'archivio dei soggetti presenti nel Casellario dei lavoratori attivi per evidenziare posizioni assicurative e previdenziali presso Casse o Albi (ingegneri, architetti, avvocati, ecc.);

b) gli archivi dell'Agenzia delle entrate per individuare coloro che, nel corso dell'anno 2010, oltre a svolgere attività dipendente nel settore agricolo, risultano titolari di partita IVA attiva.

I codici fiscali dei richiedenti aventi partita IVA aperta sono stati successivamente incrociati con gli archivi delle Camere di commercio per verificare la presenza di un'eventuale iscrizione nell'anno 2010 e la relativa attività svolta.

Le verifiche hanno fatto emergere molte posizioni che debbono essere oggetto di accertamenti più mirati in quanto sono state rilevate:

1) posizioni assicurative doppie, una presso INPS quale lavoratore agricolo, e una presso le Casse come liberi professionisti;

2) posizioni con partite IVA aperte che presuppongono attività autonoma autorizzata dai Comuni (vedi ambulanti) che non hanno una corrispondente posizione in INPS;

3) soci di una o più società ad oggi attive;

4) titolari di imprese individuali iscritti presso le Camere di commercio.

Ora scatta la fase due, che tallona da vicino i titolari di impresa agricola non iscritti in qualità di lavoratori autonomi agricoli e gli iscritti ad altre casse previdenziali.

Nei casi in cui gli elementi istruttori forniti non fossero del tutto sufficienti alle verifiche da effettuare si ritiene comunque necessario fare una valutazione sulla «compatibilità» tra l'attività agricola risultante dalle denunzie di manodopera e la seconda attività risultante dagli accertamenti.

In tutti i casi la verifica delle dichiarazioni reddituali relative all'anno 2010 consentirà una valutazione più completa per ciascuna situazione anomala rilevata.

La documentazione citata (dichiarazione dei redditi, estratto catastale del terreno, autocertificazioni, versamenti da F24, ecc.), richiesta ai fini della definizione delle pratiche, è considerata indispensabile per la completezza della domanda; gli eventuali interessi legali decorreranno, pertanto, 120 giorni dopo la data di presentazione della suddetta documentazione.

L'INPS rammenta che se si rilevi che il richiedente la prestazione abbia reso una falsa dichiarazione, lo stesso deve essere denunciato all'autorità giudiziaria.

TRASFERIMENTO DEI CONTRIBUTI

INPS - Circ. n. 97 del 22 luglio 2011

La legge n. 122/2010 ha abrogato la legge n. 322/1958 e quindi, con effetto dal 1° luglio 2010, il trasferimento delle contribuzioni dalle gestioni previdenziali degli elettrici e dei telefonici al Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti non è più gratuito e comporta il versamento di un onere a carico dei richiedenti.

Questa restrizione, secondo l'INPS, si applica anche al trasferimento dei contributi dal fondo volo.

Posto che la legge n. 322/1958 è abrogata a decorrere dal 31 luglio 2010 e considerato che la stessa consente il trasferimento delle posizioni assicurative nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti a favore dei soggetti iscritti presso ordinamenti sostitutivi ed esclusivi dell'Assicurazione generale obbligatoria, cessati dal servizio entro la data del 30 luglio 2010, l'INPS ritiene che la norma possa trovare applicazione in favore degli assicurati presso i Fondi elettrici, telefonici e volo, a condizione che gli stessi siano cessati dal servizio entro la predetta data senza aver perfezionato tutti i requisiti anagrafici e contributivi richiesti per liquidare la pensione a carico di tali Fondi.

L'applicazione della legge n. 322/1958 comporterà il trasferimento delle posizioni assicurative INPS, a titolo gratuito, limitatamente ai casi in cui l'obbligo del versamento contributivo ai tre Fondi sopra indicati sia venuto meno in data antecedente al 31 luglio 2010 ed a condizione che l'anzianità contributiva complessivamente maturata dagli interessati alla data dell'ultimo contributo fatto valere nel rispettivo Fondo risulti inferiore a quella prevista per liquidare il trattamento pensionistico a carico dello stesso.

In relazione a quanto precede, coloro che abbiano concluso il rapporto assicurativo con il Fondo entro la data del 30 luglio 2010 senza aver perfezionato tutti i requisiti richiesti per l'accesso al pensionamento a carico del rispettivo Ordinamento speciale e che - per effetto dell'applicazione della legge n. 322/1958 - acquisiscano il titolo alla costituzione della posizione assicurativa nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti potranno - a domanda, entro 120 giorni dalla data di pubblicazione della circolare che stiamo qui analizzando e che vale dal 22 luglio 2011 - trasferire la contribuzione dal Fondo, laddove la stessa abbia già dato luogo al trasferimento oneroso, in base legge n. 122/2010 e alla liquidazione della pensione a carico del Fondo INPS.

Analogamente, coloro che - non avendo perfezionato il diritto alla pensione sulla base della sola contribuzione maturata nel Fondo speciale - si sono invece avvalsi della legge n. 29/1979 per ricongiungere in modo oneroso nel Fondo stesso i periodi contributivi fatti valere in altre gestioni pensionistiche, potranno - esclusivamente a domanda ed entro il suddetto termine di 120 giorni - chiedere l'applicazione della legge n. 322/1958 (gratis), per trasferire la contribuzione dal Fondo all'INPS anche se la contribuzione ricongiunta sia già stata utilizzata per liquidare la pensione a carico del Fondo stesso.

Tutto ciò a due condizioni:

1) i requisiti di trasferibilità risultino perfezionati entro la medesima data del 30 luglio 2010;

2) l'operazione di ricongiunzione non si sia perfezionata con il pagamento dell'intero onere.

lunedì 11 luglio 2011

DURANTE IL CONGEDO STRAORDINARIO E' RICONOSCIUTO LO STIPENDIO MA NON IL TFR

La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità e che abbiano titolo a fruire dei benefici per l'assistenza del figlio, hanno il diritto di avere un periodo di congedo straordinario durante il quale il soggetto ha titolo a un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione. Il periodo medesimo è, inoltre, coperto da contribuzione figurativa. L'indennità e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo rivalutato annualmente sulla base della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Quest'anno il limite massimo (cioè per l'assenza dell'anno intero) è stabilito in 44.276,33 euro, di cui 34.331 vengono erogati al lavoratore e 9.945,33 euro vengono acquisiti dall'INPS per contributi figurativi. Durante l'assenza, il rapporto di lavoro è sospeso e il dipendente conserva il posto di lavoro, senza diritto alla retribuzione e senza la possibilità di svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Il congedo non è calcolato nell'anzianità di servizio né ai fini previdenziali. In materia di trattamento di fine rapporto, l'art. 2120 c.c. stabilisce che matura il TFR durante le assenze per infortunio, malattia, gravidanza e puerperio e a quelle per le quali è prevista la cassa integrazione. Di conseguenza il lavoratore - fatte salve eventuali diverse previsioni ad opera della contrattazione collettiva o di pattuizioni individuali - durante il periodo di congedo straordinario non ha retribuzione utile ai fini del TFR. Per cui non c'è neanche il dovere di versare le quote del TFR al Fondo di tesoreria gestito dall'INPS.

(INPS - Mess. n. 13013 del 17 giugno 2011)

CONGEDI DI TRE GIORNI L'ANNO: NECESSARIA LA DOCUMENTAZIONE SANITARIA

In relazione al riconoscimento del permesso retribuito di tre giorni lavorativi all'anno, in casi di documentata grave infermità di un familiare, i lavoratori devono chiedere al datore di lavoro l'autorizzazione ad usufruirne, corredando la richiesta con la documentazione sanitaria, inserita in plico chiuso, idonea a dimostrare la sussistenza del requisito della «grave infermità», dunque documentando la grave infermità, anche se attiene la sfera personale della salute di una terza persona.

A questo proposito il Garante per la Protezione dei dati personali ritiene che: «per usufruire di permessi o congedi per gravi infermità o altri gravi motivi familiari, il lavoratore è tenuto per legge a produrre alla propria amministrazione idonea documentazione medica attestante le gravi infermità o le gravi patologie da cui risultano affetti i propri familiari».

Non è, dunque, sufficiente, per usufruire di permessi o congedi per gravi infermità, produrre un mero «attestato», anche se rilasciato da struttura pubblica o ospedaliera.

È necessario, invece, richiedere al medico curante apposita certificazione, che dovrà declinare sempre la diagnosi, anche quando sono effettuate solo terapie/accertamenti strettamente connessi alla specifica patologia, poiché è dalla natura della patologia in diagnosi che si rileva la connotazione di gravità.

INAIL, RILASCIO DEL DURC: ALCUNE NOVITA'

Nuove funzioni che aggiornano le procedure INAIL per il rilascio del DURC.

Sono state effettuate le modifiche tecniche per ripristinare la funzione di consultazione dei DURC da parte degli Ispettori del lavoro, se abilitati dal Ministero del lavoro.

Il modulo «Stazione appaltante/Amministrazione procedente» deve essere presentato ad una qualsiasi Sede INAIL, INPS e Casse edili per ottenere l'abilitazione a richiedere i DURC nell'ambito dei contratti pubblici e/o dei procedimenti amministrativi per i quali è prevista la verifica del requisito della regolarità contributiva.


(INAIL - Nota n. 4583 del 20 giugno 2011)

ACCERTAMENTI ESECUTIVI: DISCIPLINATE LE MODALITA' DI RISCOSSIONE

Con provvedimento direttoriale del 1° luglio 2011 è stata data attuazione all'art. 29, comma 1, del D.L. n. 78/2010 il quale ha, come noto, innovato sostanzialmente la disciplina della riscossione delle imposte sui redditi, dell'imposta sulle attività produttive e dell'imposta sul valore aggiunto ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni, prevedendo che gli avvisi di accertamento e gli atti successivi contengano l'intimazione ad adempiere, nonché l'avvertenza al debitore che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste è affidata, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, in carico agli agenti della riscossione, con le modalità determinate con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato.

In particolare il presente provvedimento dà attuazione alle disposizioni contenute nella lett. b) del comma 1, stabilendo, nel punto 1, le modalità di affidamento del carico ed il contenuto dei flussi telematici di trasmissione agli agenti della riscossione per il tramite di Equitalia Servizi S.p.A.

Il successivo punto 2 del provvedimento si occupa, invece, di stabilire le modalità di formazione e consegna dei carichi, prevedendo la necessaria conformità dei flussi alle specifiche tecniche allegate.

Nel punto 3 sono stabilite le date nelle quali si intende effettuata la consegna del carico all'agente della riscossione.

Il contenuto del punto 4 afferisce agli obblighi di natura contabile a carico degli agenti della riscossione. In particolare, viene precisato che, ai fini contabili, le somme affidate in carico agli agenti della riscossione ai sensi del presente provvedimento, sono assimilate ai carichi affidati a seguito di iscrizione a ruolo, con la conseguenza, tra l'altro, che i documenti contabili (Conto mensile delle riscossioni, Contabilità bimestrale corredata delle variazioni al carico distinte per tipologia ed anno di riferimento, Conto Giudiziale) già previsti in materia di riscossione a seguito di iscrizione a ruolo, comprenderanno anche i carichi affidati ai sensi del presente provvedimento senza effettuare distinte rendicontazioni, con evidenti ottimizzazioni degli oneri amministrativi ed economici.

(Agenzia delle entrate - Provv. 30 giugno 2011, n. 99696)

lunedì 4 luglio 2011

CONFERMATE LE AGEVOLAZIONI 2011 PER GLI AUTOTRASPORTATORI

L'Agenzia delle entrate, con comunicato stampa del 21 giugno 2011, comunica che sono stati confermati anche per il 2011 gli importi destinati alle agevolazioni per gli autotrasportatori nel 2010; in particolare:

1) le imprese di autotrasporto merci - conto terzi e conto proprio - possono recuperare nel 2011, fino a un massimo di euro 300 per ciascun veicolo (tramite compensazione in F24), le somme versate nel 2010 come contributo al Servizio Sanitario Nazionale sui premi di assicurazione per la responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore adibiti a trasporto merci di massa complessiva a pieno carico non inferiore a 11,5 tonnellate;

2) per i trasporti effettuati personalmente dall'imprenditore oltre il Comune in cui ha sede l'impresa (autotrasporto merci per conto di terzi) è prevista una deduzione forfetaria di spese non documentate (art. 66, comma 5, primo periodo del T.U.I.R.), per il periodo d'imposta 2010, nelle seguenti misure:

- 56,00 euro per i trasporti all'interno della Regione e delle Regioni confinanti. La deduzione spetta anche per i trasporti personalmente effettuati dall'imprenditore all'interno del Comune in cui ha sede l'impresa, per un importo pari al 35% di quello spettante per gli stessi trasporti nell'ambito della Regione o delle Regioni confinanti;

- 92,00 euro per i trasporti effettuati oltre questo ambito.

COMUNICAZIONE DELLE OPERAZIONI IVA SOPRA I 3.000 EURO: AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE ESCLUSE DALL'OBBLIGO DI SEGNALAZIONE

Con provvedimento direttoriale del 21 giugno 2011 è stato modificato dall'Agenzia delle entrate il precedente provvedimento del 22 dicembre 2010 allo scopo di escludere lo Stato, le regioni, le province,i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico da ogni adempimento relativo alle comunicazioni delle operazioni rilevanti ai fini IVA di importo pari o superiore a 3.000 euro; una esclusione questa giustificata dalle particolari modalità di tenuta della contabilità da parte delle Amministrazioni pubbliche, che potrebbero rendere particolarmente difficile l'individuazione delle operazioni da segnalare.

Il provvedimento sostituisce inoltre le specifiche tecniche al fine di semplificare ulteriormente gli obblighi di comunicazione da parte dei contribuenti e di migliorare la qualità delle informazioni trasmesse.


Agenzia delle entrate - Provv. 21 giugno 2011, n. 92846

venerdì 1 luglio 2011

ARTIGIANI, COMMERCIANTI, LIBERI PROFESSIONISTI: SLITTA AL 6 LUGLIO IL SALDO INPS 2010 PAGAMENTO FINO AL 5 AGOSTO

Artigiani e commercianti hanno più tempo per saldare le pendenze con l'INPS con riferimento al contributo dovuto per l'attività reddituale dell'anno 2010 (scadenza slittata al 6 luglio). Analogo discorso per i liberi professionisti iscritti alla gestione separata INPS, tenuti a pagare il saldo dei contributi 2010.

Tutte e tre le categorie dovranno nello stesso tempo versare il primo acconto dei contributi a percentuale dovuti per l'anno in corso; se si vuole si può rinviare il pagamento fino al 5 agosto pagando un piccolo interesse. La proroga dal 16 giugno al 6 luglio è dettata da un decreto di Palazzo Chigi che ha stabilito, senza alcun pagamento aggiuntivo, lo slittamento delle scadenze fiscali: imposte dirette, Irap e acconto della cedolare secca.

Lo slittamento è applicabile anche a quei contributi che devono essere versati alle scadenze previste per il pagamento delle imposte sui redditi.

La proroga riguarda indistintamente le persone fisiche, mentre per tutti gli altri lo spostamento delle scadenze si riferisce soltanto alle attività interessate dagli studi di settore.

Entro il 5 agosto. È prevista, in relazione alle stesse imposte, la possibilità di effettuare i versamenti dal 7 luglio al 5 agosto 2011, versando una maggiorazione, a titolo di interesse, pari allo 0,40%. La maggiorazione dello 0,40% deve essere versata separatamente dai contributi, utilizzando la causale contributo «Api» (artigiani) o «Cpi» (commercianti) e la codeline INPS utilizzata per il versamento del relativo contributo, oppure con la causale contributo «Dppi» nel caso dei liberi professionisti.

Il saldo è dovuto sul totale dei redditi d'impresa conseguiti nel 2010, al netto delle eventuali perdite dei periodi d'imposta precedenti tolte dal reddito dell'anno.

Per i soci di società a responsabilità limitata, iscritti alle gestioni degli artigiani o dei commercianti, la base imponibile, oltre a quanto eventualmente dichiarato come reddito d'impresa, è costituita dalla parte del reddito d'impresa della S.r.l. corrispondente alla quota di partecipazione agli utili, ovvero alla quota del reddito attribuita al socio per le società partecipate in regime di trasparenza.

IVA. L'INPS ha provveduto, previo scambio di dati con l'Agenzia delle entrate, alla spedizione di un prospetto di liquidazione contenente l'indicazione degli importi e delle causali per il versamento dei contributi previdenziali relativi all'anno 2011, e una lettera esplicativa delle modalità di determinazione degli importi dovuti dai commercianti ed artigiani titolari di partita IVA.

Per i soggetti non titolari di partita IVA sono stati spediti anche i necessari modelli F24.

Nella circolare in commento l'Ente di previdenza indica gli elementi che costituiscono la base imponibile per calcolare i contributi dovuti a saldo, indicati eventualmente nei quadri RF (impresa in contabilità ordinaria), RG (impresa in regime di contabilità semplificata e regimi forfetari) e RH (redditi di partecipazione in società di persone ed assimilate).

Contribuenti minimi. Tali redditi devono essere integrati anche con quelli eventualmente derivanti dalla partecipazione a società a responsabilità limitata denunciati con il mod. Unico Sc (società di capitali).

Per i contribuenti minimi che fruiscono del regime semplificato la base imponibile per il calcolo dei contributi dovuti viene determinata come segue: Cm6 (reddito lordo o perdita) - Cm9 (perdite pregresse).

Il reddito da assoggettare ad imposizione contributiva previdenziale, infatti, deve essere considerato al netto delle perdite pregresse ma al lordo dei contributi previdenziali, che il contribuente dovrà indicare nel rigo Cm7.

Rateazione. Si può chiedere la rateazione del debito, ma ovviamente essa può avere ad oggetto esclusivamente i contributi dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale imponibile, con esclusione quindi dei contributi dovuti sul minimale predetto, anche se risultano ancora a debito del contribuente nel Quadro RR in quanto non versati in tutto o in parte.

La prima rata deve essere corrisposta entro il giorno di scadenza del saldo e/o dell'acconto, eventualmente differito; le altre rate entro il giorno 16 di ciascun mese di scadenza (per i titolari di partita IVA) ed entro la fine di ciascun mese (per gli altri contribuenti). In ogni caso il pagamento rateale deve essere completato entro il mese di novembre 2011.

Compensazione. L'importo eventualmente risultante a credito dal quadro RR del modello Unico 2011 può essere portato in compensazione nel modello di pagamento unificato F24.

Per effettuare la compensazione il contribuente compilerà uno o più righi di uno o più modelli F24 indicando la causale contributo Ap o Af (artigiani) o Cp o Cf (commercianti), il codice sede, il codice INPS (17 caratteri) relativo alla riscossione dell'anno 2009, se il credito è evidenziato nella colonna 16 o 28 del Quadro RR (credito dell'anno precedente) o dell'anno 2010 se il credito emerge dalla dichiarazione 2011.

Sarà quindi indicato il periodo di riferimento (l'anno 2009 ovvero il 2010, secondo quanto appena evidenziato) e l'importo che si intende compensare.

(INPS - Circ. n. 84 del 13 giugno 2011)

PRESIDENTE COOPERATIVA PUO' ESSERE ANCHE LAVORATORE DIPENDENTE

Può esistere un rapporto di lavoro subordinato del socio con la società cooperativa anche se ricopre il ruolo di presidente della cooperativa stessa. Questo poiché pur avendo il potere di rappresentanza dell'azienda non è investito di potere deliberativo che resta in capo al consiglio di amministrazione. Questo è anche il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, reso con riferimento agli amministratori di società di capitali, ma mutuabile anche nell'ambito delle società cooperative.

Tale giurisprudenza ha in primo luogo sancito un principio di assoluta incompatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente di una società e la carica di amministratore unico della medesima. Analoga esclusione ricorre nel caso in cui il socio partecipi (direttamente o indirettamente) al capitale sociale in una misura capace di assicurargli, da sola, la maggioranza richiesta per la validità delle deliberazioni assembleari, tanto da risultare sovrano della società stessa, rispetto alla quale, pertanto, non può assumere contemporaneamente anche la diversa figura di lavoratore subordinato.

Ma la carica di presidente, in sé considerata, non è incompatibile con lo status di lavoratore subordinato in quanto anche il presidente di società, al pari di qualsiasi membro del consiglio di amministrazione, può essere soggetto alle direttive, alle decisioni ed al controllo dell'organo collegiale. Tale affermazione non è neppure contraddetta dall'eventuale conferimento del potere di rappresentanza al presidente, atteso che tale delega non estende automaticamente allo stesso i diversi poteri deliberativi.

Perciò anche nei confronti del presidente di cooperativa può essere ammessa la compatibilità della carica ricoperta con il lavoro subordinato, ogniqualvolta ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:

1) il potere deliberativo diretto a formare la volontà dell'ente sia affidato ad un organo diverso (consiglio di amministrazione o amministratore unico);

2) il presidente svolga, in concreto e nella veste di lavoratore dipendente, mansioni estranee al rapporto organico con la cooperativa, contraddistinte dai caratteri tipici della subordinazione anche, eventualmente, nella forma attenuata del lavoro dirigenziale.

PENSIONAMENTO PIÙ FACILE per i LAVORATORI IN MOBILITÀ

La riforma pensionistica di cui alla legge n. 247/2007 prevede una salvaguardia per 10.000 lavoratori già collocati in mobilità ordinaria, che avrebbero maturato i requisiti pensionistici previgenti durante il periodo di durata dell'indennità di mobilità ordinaria.

A seguito delle innovazioni introdotte dalla legge n. 122/2010 in materia di accesso al pensionamento, il Ministero del lavoro fornisce l'indirizzo interpretativo favorevole alla ammissibilità allo scrutinio per la verifica del riconoscimento della salvaguardia dei lavoratori ultracinquantenni licenziati che erano stati collocati in mobilità ordinaria prima di accedere al programma di reimpiego previsto dalla legge n. 127 del 2006.

Gli interessati possono accedere alla salvaguardia a condizione che:

1) siano stati collocati in mobilità ordinaria a seguito di accordi conclusi entro il 15 luglio 2007;

2) perfezionino i requisiti di età e contribuzione entro la durata dell'indennità di mobilità ordinaria.

All'individuazione di tale durata concorrono esclusivamente le sospensioni dall'indennità, dovute a ripresa di attività lavorativa, intervenute fino al 31 maggio 2008.

INPS, GUARDIA DI FINANZA, AGENZIA DELLE ENTRATE: L'ATTIVITÀ DI VIGILANZA COORDINATA

INPS, Guardia di finanza e Agenzia delle entrate hanno stretto un rapporto sinergico costante come strumento per migliorare l'efficacia e l'efficienza delle reciproche attività istituzionali, finalizzate anche ai controlli sui corretti adempimenti degli obblighi di natura fiscale e contributiva.

Nell'ambito di tale attività vengono trasmessi da INPS e Agenzia i dati e gli elementi rilevati in sede di attività di controllo, utili sia ai fini di un diretto utilizzo in fase di recupero dei contributi evasi sia per la predisposizione di ulteriori accertamenti.

A tale attività ispettiva partecipa anche il Comando generale della Guardia di finanza che, nell'ambito delle sue attività, svolge puntuali azioni di recupero nell'ambito fiscale e, quindi, contributivo.

Con apposito flusso telematico, vengono trasmessi all'INPS dall'Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza i dati relativi a:

a) ispezioni in corso con l'indicazione dell'Ente e organismo che sta procedendo e ispezioni concluse per non sottoporre ad azioni di vigilanza la stessa azienda da parte di più corpi ispettivi;

b) dati e elementi rilevati in sede di attività di controllo con cadenza settimanale.

In sede di controllo aziendale gli ispettori fotografano la situazione riscontrata, in particolare indicano, oltre ai dati dell'azienda oggetto dell'ispezione, anche i dati del datore di lavoro, dei lavoratori trovati a lavorare in azienda e alcuni elementi relativi alla retribuzione e alla qualifica da loro rivestita, utili per il calcolo della contribuzione eventualmente dovuta dall'azienda.

Vengono inoltre conosciuti ulteriori elementi presenti sul Libro unico del lavoro (Lul), se acquisito.

Se le informazioni riportate nei verbali telematici riguardanti lavoratori non in regola sono sufficienti a evidenziare una inadempienza contributiva gli uffici INPS calcoleranno, nei confronti dell'azienda, l'addebito contributivo. Nei casi in cui invece le informazioni non sono sufficienti per l'addebito contributivo, dovranno essere integrate con i dati rilevabili dai verbali cartacei in possesso degli uffici stessi.

AZIENDE DEL GAS E ACQUA: UNA TANTUM SULLE PRESTAZIONI INPS

Ai lavoratori dipendenti dalle aziende pubbliche e private che gestiscono i servizi relativi alla distribuzione e vendita del gas e al ciclo integrale dell'acqua è stato pagato a titolo di arretrati retributivi un importo forfettario una tantum. Gli importi dell'una tantum risultano differenziati a seconda del settore di appartenenza (gas o acqua) e del livello di inquadramento del lavoratore interessato.

L'una tantum, comprensivo dell'incidenza sugli istituti retributivi diretti ed indiretti di origine legale o contrattuale, è suddivisibile in quote mensili (quattordicesimi) in relazione ai mesi interi per i quali è stata corrisposta la retribuzione a carico dell'azienda nel periodo 1° gennaio 2010-28 febbraio 2011.

La frazione di mese pari o superiore a 15 giorni è considerata, ai predetti fini, come mese intero.

Nel caso di prestazione a tempo parziale, l'importo è corrisposto in misura proporzionale all'entità della prestazione lavorativa.

L'una tantum è esclusa dalla base di calcolo del trattamento di fine rapporto e non compete per i periodi mensili nei quali si è verificata una sospensione della prestazione lavorativa senza diritto alla retribuzione (es.: servizio militare, aspettativa, congedo parentale, cassa integrazione guadagni a zero ore settimanali). Sono, invece, considerate utili ai fini della maturazione dell'una tantum le assenze dal lavoro per malattia, infortunio, gravidanza e puerperio, congedo matrimoniale intervenute nel periodo 1° gennaio 2010-28 febbraio 2011, che abbiano dato luogo al pagamento di trattamenti economici previdenziali a carico dell'INPS e, ove dovuto, all'integrazione a carico delle aziende.

Circa i riflessi sulle prestazioni economiche di malattia e di maternità (nonché sui riposi orari post-partum, sulle «retribuzioni» corrisposte ai donatori di sangue e sulle altre prestazioni a carico dell'INPS conguagliabili con i contributi) erogate nel periodo a cui si riferiscono gli arretrati retributivi in questione, gli emolumenti vanno conteggiati nei limiti della quota riferita al mese considerato.

Per malattia e maternità la corresponsione della somma può rilevare per i soli eventi iniziati tra i mesi di febbraio 2010 e di marzo 2011 (salvo, per la malattia, il caso di ricaduta).

Per quanto attiene agli effetti riflessi sulle integrazioni salariali, ordinarie e straordinarie, le quote relative ai periodi integrati nell'arco di tempo sopraindicato possono essere pagate entro la capienza del limite stabilito dai massimali mensili.