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UFFICIO DEL PERSONALE

domenica 10 aprile 2011

DICHIARAZIONE CONGIUNTA: FIRME FALSE TRA CONIUGI ED EFFETTI FISCALI

La moglie il cui nome è stato utilizzato dal marito al fine di continuare, in modo occulto, l'esercizio della sua attività imprenditoriale, non può sottrarsi al recupero delle somme non corrisposte al Fisco. Ad avviso della Cassazione (Sent. n. 3944 del 21 febbraio 2011) il coniuge ingannato può chiedere all'altro il risarcimento del danno ma il raggiro non costituisce mai una circostanza esimente per il Fisco



Con la Sent. n. 3944 del 21 febbraio 2011, la Corte di Cassazione afferma che il fatto che la moglie non sappia che il marito utilizza il suo nome al fine di continuare, in modo occulto, l'esercizio della sua funzione imprenditoriale non costituisce un'esimente dall'obbligo del recupero delle somme non corrisposte al Fisco.

È infatti valida la cartella di pagamento notificata alla moglie anche se il marito, co-dichiarante, ha falsificato la firma del coniuge facendola figurare, a sua insaputa, come imprenditore.

Ciò può costituire un diritto di rivalsa del coniuge nei confronti del marito, ma certo non comporta un'esimente fiscale da parte della stessa.

La decisione della Suprema Corte si inserisce nel novero della giurisprudenza formatasi in tema di responsabilità per le obbligazioni giuridiche d'imposta derivanti dall'utilizzo della dichiarazione dei redditi congiunta.

IL FATTO

La pronuncia concerne una particolare vicenda tra due coniugi, che avevano costituito una società in accomandita semplice, gestita di fatto dal marito (che si presume, pertanto, socio accomandatario), per cui la moglie risultava socio accomandante. La società veniva poi dichiarata fallita ed una cartella di pagamento per inerenti debiti tributari intestata alla moglie veniva notificata soltanto al marito.

La contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale, eccependo di non essere neppure a conoscenza della qualifica di socio accomandante rivestita, atteso che il marito non l'aveva mai informata di ciò, e neppure l'aveva mai messa al corrente degli atti impositivi da lui ricevuti ma a lei intestati. Il coniuge, infatti, aveva falsificato la sua firma in diversi documenti destinati all'Amministrazione finanziaria, al fine di proseguire l'attività imprenditoriale, lasciandola completamente ignara degli accadimenti.

Tuttavia il ricorso veniva respinto dai giudici di primo grado con decisione che veniva asseverata anche dalla Commissione tributaria regionale, ritenendo valida la notifica effettuata secondo le norme del codice di rito (art. 139, comma 2, c.p.c.).

Il giudicato del riesame veniva opposto in Cassazione dalla soccombente, denunciando violazione dell'art. 138 c.p.c. (in base al quale l'ufficiale giudiziario esegue la notificazione di regola mediante consegna della copia nelle mani proprie del destinatario, presso la casa di abitazione oppure, se ciò non è possibile, ovunque lo trovi nell'ambito della circoscrizione dell'ufficio giudiziario al quale è addetto), in relazione connessa violazione del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., per aver i giudici d'appello ritenuto valida la notifica al marito della sua cartella di pagamento, nonostante la contribuente non fosse neppure al corrente della qualità rivestita in seno alla società e la sua firma fosse stata più volte falsificata dal coniuge, tenendola all'oscuro di tutto, compresa la declaratoria di fallimento.

LA NORMATIVA DI SETTORE NEL SISTEMA DELLE IMPOSTE SUL REDDITO

Prima di analizzare la soluzione apposta dalla Corta di Cassazione alla vertenza in oggetto, occorre premettere un richiamo al sistema normativo della dichiarazione congiunta nell'imposizione sui redditi, evidenziando al riguardo che la facoltà dei coniugi di presentare il Modello 740 su un unico modello riportante i redditi di ciascuno di essi, hanno potuto essere presentate fino all'anno di imposta 1997 e che, successivamente, con l'introduzione del cd. «Modello UNICO» dal periodo di imposta 1998, ciascun contribuente ha dovuto dichiarare i propri redditi in via e forma del tutto autonoma e senza alcun riferimento alla propria posizione familiare.

In tale contesto, l'art. 7 del D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, ha abrogato l'art. 6 del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, che concerneva la «dichiarazione congiunta in materia di imposte sui redditi», mentre l'art. 9, comma 6, dello stesso D.P.R. n. 322/1998 ha cassato definitivamente, con effetto dal 22 settembre 1998, l'art. 17, comma 1, della legge n. 114/1977, che prevedeva la facoltà dei coniugi non legalmente ed effettivamente separati di presentare su uno stesso modello la dichiarazione unica dei redditi di ciascuno di essi.

Il comma 2 dell'art. 17 della legge n. 114/1977 dispone, ai fini della liquidazione dell'IRPEF risultante dalla dichiarazione presentata a norma del comma 1, che le imposte nette determinate separatamente per ciascuno dei coniugi si sommano e le ritenute e i crediti d'imposta si applicano sul loro ammontare complessivo.

Di particolare interesse il comma 3, il quale prevede che nell'ipotesi dedotta nel primo comma, la notifica della cartella dei pagamenti dell'IRPEF iscritta nei ruoli è eseguita nei confronti del marito, e che (comma 4) gli accertamenti in rettifica sono effettuati a nome di entrambi i coniugi e notificati a norma del comma 3.

L'ultimo comma prevede infine che i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento dell'imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito (si ricorda che l'art. 26, comma 1, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 ha abolito la soprattassa e la pena pecuniaria, sostituendola, a far data dal 1° aprile 1998, con la «sanzione pecuniaria»).

Và aggiunto che la legge n. 114/1977 è di poco posteriore alla riforma del diritto di famiglia (L. 19 maggio 1975, n. 151), e che in base a quest'ultima il regime patrimoniale legale della famiglia è costituito, in mancanza di diversa convenzione, dalla comunione dei beni (art. 159 c.c.), atteso che la facoltà dei coniugi non legalmente separati di presentare una dichiarazione unica dei redditi, ai sensi dell'art. 17 legge n. 114/1977, non è in alcun modo legata ad un determinato regime patrimoniale della famiglia e non è quindi preclusa dalla presenza del regime della separazione dei beni, conseguendone che anche la responsabilità solidale derivante dall'ultimo comma dell'art. 17 non è esclusa dalla circostanza che il regime patrimoniale della famiglia sia quello della separazione dei beni (Cass. 13 luglio 1999, n. 7393). Peraltro, la separazione dei beni tra i coniugi è un regime patrimoniale della famiglia, in base al quale ciascuno di loro conserva la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio (art. 215 c.c.).

Comunque, occorre rilevare che l'impalcatura generale dell'art. 17 in questione consisteva, a fronte del possibile vantaggio derivante dalla dichiarazione congiunta dei redditi, nella «semplificazione» delle modalità di accertamento e notifica, poiché dette operazioni erano validamente compiute dall'Ufficio mediante iscrizione a ruolo dei tributi a nome del marito, e mediante la notifica di accertamenti (a nome dei due coniugi) nuovamente al solo marito (Circ. 11 marzo 1978, n. 5).

L'abrogazione della norma contenuta nel comma 1 risponde ad esigenze di coordinamento, in quanto la disciplina recata, tra l'altro, dall'art. 6 del D.P.R. n. 322/1998 è stata trasfusa nel decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164, contenente il Regolamento recante norme per l'assistenza fiscale resa dai Centri di assistenza fiscale per le imprese e per i dipendenti, dai sostituti d'imposta e dai professionisti. Né tale evento ha escluso la possibilità per i coniugi di avvalersi della dichiarazione Modello 730 in forma congiunta, per le denunce presentate dal 1° gennaio 1999, considerato che tale facoltà è espressamente prevista dall'art. 13, comma 4, del detto D.M. n. 164/1999, che dispone testualmente: «I coniugi non legalmente ed effettivamente separati, non in possesso di redditi di lavoro autonomo o d'impresa di cui agli artt. 49, comma 1, e 51 del citato T.U.I.R., possono adempiere agli obblighi di dichiarazione dei redditi con le modalità di cui ai commi da 1 a 3, anche presentando dichiarazione in forma congiunta, purché uno dei coniugi sia in possesso di redditi indicati nei commi 1 e 3» (v. Circ. 25 gennaio 2002, n. 6).

MODALITÀ DI PRESENTAZIONE DELLA DICHIARAZIONE CONGIUNTA

Nella specie, la Circ. 9 aprile 2008, n. 36, prevede al «punto 1.3 Dichiarazione congiunta», che i coniugi non legalmente o effettivamente separati possono presentare la dichiarazione dei redditi in forma congiunta, se almeno uno dei coniugi si trova nelle condizioni che consentono di utilizzare il Modello 730.

La dichiarazione congiunta non può essere presentata se uno dei coniugi nell'anno di riferimento è titolare di redditi che non possono essere dichiarati con il Modello 730 o, comunque, se è tenuto a presentare il Modello UNICO/Persone fisiche.

Se entrambi i coniugi possono avvalersi dell'assistenza fiscale, scelgono a quale dei rispettivi sostituti presentare la dichiarazione e, in tal caso, il coniuge che ha come sostituto il soggetto al quale è presentata la dichiarazione deve essere indicato come dichiarante barrando l'apposita casella nel frontespizio del modello. Nell'ipotesi in cui la dichiarazione congiunta è presentata ad un CAF o ad un professionista abilitato, deve essere indicato come dichiarante il soggetto che ha scelto il proprio sostituto per le operazioni di conguaglio.

Non è possibile presentare la dichiarazione congiunta se il coniuge è deceduto o se si presenta la dichiarazione per conto di altri contribuenti (ad es. per persone incapaci, minori, ecc.).

I coniugi che presentano la dichiarazione congiunta, pur provvedendo alla liquidazione dell'IRPEF separatamente per ciascuno di essi, devono sommare gli importi delle imposte lorde corrispondenti a ciascun reddito imponibile e diminuire il risultato dell'ammontare complessivo delle detrazioni d'imposta, dei crediti d' imposta e delle ritenute d'acconto.

Importante è, infine, sottolineare che i coniugi che presentano la dichiarazione congiunta devono compilare ciascuno il rigo F1 del proprio Modello 730, indicando l'importo degli acconti versati con riferimento alla propria IRPEF e alla propria addizionale comunale all'IRPEF (per il periodo in corso, v. il Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 17 gennaio 2011 di approvazione del Modello 730/2011).

In ogni caso, dato atto che la presentazione di una dichiarazione congiunta a doppia sottoscrizione è una facoltà e non un obbligo, anche da parte di coniugi legalmente ed effettivamente conviventi, la presentazione di una dichiarazione in forma congiunta dà luogo a responsabilità solidale del coniuge del contribuente.

Chi presenta la dichiarazione congiunta (ed usufruisce dei vantaggi che possono essere connessi a tale forma di dichiarazione, come la predetta sommatoria delle imposte calcolate separatamente per ciascuno dei due coniugi e dell'applicazione nel loro ammontare complessivo delle ritenute e dei crediti di imposta) assume su di sé anche i rischi inerenti alla disciplina propria dell'istituto.

IL GIUDIZIO DI CASSAZIONE

Con la Sent. n. 3944/2011 in esame, respingendo il ricorso della contribuente, la Sezione Tributaria della Cassazione ha spiegato che in siffatte vicende il coniuge ingannato può chiedere all'altro il risarcimento del danno ma il raggiro non costituisce mai una circostanza esimente per il Fisco.

Infatti, secondo un consolidato orientamento di legittimità (tra le altre, Cass. 21 dicembre 2007, n. 27005; nonché Cass. 30 giugno 2006, n. 15175; 15 settembre 2006, n. 19896; 26 marzo 2009, n. 7266), nell'ipotesi di dichiarazione congiunta ex art. 17 della legge n. 114/1977, per effetto della solidarietà tra i due coniugi prevista dalla legge, la tempestiva notifica al marito dell'avviso di accertamento e/o della cartella di pagamento impedisce qualsiasi decadenza dell'Amministrazione finanziaria anche nei confronti della moglie co-dichiarante; inoltre, la pendenza del processo tra l'Amministrazione finanziaria ed il coniuge determina la sospensione di qualsiasi termine decadenziale o prescrizionale riguardo alla moglie co-dichiarante.

Infatti, nell'ipotesi suddetta, l'art. 14 della legge n. 114/1977, come si è visto, ha concesso (comma 1) ai «coniugi non legalmente ed effettivamente separati» la «facoltà» di «presentare su unico modello la dichiarazione unica dei redditi di ciascuno di essi», disponendo altresì:

1) al comma 3, che «nell'ipotesi prevista dal comma 1, la notifica della cartella dei pagamenti dell'imposta sul reddito ... iscritta nei ruoli è eseguita nei confronti dei marito»;

2) al comma 4, che «gli accertamenti in rettifica sono effettuati a nome di entrambi i coniugi e notificati a norma dei comma precedente»;

3) al comma 5, che «i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento dell'imposta, soprattasse, pene pecuniarie ed interessi iscritti a ruolo a nome del marito».

In ordine a tale complesso quadro normativo è stato in primo luogo confermato che con la volontaria, libera scelta di presentare la dichiarazione congiunta, i coniugi dichiaranti hanno accettato «anche i rischi inerenti alla disciplina propria dell'istituto» (Cass. 22 agosto 2002, n. 12371; cfr. anche Cass. 11 febbraio 2003, n. 2021), in particolare, per quanto interessa la fattispecie, quelli connessi (a) alla previsione della notifica al solo marito sia della «cartella dei pagamenti dell'imposta sul reddito» che degli «accertamenti in rettifica» e (b) alle conseguenze (sostanziali e processuali) proprie delle obbligazioni solidali.

Ne deriva che per effetto della scelta legislativa in questione, e fatto comunque salvo - al fine di evitare qualsiasi vulnus al suo diritto di difesa (cfr. C. Cost. n. 128 del 3 maggio 2000) - il diritto della moglie a proporre autonoma impugnazione per contestare gli accertamenti a carico del marito (al quale, infatti, non è attribuita la legittimazione ad agire anche per il coniuge), l'insorgenza della responsabilità solidale della moglie co-dichiarante non richiede che sia notificato anche ad essa l'avviso di accertamento essendo sufficiente la notifica effettuata al solo marito (cfr. Cass. 14 febbraio 2001, n. 2168; 15 ottobre 2006, n. 19896; 30 marzo 2007, n. 7906).

Con particolare riguardo al fatto che in caso di dichiarazione fiscale congiunta va escluso l'obbligo in capo al Fisco di provvedere alla notifica degli accertamenti e delle cartelle ad entrambi i coniugi, è stato anche affermato (Cass. n. 25338 del 15 dicembre 2010) che il tenore letterale della disposizione contenuta nell'art. 17 della legge n. 114/1977 è chiarissimo, cosicché per i coniugi presentare la dichiarazione dei redditi congiunta costituisce una facoltà e non certo un obbligo: chi lo fa usufruisce dei vantaggi relativi ma se ne assume anche i rischi. La norma prevede esplicitamente le notifiche nei confronti del solo marito e la responsabilità in solido nei pagamenti per entrambi i coniugi; i quali sono titolari di un'unica posizione fiscale che pure scaturisce dalla confluenza di redditi prodotti da soggetti diversi. La moglie, dunque, non può dolersi della mancata notifica degli avvisi di accertamento in rettifica e delle cartelle esattoriali: si tratta infatti del frutto di una sua precisa scelta.

Va sottolineato che, comunque, la moglie come coniuge co-dichiarante può impugnare l'avviso di mora a lei indirizzato contestando gli accertamenti a carico del marito - cui non è attribuita la legittimazione ad agire anche per il coniuge -, e la mancata notifica diretta degli atti precedenti, venendo altrimenti «vulnerato» il diritto di difesa della moglie (art. 24 Cost.), che rimane corresponsabile delle maggiori imposte e degli accessori relativi a quell'accertamento (Cass. 27 ottobre 2010, n. 21959). È così evidente come nel sistema della disposizione in narrativa non rilevi, al fine dell'insorgere della responsabilità solidale della moglie co-dichiarante, la notifica a quest'ultima delle sopravvenute pronunce del giudice tributario in ordine ai ricorsi del proprio marito, né la sopravvenuta separazione giudiziale, né la cessazione degli effetti civili del matrimonio (Cass. 3 dicembre 2009, n. 25486).

Occorre anche ricordare che il riferito art. 17 della legge n. 114/1977, secondo cui «quando i coniugi presentano una dichiarazione congiunta», «la notifica della cartella dei pagamenti dell'imposta sul reddito ... va eseguita nei confronti del solo marito», è passato indenne al vaglio della Corte Costituzionale che ha respinto ogni dubbio di legittimità per ipotizzate violazioni del principio di difesa (cfr. Ordd. 29 gennaio 1998, n. 4; 26 febbraio 1998, n. 36; 3 maggio 2000, n. 128), per cui è erronea la tesi della ricorrente secondo cui la notifica della cartella esattoriale dovesse avvenire anche nei confronti della contribuente, anziché del solo marito.

È da aggiungere, inoltre, che la sistematica sulla dichiarazione congiunta nel suo complesso non è stata ritenuta illegittima dalla Corte Costituzionale in quanto non viola né l'art. 17 della legge n. 114/1977, «poiché è rimessa ai contribuenti la libera scelta del sistema di dichiarazione da adottare (congiunta o meno), con i conseguenti vantaggi ed oneri ad essa connessi, per cui la valutazione sulla solidarietà dei dichiaranti, solidarietà che non appare irragionevole nel quadro normativo di riferimento, spetta esclusivamente al legislatore» (Sent. n. 184 del 12 aprile 1989), né in contrasto con gli artt. 1, 6 e 7 della legge n. 212 del 27 luglio 2000 (Statuto del contribuente), in relazione agli artt. 3, 23, 24, 53 e 97 Cost. (Ordd. n. 215 e n. 216 del 6 luglio 2004).

Peraltro, occorre anche rilevare che un caso similare era già stato affrontato dalla Sent. 14 febbraio 2001, n. 2168, nella quale la Suprema Corte ha affermato che la disposizione dell'art. 17 della legge n. 114/1977, è applicabile anche allorché i coniugi siano partecipi di un'impresa familiare gestita dal marito, conseguendone che la moglie partecipante a detta impresa familiare risponde del reddito, accertato ai fini IRPEF nei confronti del marito, sia per la propria quota sia, in via solidale, per quella del marito. Ove però l'accertamento sia divenuto definitivo per mancata impugnazione da parte del marito cui l'accertamento stesso è stato notificato, la moglie è legittimata ad impugnare gli atti conseguenti (nella specie la cartella esattoriale), deducendo i vizi dell'avviso di accertamento, però limitatamente alla percentuale di partecipazione ad essa riferibile.

Dalle esposte argomentazioni è derivato il fatto che, nel caso trattato dalla Sent. n. 3944/2011, la circostanza per cui il marito avesse nascosto alla moglie la prosecuzione, soltanto da parte sua, dell'attività d'impresa poi fallita, non poteva certamente precludere all'Amministrazione fiscale l'accertamento e la riscossione delle imposte dovute, ma poteva consentire, invece, il diritto di rivalsa nei confronti del marito. Così come il fatto che quest'ultimo avesse utilizzato il nominativo e la falsa sottoscrizione della moglie non poteva esimerla dall'adempimento dell'obbligazione tributaria, ma poteva sicuramente costituire motivo di richiesta di risarcimento danni davanti all'autorità giudiziaria ordinaria nei confronti del marito.

In definitiva, quindi, ad avviso della Cassazione, la cognizione circa le possibili conseguenze di una scelta altrettanto consapevole, come quella di procedere alla predisposizione congiunta della dichiarazione dei redditi, è sufficiente a superare le doglianze relative alla possibile soluzione del vincolo di solidarietà interposto ex lege.

EFFETTI CIVILISTICI

Un ulteriore rilevante effetto che deriva dalla Sent. n. 3944/2011, consiste nel fatto di assumere che, in virtù del quinto comma dell'art. 17 della legge n. 114/1977, che sancisce espressamente la solidarietà tra i coniugi «per il pagamento dell'imposta, soprattasse, pene pecuniarie ed interessi iscritti a ruolo a nome del marito», il vuoto derivante dalla mancanza di disposizioni normative specifiche è stato colmato dalla giurisprudenza di legittimità, imponendo di applicare le ordinarie norme civilistiche, quali in particolare:

- l'art. 1310 c.c., sugli effetti interruttivi della prescrizione, per il cui comma 1, «gli atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido ... hanno effetto riguardo agli altri debitori ...», a proposito della quale la Suprema Corte (Sent. n. 6729 del 14 giugno 1995) - premesso che «pur essendo diverso il fondamento della decadenza rispetto a quello della prescrizione (in relazione alla quale è dettato l'art. 1310 c.c.), è innegabile che l'atto che impedisce la decadenza e quello interruttivo della prescrizione hanno in comune la funzione di conservare il diritto senza incidere su alcuna posizione soggettiva del soggetto passivo del rapporto» - ha già specificamente statuito che, alla stregua della disciplina dettata dal Codice civile con riguardo alla solidarietà fra coobbligati, applicabile, in mancanza di specifiche deroghe di legge, anche alla solidarietà fra debitori d'imposta, l'avviso di accertamento, tempestivamente notificato solo ad alcuni debitori, spiega nei confronti di costoro tutti gli effetti che gli sono propri mentre, nei rapporti tra l'Amministrazione finanziaria e gli altri condebitori ai quali non sia stato notificato validamente, pur non essendo idoneo a produrre effetti che possano comportare pregiudizio di posizioni soggettive dei contribuenti (quali il decorso dei termini di decadenza per impugnare l'accertamento medesimo) determina pur sempre l'effetto conservativo di impedire la decadenza dell'Amministrazione stessa dal diritto all'accertamento consentendole quindi la notifica o la rinnovazione della stessa anche dopo la scadenza del termine all'uopo stabilito (v. Cass. 3 aprile 1978, n. 1503; 23 luglio 1987, n. 6426; 14 gennaio 1993, n. 406);

- l'art. 2945 c.c., («per effetto della interruzione s'inizia un nuovo periodo di prescrizione»; «se l'interruzione è avvenuta mediante uno degli atti indicati dai primi due commi dell'art. 2943, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio»), atteso che (Cass. 23 marzo 2005, n. 6224) la disciplina dell'art. 1310 c.c., comma 2, sull'estensibilità dell'interruzione della prescrizione agli altri condebitori solidali va completata con la disciplina degli effetti della durata dell'interruzione, contenuta nell'art. 2945 c.c., con la conseguenza che l'azione giudiziaria e la pendenza del relativo processo determina l'interruzione permanente della prescrizione anche nei confronti del condebitore rimasto estraneo al giudizio. (Cass. 15 giugno 2001, n. 8136; nonché Cass. 6 dicembre 2000, n. 15511; 28 marzo 1994, n. 2988; 21 giugno 1988, n. 4244).

Sulla base del derivato complesso normativo codicistico, ne consegue che per effetto della solidarietà ex lege prevista nei casi specifici:

1) la tempestiva notifica al marito dell'avviso di accertamento, come della cartella di pagamento, impedisce qualsiasi decadenza dell'Amministrazione finanziaria anche nei confronti della moglie co-dichiarante;

2) la pendenza del processo tra l'Amministrazione ed il marito determina la sospensione di qualsiasi ulteriore termine (di decadenza come di prescrizione) pure riguardo alla stessa moglie co-dichiarante.

LA CORRESPONSABILITÀ NELLA DICHIARAZIONE CONGIUNTA

La linea interpretativa univoca della giurisprudenza di legittimità (Sent. 8 ottobre 2010, n. 20856; Ord. n. 25486 del 3 dicembre 2009; Sent. n. 16453 del 18 giugno 2008), con la quale la Suprema Corte fa proprio l'indirizzo espresso dalla Corte Costituzionale (Ord. n. 316 del 22 ottobre 1987, n. 301 del 10 marzo 1988, n. 187 del 29 aprile 1991), sottolinea che la presentazione di una dichiarazione congiunta non costituisce un obbligo, bensì una facoltà che esprime una libera scelta che una volta compiuta fa sì che i coniugi assumano in toto le conseguenze stabilite dall'art. 17 della legge n. 144/1977, «vantaggiose ed eventualmente svantaggiose, senza riguardo alle vicende cui può andare incontro ciascuno dei coniugi (Sentt. 20 giugno 2000, n. 8335; 7 luglio 2000, n. 9144) o il regime patrimoniale della famiglia (Sent. n. 7393 del 13 luglio 1999) o il matrimonio stesso in caso di separazione» (Sent. n. 4863 del 5 aprile 2002).

È quindi valida la considerazione che, pur essendo l'accertamento ufficioso necessariamente posteriore alla dichiarazione congiunta, il reddito cui esso si riferisce fu omesso o infedelmente indicato in occasione di tale dichiarazione, con cui entrambi i coniugi assunsero liberamente e consapevolmente, di fronte al Fisco, la responsabilità solidale. Anche la loro specifica capacità contributiva, ai sensi dell'art. 53 Cost., va quindi valutata con riferimento all'epoca della dichiarazione, senza possibilità di attribuire giuridica rilevanza ad avvenimenti - come, ad es., la separazione, il divorzio, la morte di uno dei coniugi o la cessazione dell'impresa familiare - posteriori ed estranei a quella libera scelta (cfr. C. Cost., Sent. n. 184/1989 cit.).

Giova sottolineare che, secondo la Suprema Corte, la moglie, avvalendosi per libera scelta della dichiarazione congiunta, introduce volontariamente l'obbligo di solidarietà con la responsabilità tributaria del marito, per ogni tributo iscritto a ruolo a carico di quest'ultimo, ivi compresi anche i tributi afferenti accertati nei confronti del marito asseritamente derivanti da reato (Cass. 3 aprile 2003, n. 5202; 18 giugno 2008, n. 16453; 8 ottobre 2010, n. 20856).

«Poiché l'obbligazione assunta volontariamente dal coniuge non è relativa ad un proprio debito, ma deriva dal vincolo di solidarietà nei confronti dell'altro coniuge, ove la contestazione del maggior reddito nei confronti di quest'ultimo venga a cadere, cade anche l'obbligazione assunta in via solidale dall'altro coniuge» (Cass. 29 ottobre 2007, n. 22692).

All'inverso, allorché i coniugi presentino dichiarazione congiunta dei redditi, e poi uno solo di essi, per la definizione agevolata della propria personale posizione, presenti istanza di condono, i cui effetti non si estendono ai redditi accertati a carico del coniuge co-dichiarante, il debito d'imposta di quest'ultimo permane ed è assistito dalla corresponsabilità solidale di entrambi i coniugi, ai sensi ed agli effetti dell'ultimo comma dell'art. 17 legge n. 114/1977 (ex multis, Cass. nn. 12371/2002 e 2021/2003 cit.).

LA POSIZIONE DELL'AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA

Univoco si presenta al riguardo anche l'orientamento di prassi dell'Amministrazione finanziaria (Riss. 25 gennaio 1978, n. 5415; 2 marzo 1979, n. 1020; 3 marzo 1979, n. 1269; 26 febbraio 1980, n. 664; n. 2006 del 26 giugno 1985), il quale ha rilevato che, siccome il quinto comma dell'art. 17 della legge n. 114/1977 prevede espressamente che «i coniugi sono responsabili in solido del pagamento dell'imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito», per effetto di tale disposizione è stato introdotto nel campo della riscossione un particolare caso di «responsabilità solidale» che nasce per il fatto che i coniugi hanno presentato congiuntamente la loro dichiarazione dei redditi.

L'imposta scaturente dalla dichiarazione congiunta, pertanto, va iscritta a ruolo ai sensi dell'art. 17, a nome del marito e conseguentemente anche la cartella esattoriale, che dal ruolo trae la sua legittimazione, riporterà esclusivamente le generalità e il domicilio dell'unico contribuente iscritto a ruolo, cioè del dichiarante (marito).

In caso poi di mancato pagamento del tributo, anche l'avviso di mora, al fine di realizzare l'indispensabile corrispondenza fra gli elementi del ruolo e quelli dei documenti che da questo trovano legittimazione, dovrà riportare esclusivamente l'indicazione del contribuente iscritto a ruolo.

Detta interpretazione resta avvalorata dal quarto comma dell'art. 17, secondo cui gli «accertamenti in rettifica» vengono notificati «nei confronti del marito», producendo altresì, tale particolare «responsabilità solidale», effetti anche in sede di espletamento della procedura esecutiva.

In ultima analisi, e per concludere, è da rilevare assoluta assonanza interpretativa tra il pensiero dell'Amministrazione finanziaria e le trame argomentative del profluvio giurisprudenziale delle supreme magistrature (Corte Costituzionale e Corte di Cassazione) nel riconoscere che la responsabilità solidale della moglie si estende alle obbligazioni derivanti dal successivo accertamento di un maggior reddito a carico del marito.


di Salvatore Servidio

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