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UFFICIO DEL PERSONALE

domenica 17 aprile 2011

Dal 1° luglio 2011, gli avvisi di accertamento saranno atti esecutivi

La trasformazione, dal prossimo 1° luglio 2011, degli avvisi di accertamento in atti esecutivi, determinerà una drastica accelerazione della riscossione delle somme dovute in pendenza di giudizio in conseguenza della presentazione del ricorso, imponendo così un utilizzo sempre più massiccio dell'istituto della sospensione cautelare.



LA SOSPENSIONE CAUTELARE
PROBLEMI APPLICATIVI


L'art. 47 del D.Lgs. n. 546/1992 reca la disciplina della sospensione cautelare nel processo tributario. Trattasi di istituto non presente nell'abrogato D.P.R. n. 636/1972 e sul quale fin dalle prime battute si è incentrata l'attenzione dei cultori del diritto.

La norma è tornata peraltro prepotentemente alla ribalta dopo l'entrata in vigore dell'art. 29 del D.L. n. 78/2010 che, dal prossimo 1° luglio 2011, trasformerà gli avvisi di accertamento in atti esecutivi, cioè in atti che incorporano in sé anche la cartella esattoriale. È infatti chiaro che tale novità, determinando una drastica accelerazione della riscossione delle somme dovute in pendenza di giudizio in conseguenza della presentazione del ricorso, imporrà un utilizzo sempre più massiccio dell'istituto della sospensione cautelare.

LA SOSPENSIONE CAUTELARE

La norma, che non ha mai subìto modifiche dalla sua entrata in vigore, è suddivisa in otto commi e disciplina compiutamente le regole del procedimento.

In estrema sintesi essa stabilisce che:

-- il ricorrente, se dall'atto impugnato può derivargli un danno grave ed irreparabile, può chiedere alla commissione provinciale competente la sospensione dell'esecuzione dell'atto stesso con istanza motivata. Due sono pertanto i presupposti:

- la fondatezza della domanda (istanza motivata);

- la sussistenza di un danno qualificato (grave e irreparabile);

-- l'istanza va:

- proposta nel ricorso o con atto separato;

- notificata alle altre parti;

- depositata in segreteria con l'osservanza delle disposizioni di cui all'art. 22 (costituzione in giudizio della parte ricorrente);

-- il Presidente fissa con decreto la trattazione della istanza di sospensione per la prima camera di consiglio utile disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno dieci giorni liberi prima;

-- in caso di eccezionale urgenza il Presidente, previa delibazione del merito, con lo stesso decreto, può motivatamente disporre la provvisoria sospensione dell'esecuzione fino alla pronuncia del collegio;

-- il collegio, sentite le parti in camera di consiglio e delibato il merito, provvede con ordinanza motivata non impugnabile;

-- la sospensione può anche essere:

- parziale

- e subordinata alla prestazione di idonea garanzia. È il legislatore a fissare quale garanzia possa essere offerta al Giudice:

- cauzione;

- fideiussione:

- bancaria;

- o assicurativa;

- nei modi e termini indicati nel provvedimento;

-- se la sospensione è stata concessa, la trattazione della controversia deve essere fissata non oltre novanta giorni dalla pronuncia;

-- gli effetti della sospensione cessano dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado;

-- in caso di mutamento delle circostanze la commissione su istanza motivata di parte può revocare o modificare il provvedimento cautelare prima della sentenza.

L'esperienza applicativa ha dimostrato che il giudice è di solito «incline» a concedere la sospensione cautelare ogniqualvolta ravvisi la sussistenza del «fumus» della domanda e del «danno grave» del contribuente, non richiedendosi cioè la sussistenza dell'ulteriore requisito della irreparabilità, ovvero della irreversibilità del danno.

PROBLEMI APPLICATIVI

Tra i principali problemi applicativi posti dalla norma due sembrano quelli degni di nota.

In primo luogo, è necessario verificare se nel processo tributario l'istanza di sospensione cautelare sia ammissibile anche nel secondo grado di giudizio.

Una lettura piana della norma sembrerebbe escludere a priori questa possibilità.

L'art. 47, infatti, afferma che questa richiesta può essere formulata «alla commissione provinciale competente».

Peraltro, in questo senso depongono anche le norme che disciplinano il grado di appello, che non richiamano mai l'art. 47 citato.

Che questa fosse l'intenzione del legislatore è palesato anche nella relazione governativa alla legge delega n. 413 del 1991, che giustifica l'impossibilità di ottenere la tutela cautelare dal giudice di secondo grado con l'esigenza di evitare strascichi e, perciò, con quella di pervenire rapidamente alla risoluzione della controversia nel merito.

Sulla delicata questione è intervenuta la Corte Costituzionale, con la Sent. 31 maggio 2000, n. 165.

La pronuncia si sofferma su due diversi aspetti posti dai giudici emittenti.

In primo luogo, il giudice tributario dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., della legittimità costituzionale degli artt. 47 e 49 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 nella parte in cui tali norme non consentirebbero, nel processo tributario, la sospensione ope iudicis della esecutività della sentenza di secondo grado, in pendenza di ricorso per cassazione o di ricorso alla commissione tributaria centrale.

La Corte giudica però la questione non fondata, osservando che:

- la disponibilità di misure cautelari costituisce componente essenziale della tutela giurisdizionale garantita dall'art. 24 Cost. (Sentt. n. 336 del 1998, n. 326 del 1997, n. 249 del 1996, n. 253 del 1994, n. 190 del 1985);

- tale principio trova sicuramente applicazione anche nel processo tributario, poiché anche in tal caso sussiste l'esigenza di evitare che la durata del processo vada a danno dell'attore che ha ragione e che, durante il tempo occorrente per l'accertamento in via ordinaria del suo diritto, è esposto al rischio di subire un danno irreparabile.

Tuttavia, osserva la Corte, la garanzia costituzionale della tutela cautelare è imposta solo fino al momento in cui non intervenga, nel processo, una pronuncia di merito che accolga - con efficacia esecutiva - la domanda, rendendo superflua l'adozione di ulteriori misure cautelari, ovvero la respinga, negando in tal modo, con cognizione piena, la sussistenza del diritto e dunque il presupposto stesso della invocata tutela.

Se ne deduce che la previsione di mezzi di tutela cautelare nelle fasi di giudizio successive alla prima pronuncia è rimessa alla discrezionalità del legislatore, con la conseguenza che deve escludersi che l'art. 47, che assicura tale tutela solo anteriormente alla sentenza di primo grado, sia in contrasto con l'art. 24 Cost.

Con la stessa sentenza la Corte afferma poi che nemmeno da una analisi congiunta delle specifiche norme del processo tributario e di quello civile emerge una eventuale illegittimità dell'art. 47 del D.Lgs. n. 546/1992.

In effetti, mentre nel caso di controversie devolute alla cognizione del giudice ordinario è possibile sospendere, ai sensi dell'art. 373 c.p.c., l'esecuzione della sentenza d'appello in pendenza del ricorso per cassazione, tale possibilità non è invece ammessa nell'ipotesi in cui la legge attribuisce la giurisdizione alle commissioni tributarie.

Osserva la Corte che:

«... la censura, investendo la differente latitudine dei poteri del giudice nel processo civile e nel processo tributario, si pone in aperta contraddizione con la giurisprudenza di questa Corte che ha costantemente escluso l'esistenza di un principio (costituzionalmente rilevante) di necessaria uniformità tra i vari tipi di processo, pur ribadendo la necessità di rispettare il generale criterio di ragionevolezza delle scelte legislative (ex plurimis Sentt. n. 18 del 2000; n. 82 del 1996). Aspetto quest'ultimo che nella specie non viene, tuttavia, in considerazione essendo il dubbio di costituzionalità circoscritto alla violazione del principio di eguaglianza senza alcun, sia pure indiretto, riferimento alla irragionevolezza della disciplina nei modelli processuali posti a raffronto».

Dunque, la scelta di non estendere la tutela cautelare, nel processo tributario, ai gradi di giudizio successivi al primo appare, anche in riferimento al parametro di cui all'art. 3 della Costituzione, legittimo esercizio di discrezionalità legislativa e si sottrae, perciò stesso, alla censura di incostituzionalità.

Nonostante ciò, una parte della giurisprudenza ritiene ammissibile tale forma di tutela anche nel processo innanzi alla commissione tributaria regionale. In questo senso si sono espresse, per tutte: Comm. Trib. II Bolzano, ord. 4 marzo 2003, n. 3, della sez. I, nonché Comm. Trib. Reg. Emilia-Romagna, ord. 31 maggio 2004, n. 9, della sez. XXXV, ma in relazione al particolare caso del diniego di condono su una controversia che già pendeva in secondo grado di giudizio ex art. 16, comma 8, della legge n. 289/2002.

Per l'ampiezza della motivazione, tra queste spicca la pronuncia Commissione Tributaria Regionale di Bari, sez. staccata di Taranto (Ord. n. 31 del 15 giugno 2005).

Con tale ultima pronuncia i giudici premettono che le affermazioni rese dalla Corte Costituzionale non sarebbero determinanti ai fini della verifica della ammissibilità dell'istanza di sospensione cautelare nel secondo grado di giudizio, atteso che la Corte si sarebbe limitata ad affermare che il legislatore dispone di una discrezionalità nelle scelte, che sul piano concreto si traduce nella possibilità di valutare se accordare o meno una simile forma di tutela anche nel secondo grado di giudizio.

La commissione supera poi un ulteriore e rilevante ostacolo normativo. L'art. 49, in tema di giudizio di secondo grado, nel mentre rinvia a diverse norme del Codice di procedura civile, esclude espressamente l'applicabilità al processo tributario dell'art. 337 dello stesso codice, che riguarda l'immediata esecuzione della sentenza di prime cure.

I giudici osservano sul punto che il legislatore delegante intendeva riferirsi all'impugnazione dell'atto impositivo, che è il momento in cui si avvia il processo tributario, e non anche al momento in cui è stata emanata una sentenza: con la conseguenza che non esisterebbe un principio di carattere generale tale da inibire la sospensione sulle sentenze emesse dalle commissioni tributarie.

D'altronde, osservano i giudici, che questa sia l'interpretazione corretta lo si ricava pure dalla circostanza che l'art. 19, secondo comma, del D.Lgs. n. 472/1997 ammette l'applicabilità dell'istituto della sospensione cautelare delle sanzioni tributarie irrogate. Questa circostanza sarebbe determinante, atteso che non è coerente ammettere la sussistenza di un danno grave ed irreparabile (che è uno dei presupposti della sospensione cautelare) per le sanzioni e poi contemporaneamente negarne la sussistenza per il tributo.

Se questa impostazione risultasse confermata, la tutela del contribuente verrebbe in tutta evidenza ad ampliarsi notevolmente. Infatti, pure a fronte di una sentenza di primo grado che lo vede soccombente, egli potrebbe validamente chiedere la sospensione degli effetti della stessa sentenza al giudice dell'appello, con conseguente blocco dell'azione esecutiva da parte del concessionario della riscossione.

Sospendibilità della sentenza di secondo grado

Altro problema di rilevante interesse pratico, in parte già toccato sopra, consiste nello stabilire se la sentenza di secondo grado sia o meno sospendibile.

Anche in tal caso, la risposta giunge dalla Corte Costituzionale, secondo cui l'art. 49 del processo tributario non osta alla sospensione della sentenza della Commissione Regionale (Corte Costituzionale, Sent. n. 217 depositata in data 17 giugno 2010).

La questione è di estrema rilevanza pratica. Infatti, se la sentenza di secondo grado statuisce la legittimità dell'atto impositivo, il contribuente si trova a dover pagare, seppure a titolo provvisorio, tutte le somme indicate nell'atto impositivo.


L'esempio

Si ipotizzi che l'Ufficio emetta un accertamento richiedendo imposte per 100, sanzioni per 120 ed interessi per 30, totale 250. In conseguenza della presentazione del ricorso, saranno iscrivibili a ruolo somme come segue:


Il caso affrontato dalla Consulta riguarda una Commissione Tributaria Regionale chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di sospensione degli effetti della sentenza dalla stessa pronunciata.

Il contribuente, infatti, in sede di ricorso per Cassazione ha prospettato la richiesta di sospensione fondandola sulla ritenuta sussistenza dei presupposti legali della fondatezza della domanda e la sussistenza di un danno grave ed irreparabile.

Il Codice di procedura civile ammette che il giudice di secondo grado possa sospendere gli effetti della sentenza dallo stesso pronunciata. Da una prima lettura delle norme, per contro, tale strada sembrerebbe non possibile, atteso che l'art. 49 del processo tributario esclude espressamente l'applicabilità in tale processo dell'art. 337 c.p.c., e quindi anche dell'art. 373 c.p.c. (richiamato dal primo articolo), norma che apre la strada alla sospensione della sentenza di secondo grado.

Una tale interpretazione dell'art. 49, tuttavia, porterebbe ad affermare la illegittimità dello stesso, risultando violati diversi parametri costituzionali.

La sentenza della Corte Costituzionale dichiara inammissibile la questione prospettata dalla Regionale, in quanto la stessa non ha esperito alcun tentativo di interpretare la disposizione censurata nel senso di favorire l'applicazione al processo tributario della sospensione cautelare prevista dall'art. 373 c.p.c.

Nessuna sentenza della Corte di Cassazione (che esprime il «diritto vivente») esclude infatti che possa applicarsi il richiamato art. 373 né la formulazione dell'art. 49 del D.Lgs. n. 546/1992 è tale da escluderne a priori l'applicabilità.

La sentenza è interessante anche nella parte in cui affronta il tema della nozione del danno quale presupposto per ottenere la sospensione. La Corte ritiene che occorra fare riferimento alla situazione economica del debitore nonché alla sua possibilità di evitare, nelle more, gli atti tipici dell'esecuzione forzata. La nozione di danno grave ed irreparabile postula che si debba avere riguardo agli effetti lesivi irreversibili ed inadeguatamente ristorabili di una esecuzione, nel caso di specie immobiliare.

In termini più puntuali, l'irreparabilità del danno va intesa, quantomeno, nel senso di un intollerabile scarto tra il pregiudizio derivante dall'esecuzione della sentenza nelle more del giudizio di cassazione e le concrete possibilità di risarcimento in caso di accoglimento del ricorso per cassazione.

In questi termini si è espressa la C.T.R. Lazio, Ord. n. 13/1/10 secondo cui, una volta verificato che il contribuente si trova nella situazione descritta all'art. 373 c.p.c. («... qualora dall'esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno ...»), è accoglibile l'istanza di sospensione, nella considerazione che l'art. 373 c.p.c. fa parte delle norme di legge che regolano il processo tributario.

Analogamente la C.T.R. del Piemonte con l'Ord. n. 4 del 29 settembre 2010, secondo cui, in conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale n. 217 del 17 giugno 2010, si deve ritenere che l'art. 373 c.p.c. sia applicabile al processo tributario.

I giudici torinesi, peraltro, analizzano in modo approfondito i requisiti per poter richiedere la sospensione ex art. 373 c.p.c., sottolineando che il contribuente che si trovi nella situazione indicata dall'art. 373 c.p.c. (aver presentato ricorso per Cassazione contro la sentenza di secondo grado sussistendo il cosiddetto periculum in mora in caso di esecuzione della stessa sentenza), può richiedere la sospensione della sentenza di secondo grado che lo vede soccombente.

Da ultimo, in termini, vedasi anche C.T.R. Milano, sezione 46, n. 2, del 18 gennaio 2011.

APPENDICE NORMATIVA

NORME IN MATERIA DI SOSPENSIONE

Art. 49, D.Lgs. n. 546/1992 - Alle impugnazioni delle sentenze delle Commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II c.p.c., escluso l'art. 337 e fatto salvo quanto disposto nel D.Lgs. n. 546/1992.

Art. 337 c.p.c. - Regola: l'esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell'impugnazione di essa.

Eccezione: restano salve alcune disposizioni del Codice di procedura civile, tra le quali l'art. 373.

Art. 373 c.p.c. - Regola: il ricorso per Cassazione non sospende l'esecuzione della sentenza.

Eccezione: tuttavia, il giudice che ha pronunciato la sentenza di 2° grado impugnata per Cassazione può, su istanza di parte e qualora dall'esecuzione possa derivare grave ed irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione.

La tesi della Consulta - «L'inapplicabilità al processo tributario ... della regola, sostanzialmente identica, contenuta nell'art. 337 c.p.c. e nel primo periodo del primo comma dell'art. 373 dello stesso codice, non comporta necessariamente l'inapplicabilità al processo tributario anche delle sopraindicate "eccezioni" alla regola e, quindi, non esclude di per sé la sostenibilità ope iudicis dell'esecuzione della sentenza di appello impugnata per Cassazione».

Cautelare nel secondo grado - Ai sensi dell'art. 19 del D.Lgs. n. 472/1997, titolata «Esecuzione delle sanzioni», la Commissione tributaria regionale può sospendere l'esecuzione applicando, in quanto compatibili, le previsioni dell'art. 47 del D.Lgs. n. 546/1992. La sospensione deve essere concessa se viene prestata idonea garanzia anche a mezzo di fideiussione bancaria o assicurativa.

La sospensione amministrativa - Ai sensi dell'art. 39 D.P.R. n. 602/1973, l'Ufficio ha facoltà di disporre in tutto o in parte la sospensione del ruolo formato dopo il ricorso fino alla data di pubblicazione della sentenza della CTP, con provvedimento motivato notificato al contribuente e al concessionario.

Il provvedimento peraltro può essere revocato qualora sopravvenga fondato pericolo per la riscossione.

Sulle somme il cui pagamento è stato sospeso e che risultano dovute dal debitore a seguito della sentenza della CTP si applicano gli interessi al tasso del 5% annuo; tali interessi sono riscossi mediante ruolo formato dall'Ufficio che ha emesso il provvedimento di sospensione.

NORME IN MATERIA DI RISCOSSIONE

Art. 11, D.P.R. n. 602/1973 - Oggetto e specie dei ruoli

- nei ruoli sono iscritte imposte, sanzioni ed interessi

- i ruoli sono ordinari e straordinari

- i ruoli straordinari sono formati quando vi è fondato pericolo per la riscossione.

Art. 14, D.P.R. n. 602/1973 - Iscrizioni a ruolo a titolo definitivo - Esistono diversi ruoli cd. definitivi. Tra questi quello formato per effetto di accertamenti divenuti definitivi.

Art. 15, D.P.R. n. 602/1973 - Iscrizione nei ruoli in base ad accertamenti non definitivi - La presentazione del ricorso consente la mera iscrizione del 50% delle maggiori imposte accertate e dei relativi interessi, ivi incluse le ritenute fiscali.

Art. 15-bis, D.P.R. n. 602/1973 - Iscrizione nei ruoli straordinari - In deroga all'art. 15, nei ruoli straordinari le imposte, gli interessi e le sanzioni sono iscritti per l'intero importo risultante dall'avviso di accertamento, anche se non definitivo.

Art. 19, D.Lgs. n. 472/1997 - In caso di ricorso alle Commissioni Tributarie si applica l'art. 68, comma 1 e 2, del processo tributario.

Art. 68, primo e secondo comma, D.Lgs. n. 546/1992 - Nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio, il tributo, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere pagato:

a) per i due terzi, dopo la sentenza della CTP che respinge il ricorso;

b) per l'ammontare risultante dalla sentenza della CTP, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso;

c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della CTR.

Per le ipotesi a), b) e c) gli importi da versare vanno in ogni caso diminuiti di quanto già corrisposto.

Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della CTP, con i relativi interessi di legge, deve essere rimborsato d'ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza.



(Art. 47, D.Lgs. 31 dicemnre 1992, n. 546)
(Art. 19, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472)
(Corte Costituzionale, Sent. n. 217 del 17 giugno 2010)


di Massimiliano Tasini

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