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UFFICIO DEL PERSONALE

sabato 30 luglio 2011

FABBRICATI RURALI, IL DECRETO SVILUPPO GUIDA L'ACCATASTAMENTO DEI FABBRICATI RURALI

L'obiettivo delle disposizioni recate dall'art. 7, commi 2-bis, 2- ter e 2-quater, del D.L. n. 70/2011 (cd. Decreto Sviluppo) e' quello di obbligare i proprietari dei fabbricati in possesso dei requisiti di ruralita', a variare il classamento degli immobili censiti in categorie diverse da A/6 e D/10

(D.L. n. 207/2008, art. 23)
(D.L. n. 70/2011, art. 7)

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ICI E REQUISITI DI RURALITÀ: EVOLUZIONE DELLA CONTROVERSIA
LA VARIAZIONE DEL CLASSAMENTO CATASTALE
L'AUTOCERTIFICAZIONE

In sede di conversione del cd. Decreto Sviluppo (D.L. n. 70/2011, convertito con la legge n. 106/2011, pubblicata in G.U. il 12 luglio 2011) è stata introdotta una procedura che promette (finalmente) di risolvere l'accesa disputa che si è venuta a creare tra gli operatori del settore agricolo ed i Comuni: la questione riguarda la debenza o meno dell'ICI con riferimento a fabbricati rurali, questione che sembrava risolta (ma in realtà lo era solo in parte) ad opera del D.L. n. 207/2008, introducendo anche in campo ICI una disposizione di esonero per i fabbricati rurali.

Dopo tale intervento, al contrario, nel corso del 2009 la Cassazione ha riattivato le problematicità di tali campi, contestando il riconoscimento dell'esenzione ai fabbricati che non fossero censiti nelle categorie catastali A/6 (per i fabbricati a destinazione abitativa) ovvero D/10 (per i fabbricati strumentali all'attività agricola, quali ad esempio serre, magazzini per il deposito degli attrezzi, ovvero ancora le stalle per l'allevamento degli animali).

La disposizione oggi introdotta (si tratta in particolare dei commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'art. 7 del D.L. n. 70/2011) offre la possibilità di sanare l'accatastamento difforme entro il prossimo mese di settembre.

Prima però di verificare il contenuto della nuova disposizione è opportuno ripercorrere, quantomeno per sommi capi, i contorni della questione che dovrebbe oggi essere destinata a soluzione.

ICI E REQUISITI DI RURALITÀ: EVOLUZIONE DELLA CONTROVERSIA

Il rapporto tra ICI e fabbricati rurali è da sempre oltremodo complesso.

In particolare dapprima si era discusso del fatto che, nell'ambito dell'imposta comunale, non vi fosse una disposizione specifica volta ad escludere da imposizione i fabbricati rurali.

Su tale fronte è intervenuto il D.L. n. 207/2008 con il comma 1-bis dell'art. 23, affermando che «... non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità».

A tale disposizione venne riconosciuta efficacia interpretativa: ciò sta a significare che essa non esplica effetti solo per il futuro, ma al contrario il Legislatore chiarisce la corretta applicazione di una norma vigente sin dal 1993.
La conseguenza di ciò è che anche per il passato i fabbricati in possesso dei requisiti per vedersi riconosciuta la ruralità hanno diritto alla non applicazione del tributo.

La questione era però solo in parte risolta, ossia fino a che in seno alla Corte di Cassazione non si è consolidato un filone interpretativo di tenore decisamente restrittivo per i contribuenti, interpretazione peraltro santificata, oltre che da una nutrita serie di sentenze della sezione tributaria (1), anche da una pronuncia delle Sezioni Unite (si tratta della Sent. n. 18565/2009).

Il parere della Corte è incardinato sulla seguente riflessione: «lo ius superveniens [l'esenzione introdotta dal D.L. n. 207/2008, n.d.a] in qualche misura valorizza la scelta esegetica compiuta dal ricordato orientamento giurisprudenziale [in primis quella della citata Sent. n. 18565/09, n.d.a.], portando l'attenzione sulla decisività della classificazione catastale come elemento determinante per escludere (o affermare) l'assoggettabilità ad ICI di un fabbricato».

In altre parole, in tali pronunce la Cassazione ha sconfessato la posizione da tempo sostenuta dall'Agenzia delle entrate, contenuta nella Circ. n. 50/E del 2000: il pensiero dell'Amministrazione finanziaria si basava sul principio per cui, indipendentemente dall'accatastamento che il fabbricato possedeva, la ruralità doveva essere riconosciuta quando venivano rispettati i requisiti stabiliti dell'art. 9 del D.L. n. 557/1993 e successive modificazioni (si era soliti affermare che l'iscrizione catastale aveva esclusivamente finalità «inventariale» e acquisiva rilevanza qualora il fabbricato avesse perso i requisiti di ruralità).

Come detto, la Cassazione si è dimostrata di parere diametralmente opposto a quello dell'Agenzia, affermando invece l'assoluta rilevanza e preminenza del dato catastale, anche sotto il profilo del riconoscimento dell'esonero per i fabbricati rurali: poiché esistono specifiche categorie catastali dedicate ai fabbricati rurali (come detto, A/6 e D/10) il contribuente, se intende considerare rurale il proprio fabbricato (beneficiando delle agevolazioni conseguenti, in primis l'esenzione dall'ICI) dovrà accertarsi che sia stata attribuita la corrispondente categoria catastale.

Nella sentenza si osserva che l'errato classamento non può essere successivamente eccepito in sede di domanda di rimborso dell'ICI pagata (ovvero, si deve aggiungere, in sede di opposizione ad un avviso di accertamento per il pagamento dell'ICI non versata in virtù dell'invocata esenzione, come nel caso trattato ad esempio nella Sent. n. 7102/2010).

Allo stesso modo, comunque, anche il Comune che intendesse disconoscere l'esenzione ICI ad un fabbricato censito in A/6 o D/10, si troverebbe a dover chiedere (attraverso il comma 336 dell'art. 1 della legge n. 311/2004, Finanziaria 2005) la variazione dell'accatastamento in una delle categorie non rurali e, fino a quando il fabbricato non avrà il nuovo corretto censimento, non potrà procedere all'accertamento dell'ICI dovuta (ai sensi del comma 337 il nuovo classamento retroagisce sino al momento in cui il fabbricato ha perso i requisiti).

Tale posizione, del tutto consolidata in ambito giurisprudenziale di legittimità (e conseguentemente anche in quella di merito che, per ovvie ragioni, si è dovuta uniformare), è stata peraltro confermata all'inizio del 2011 in risposta ad una interrogazione parlamentare: si tratta del question time 5-04067 in Commissione finanze della Camera dei Deputati del 19 gennaio 2011.

Con tale risposta il Governo si trova ad allinearsi alla tesi sostenuta dalla Cassazione, affermando come nella sostanza l'interpretazione proposta dalla giurisprudenza sia ormai del tutto consolidata.

Sono quindi state ritenute completamente irrilevanti le eccezioni sollevate (anche dall'Agenzia del territorio nell'audizione del 22 febbraio 2011) relativamente alle difficoltà nell'ottenere dai locali uffici catastali la classificazione dei propri immobili nelle categorie catastali A/6 e D/10: occorre quindi concludere che il corretto classamento è un requisito imprescindibile per poter accedere al riconoscimento della ruralità e, quindi, alla possibilità di utilizzarne i relativi benefici, in primis l'esenzione dal pagamento dell'ICI. Secondo il Governo «... In pratica, a legislazione vigente, non paiono sussistere in materia residui dubbi interpretativi per effetto delle ripetute affermazioni giurisprudenziali della Corte di Cassazione».

Al riguardo il Parlamento aveva introdotto nel provvedimento riguardante le comunità montane una proposta di modifica alla disposizione che consente l'esenzione ICI ai fabbricati rurali, disponendo che l'esenzione sarebbe spettata indipendentemente dalla categoria catastale. Tale disposizione però non ha avuto seguito.

Alla luce del fatto che il Governo comunque si stava interessando della vicenda, attraverso la Ris. n. 7-00505 del 16 marzo 2011 è intervenuta la Commissione finanze della Camera per bloccare l'attività di riscossione degli importi accertati da parte dei Comuni, in attesa che si pervenisse ad una soluzione normativa della vicenda. La motivazione di tale blocco risiedeva nel fatto che «... in tale contesto è necessario evitare il paradosso che, proprio nel momento in cui il legislatore ed il Governo hanno individuato una soluzione definitiva a tale complessa vicenda, la quale ha ingenerato una condizione di oggettiva incertezza, per i contribuenti e per gli stessi enti impositori, circa l'applicabilità dell'ICI ai fabbricati rurali, si prosegua nelle attività di riscossione coattiva dell'imposta con riferimento a tale tipologia di immobili».

LA VARIAZIONE DEL CLASSAMENTO CATASTALE

Come detto, il primo tentativo per pervenire ad una soluzione era contenuto in un provvedimento sulle comunità montane, però mai pervenuto a definitiva approvazione: la proposta era quella di introdurre una norma di interpretazione autentica con l'obiettivo di riconoscere comunque l'esenzione ICI ai fabbricati in possesso dei requisiti di ruralità, indipendentemente dalla classificazione catastale ad essi attribuita.

Visto lo stallo di tale progetto normativo, il Legislatore è intervenuto inserendo in sede di conversione del Decreto Sviluppo - D.L. n. 70/2011 - la disposizione oggetto del presente contributo: l'obiettivo del provvedimento è quello di obbligare i possessori dei fabbricati in possesso dei requisiti di ruralità a variare il classamento degli immobili censiti in categorie diverse da A/6 e D/10.
La prima considerazione che si può proporre è che, in tal modo, il Legislatore implicitamente convalida l'interpretazione offerta dalla Cassazione e di conseguenza, se il contribuente non richiede o non riesce ad ottenere il classamento in una categoria catastale rurale, non potrà in nessun caso vantare l'esenzione ICI dell'immobile (presunto) rurale.

Allo stesso modo, per come viene costruito l'iter di regolarizzazione (richiedendo una autocertificazione retroattiva), occorre concludere che dovrebbero essere implicitamente risolti i contenziosi (non pochi) incardinati sulla contestazione dell'esenzione ICI nei confronti degli immobili censiti in categorie difformi da quelle rurali.

Veniamo nel merito della disposizione: il comma 2-bis impone ai contribuenti che possiedono fabbricati con i requisiti di ruralità, ma censiti in una categoria diversa da A/6 o D/10 (quindi la norma non dovrebbe in alcun modo interessare i fabbricati che sono a diritto ancora iscritti al catasto dei terreni), di procedere, entro il prossimo 30 settembre, alla presentazione di una variazione catastale, chiedendo il censimento in tali categorie.

Tale richiesta deve essere corredata da una apposita autocertificazione nella quale il possessore dell'immobile attesta il possesso dei requisiti di ruralità. A questo punto l'Agenzia del territorio, entro il termine del 20 novembre 2011, si esprimerà su tale richiesta, valutando la presenza dei requisiti di ruralità e confermando o meno il classamento in una delle categorie catastali proprie dei fabbricati rurali.

Peraltro il sindacato dell'Agenzia del territorio sulla nuova situazione proposta dal contribuente può estendersi anche oltre tale data: spirato il termine del 20 novembre 2011 senza che gli uffici catastali si siamo espressi, il contribuente potrà utilizzare il classamento richiesto (con conseguente esonero ai fini ICI).
Tale situazione però non sarà definitiva, in quanto l'Agenzia del territorio avrà un anno di tempo per intervenire e, se del caso, respingere la richiesta di iscrizione nelle categorie rurali, sottoponendo il contribuente all'obbligo di corrispondere le imposte precedentemente non versate con applicazione di interessi, oltre alle sanzioni raddoppiate.

L'AUTOCERTIFICAZIONE

Uno dei punti su cui è necessario interrogarsi è proprio il contenuto di tale autocertificazione: il comma 2-bis prevede infatti che alla variazione debba essere allegata una dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 445/2000 «... nella quale il richiedente dichiara che l'immobile possiede, in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, i requisiti di ruralità dell'immobile». Ossia occorrerà autocertificare il possesso dei requisiti a partire dal 2006 e, per come è scritta la disposizione, sin dall'inizio del 2006.

La prima considerazione da proporre riguarda l'opportunità di stabilire normativamente un orizzonte temporale definito per il quale introdurre l'autocertificazione: se è vero che la disposizione in questione pare proprio essere una sanatoria retroattiva, questa necessariamente si troverà ad esplicare i propri effetti solo a decorrere dal 2006.

Il che significa che se i contribuenti si mettono al sicuro da eventuali nuovi accertamenti, la questione dei contenziosi pendenti per i periodi d'imposta precedenti al 2006 è tutt'altro che risolta.

Anzi, tale disposizione parrebbe una convalida degli atti emessi dal Comune per contestare l'imposta relativamente a fabbricati censiti in categorie non rurali.
Altra questione non trascurabile è quella relativa ad una eventuale discontinuità nella presenza dei requisiti di ruralità: la norma consente infatti la variazione catastale a favore di una delle categorie rurali, allegando una autocertificazione nella quale si deve attestare la continuità nel possesso dei requisiti. Situazione che certo potrebbe in svariati casi non accadere.

È singolare che la mancanza dei requisiti per un breve periodo possa far perdere il diritto alla sanatoria per l'intero quinquennio 2006-2011. A meno che la volontà del Legislatore non sia quella di offrire un beneficio solo a quegli immobili per i quali l'utilizzo rurale sia del tutto consolidato e non transitorio. Anche su questo punto pare necessario ottenere un chiarimento, magari già nel regolamento di cui al comma 2-quater che dovrebbe essere emanato dal Ministro dell'economia e delle finanze, e con il quale verranno stabilite le modalità applicative e la documentazione necessaria ai fini della presentazione della certificazione, nonché ai fini della convalida della certificazione e del classamento da parte degli uffici catastali.

Inoltre, nulla si dice in merito ai fabbricati posseduti da meno di 5 anni, perché acquistati ovvero costruiti successivamente al 2006, o anche nel corso di detta annualità: anche per questi sarebbe possibile sanare la situazione catastale difforme azionando la procedura introdotta dal D.L. n. 70/2011?

In base al tenore della norma la risposta parrebbe essere negativa (in quanto viene richiesto il possesso ininterrotto dei requisiti negli ultimi 5 anni), ma ragionevolmente non pare vi sia motivo per differenziare i contribuenti in base all'anno di acquisto/costruzione dell'immobile. O forse si? Anche al riguardo una conferma pare necessaria.

di Alessandro Corsini e Fabio Garrini

NOTE
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(1) Si vedano in particolare le Sentt. n. 15321/2008, n. 22691/2009, n. 7102/2010, n. 3563/2010 e le 81 sentenze depositate il 22 giugno 2010.

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