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UFFICIO DEL PERSONALE

martedì 22 febbraio 2011

DETASSAZIONE E ACCORDO COLLETTIVO: AGENZIA E MINISTERO SCIOLGONO I DUBBI

Detassazione del salario variabile solo se frutto di accordi collettivi territoriali o aziendali di produttività.

La circolare congiunta del Ministero del Lavoro e dell'Agenzia delle Entrate del 14 febbraio 2011, n. 3, risolve in questo senso il dubbio, sollevato da alcune interpretazioni non coerenti con la lettera e la ratio della legge, sulle condizioni di protrazione, anche per il 2011, della applicazione dell'aliquota sostitutiva del 10 per cento.

Ed invero il raccordo fra la norma in materia di «contratto di produttività» (prevista dall'articolo 53 del D.L. n. 78 del 2010) e l'articolo 1, comma 47, della legge di stabilità per il 2011 (che espressamente si autodefiniva una «attuazione», appunto, del citato contratto di produttività), non può che portare a ritenere la necessità, per il 2011, che gli importi non soltanto siano erogati a titolo di incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, in relazione a risultati riferibili all’andamento economico o agli utili della impresa o ad ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale (aspetti sulla cui casistica si può rimandare all'ampia prassi di questi due anni del Ministero del Lavoro e dell'Agenzia delle Entrate), bensì anche che essi siano riconosciuti in attuazione di quanto previsto da uno specifico accordo o contratto collettivo territoriale o aziendale.

L'agevolazione, introdotta in via sperimentale nel D.L. n. 93 del 2008 nell'ambito di una serie di misure finalizzate alla salvaguardia del potere di acquisto, e poi prorogata fino al 2010 anche al fine di accompagnare la ripresa, viene quindi canalizzata in un'ottica sindacale e partecipativa a sostegno della contrattazione collettiva aziendale e/o territoriale di produttività del settore privato.

Non sarà quindi più sufficiente un accordo diretto lavoratore - dipendente.

Il meccanismo rimane, tuttavia, flessibile ed esteso. Non sono infatti applicabili alla misura della detassazione i principi che l'I.N.P.S. (circolare n. 82/2008) ha dettato in merito alle condizioni di accesso, su istanza aziendale, allo sgravio contributivo di cui all'articolo 1, comma 67, della legge n. 247 del 2007.

L'I.N.P.S., in quella circostanza, si era espressa nel senso che per l’accesso al beneficio della decontribuzione fosse vincolante il deposito, presso la Direzione provinciale del lavoro competente, degli accordi sottoscritti dai datori di lavoro.

Nel caso della detassazione, invece, posto che essa non succede ad una previa istanza e ad un'ammissione allo sgravio (come invece accade per la decontribuzione, anche in
virtù dei limiti delle risorse stanziate e, di conseguenza, anche della necessità di tener conto della priorità delle domande), la necessità di un previo accordo collettivo va letta, come confermano il Welfare e l'Agenzia delle Entrate, in senso ampio, nella accezione cioè del diritto comune dei contratti e delle obbligazioni, ove manca una tipizzazione di legge e persino un onere di forma.

Non essendo indispensabile una prova cartolare dell'accordo collettivo, è quindi sufficiente, anche nello spirito di evitare interpretazioni restrittive e formalistiche, l'attestazione da parte datoriale, che potrà essere fatta anche nel C.U.D., di aver dato attuazione a contratti territoriali o di avere concordato, a livello aziendale (anche per una pluralità di impianti e siti produttivi dislocati a livello territoriale), maggiorazioni retributive correlate ad incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, o a ogni elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale.

Stante l’applicazione della misura negli anni passati anche ai contratti collettivi nazionali di settore che, non di rado, sono
appositamente intervenuti per rendere operativa l'agevolazione fiscale in esame, pare alquanto opportuna la sottolineatura, nella nuova circolare, circa la possibilità di stipulazione di appositi accordi o contratti territoriali o anche solo aziendali (nella ampia accezione sopra ricordata) che replichino i contenuti della contrattazione nazionale di riferimento (come, ad esempio, lo straordinario, i turni, il lavoro notturno) al fine di mantenere l’operatività delle intese raggiunte in attuazione della misura.
Così come nulla vieta, sempre al fine di rendere operativa la misura, la stipulazione di appositi accordi territoriali quadro o aziendali che disciplinino la materia, anche rinviando ai contenuti dei contratti collettivi nazionali di riferimento quanto a istituti come lo straordinario, il lavoro notturno o i turni.

È sufficiente, peraltro, che detti accordi prevedano modalità di organizzazione del lavoro che siano tali, nella sostanza e per
valutazione della parte datoriale, da perseguire una maggiore produttività e competitività aziendale, senza che sia necessario che
l’accordo o il contratto collettivo espressamente e formalmente dichiari che le maggiorazioni siano finalizzate ad incrementi di
produttività.

da «Guida al lavoro», 25 febbraio 2011, n. 9 di Michele Tiraboschi

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