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UFFICIO DEL PERSONALE

giovedì 9 febbraio 2012

PER LA CASSAZIONE SE IL COSTO È SOSTENUTO L'OPERAZIONE NON È INESISTENTE

Non c'è evasione se in dichiarazione si utilizzano documenti soggettivamente falsi: la Cassazione (Sent. n. 41444 del 14 novembre 2011) ha stabilito che non sussiste il reato di dichiarazione fraudolenta e non scatta il sequestro sui conti dell?imprenditore in caso di fatture soggettivamente false, rispondenti cioè ad operazioni commerciali reali ma fra soggetti diversi
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DICHIARAZIONE INFEDELE
DICHIARAZIONE OMESSA
FATTURE OGGETTIVAMENTE INESISTENTI E FATTURE SOGGETTIVAMENTE INESISTENTI LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE N. 41444 DEPOSITATA IL 17 NOVEMBRE 2011 CONCLUSIONI

Il D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, disciplina le ipotesi di reati penali che possono essere commessi da imprenditori e professionisti nell'esercizio delle proprie attività. In particolare l'art. 2 (1) «Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti» del citato decreto, al comma primo prevede «... è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi ...».

Il secondo comma del medesimo articolo individua il fatto del reato penale che si concretizza «... avvalendosi di fatture (2) o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell'Amministrazione finanziaria ...».

 DICHIARAZIONE INFEDELE

 Le soglie di punibilità sono elencate dal successivo art. 4 (3) del medesimo decreto legislativo che riconducono, se non superate, la violazione a «dichiarazione infedele».

E difatti, fuori dei casi previsti dagli artt. 2 e 3 del medesimo decreto è punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi, quando, congiuntamente:

a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro cinquantamila (per «imposta evasa» si intende la differenza tra l'imposta effettivamente dovuta e quella indicata nella dichiarazione, ovvero l'intera imposta dovuta nel caso di omessa dichiarazione, al netto delle somme versate dal contribuente o da terzi a titolo di acconto, di ritenuta o comunque in pagamento di detta imposta prima della presentazione della dichiarazione o della scadenza del relativo termine);

b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro 2 milioni.

Per «elementi attivi o passivi» si intendono le componenti, espresse in cifra, che concorrono, in senso positivo o negativo, alla determinazione del reddito o delle basi imponibili rilevanti ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto. DICHIARAZIONE OMESSA L'art. 5 del medesimo decreto codificato quale «Dichiarazione omessa» sanziona con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro 30.000.

Ai fini della disposizione non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.

FATTURE OGGETTIVAMENTE INESISTENTI E FATTURE SOGGETTIVAMENTE INESISTENTI

Prima di esaminare la sentenza, è opportuno ricordare che la falsità delle fatture può avere carattere «oggettivo», quando riguarda operazioni assolutamente inesistenti, o «soggettivo», nel caso le operazioni siano compiute tra soggetti diversi da quelli tra cui è intercorsa la fatturazione.

La prima ipotesi di «fattura oggettivamente inesistente» riguarda l'ipotesi di mancanza assoluta dell'operazione fatturata, e generalmente viene messa in atto dalle cd. «cartiere».

Secondo l'accezione generale le cosiddette «cartiere» sono le imprese esistenti solo sotto il profilo formale (in quanto titolari di partita IVA, vera o falsa, ed eventualmente iscritte alla Camera di commercio), ma non sotto il profilo sostanziale in quanto non svolgono alcuna attività commerciale, ma si limitano a rilasciare a terzi «fatture» per forniture di beni o per prestazioni di servizi in realtà mai eseguiti, mancando la struttura operativa idonea a produrli, a fornirli o a prestarli. Trattasi, in sostanza, di soggetti del tutto sprovvisti di quei fattori produttivi necessari per l'esecuzione dell'operazione commerciale documentata in fattura (quali beni strumentali e/o personale, Cass. n. 735/2010, n. 27574/2008, n. 1950/2007).

In tali circostanze, chi si avvantaggia di documenti «oggettivamente» fittizi non può invocare estraneità all'accordo fraudolento se non dimostra di essere stata reale controparte del rapporto riguardante l'operazione fatturata (4). In tali casi il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di operazioni inesistenti è integrato, con riguardo alle imposte dirette, dalla (sola) inesistenza oggettiva, ovvero quella relativa alla diversità totale o parziale tra costi indicati e costi sostenuti (Cass., sez. III, 16 marzo 2010, n. 10394).

Di diversa natura si configurano «le fatture soggettivamente inesistenti» che si concretizzano qualora le operazioni, realmente avvenute, siano compiute tra soggetti diversi da quelli che hanno documentato l'operazione, ovvero quando gli acquisti di beni o servizi sono avvenuti «a nero» presso altri soggetti, diversi dalle società compiacenti che hanno emesso le fatture.

Quindi, cessione e/o prestazione realmente avvenuta ma l'emittente (prestatore o cedente) non è colui che, effettivamente, ha realizzato l'operazione; è fittizio pertanto solo il soggetto cedente ma non l'operazione. La Sent. n. 41444 emessa dalla Sezione Penale della Corte di Cassazione e depositata il 14 novembre scorso si occupa di una ipotesi di fatturazione per operazioni soggettivamente inesistenti.

Secondo i Giudici del Supremo Collegio, l'utilizzo in dichiarazione ai fini delle imposte dirette di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti non integra violazione penale in quanto sarebbe assente evasione d'imposta, avendo il contribuente effettivamente sostenuto il costo indicato nei documenti ancorché emessi da soggetti differenti.

LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE N. 41444 DEPOSITATA IL 17 NOVEMBRE 2011

Il fatto

Al rappresentante legale di una società venivano contestati i reati di cui all'art. 2 ed all'art. 4 del D.Lgs. n. 74/2000 e quindi la presentazione di dichiarazione fraudolenta mediante l'uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

La Procura competente sottoponeva a sequestro preventivo conti bancari e/o postali, depositi a risparmio, dossier titoli e cassette di sicurezza presso tutti i soggetti operanti nel territorio nazionale nel settore della raccolta e gestione del risparmio ed intermediazione finanziaria intestati al rappresentante legale, per un importo pari all'imposta evasa, compresa di sanzioni ed interessi.

Il Procuratore della Repubblica sosteneva che i costi indicati dalla società indagata, effettuati con pagamenti in contanti, non potevano essere presi in considerazione non essendo né veritieri né attendibili. Ciò che veniva censurato dall'accusa era l'aver ritenuto - dal Tribunale di merito - la «certezza» dei costi indicati in ciascun fattura soggettivamente falsa, laddove sarebbe stato plausibile che l'acquisto veniva effettuato a costi inferiori a quelli dichiarati.

La decisione I Giudici della Corte di Cassazione, cui si rivolgeva il P.M., confermavano in pieno la sentenza emessa dal Tribunale di merito. E difatti, precisano i Giudici «... dalla complessa attività investigativa era emerso che la società, pur avendo ricevuto fatture ... inerenti quantitativi di rottami metallici e cascami non compatibili con le capacità imprenditoriali di questi ultimi, aveva realmente movimentato i quantitativi di merce sottesi alle operazioni fatturate posto che dall'analisi contabile sui beni oggetto di intermediazione non era stata riscontrata alcuna sostanziale difformità tra quanto entrato e quanto uscito dalla ditta.

Tale circostanza - secondo il Tribunale - evidenziava che si era trattato di operazioni poste in essere realmente - e quindi non oggettivamente fittizie - ma tra soggetti diversi da quelli indicati nelle fatture. I Giudici di legittimità, pertanto, chiariscono che con riguardo alle imposte dirette il reato sussiste solo in presenza di fatture oggettivamente - e non soggettivamente - inesistenti.

Tale principio è già stato espresso da Cassazione Penale, sez. III, Sent. 26 novembre 2008 - 23 gennaio 2009, secondo cui la definizione di operazione soggettivamente inesistente ai fini dell'applicazione della disciplina sanzionatoria penale corrisponde all'operazione obiettivamente non intercorsa fra i soggetti indicati nella fattura o in altro documento equipollente, ed è dunque irrilevante, sotto tale profilo, l'utilizzazione del bene o della prestazione da parte di un soggetto terzo potendo tale circostanza assumere valenza per l'eventuale esclusione del requisito di inerenza del costo sostenuto dal committente. Infine, relativamente all'omessa presentazione della dichiarazione, la sentenza, utilizzando le risultanze delle indagini investigative del Tribunale, certificava il mancato superamento delle soglie di punibilità (euro 77.468,53, soglia vigente all'epoca dei fatti) dovendosi computare ai fini del calcolo dell'imposta evasa anche i costi effettivi sostenuti dalla società, utili a determinare il reddito imponibile su cui applicare l'aliquota IRES, e quindi anche le somme corrispondenti alle fatture indiziate poiché afferenti a componenti negativi di reddito sostenuti e non fittizi.

CONCLUSIONI

Non di rado numerosi accertamenti vedono coinvolte imprese estranee al particolare meccanismo fraudolento messo in atto da imprese senza scrupolo che dopo qualche anno, si scoprono evasori fiscali. Già con altre sentenze, infatti, la Suprema Corte, al fine di non penalizzare gli acquirenti in buona fede (Sent. n. 8132/2011), ha fornito anche alcuni elementi su cui valutare la cosiddetta ignoranza incolpevole e quindi l'estraneità alla frode (5).

NOTE --------------------------------------------------------------------------------

(1) Modificato dal D.L. 13 agosto 2011, n. 13, art. 2.

(2) Per «fatture o altri documenti per operazioni inesistenti» si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.

(3) Si veda nota 1.

(4) C. Cass. n. 2847 del 7 febbraio 2008, che ha rigettato il ricorso presentato da una società utilizzatrice che addiceva la propria buona fede, ovvero il non avere partecipato agli accordi fraudolenti. A giudizio della Corte, ove le fatture risultino non solo «soggettivamente» ma anche «oggettivamente» fittizie, sia la mancata conoscenza dell'illegalità degli accordi esistenti tra le «altre» società interessate alle vendite, che la correttezza formale della contabilità del soggetto passivo non possono «costituire un comodo alibi per giustificare una violazione fiscale».

Conseguentemente, per i giudici, la società ricorrente avrebbe dovuto provare, per contrastare i dati in possesso dell'Amministrazione, l'esistenza dei fatti dai quali scaturiva l'effettività del proprio diritto, «quali ad esempio le ricevute dei pagamenti e/o il contratto sottostante alle prestazioni fatturate»; solo così avrebbe potuto dimostrare di essere stata «reale controparte del rapporto riguardante l'operazione fatturata».

La Cassazione è giunta alla conclusione secondo cui, in tema di fatture afferenti a operazioni economiche inesistenti, l'infrazione fiscale si configura per il solo fatto oggettivo che il contribuente con il proprio comportamento (doloso o colposo che sia) abbia determinato il rischio per l'Amministrazione di non conseguire il pagamento dell'imposta effettivamente dovuta; pertanto, è irrilevante, agli effetti dell'iter decisionale della controversia fiscale, che il contribuente abbia asserito di essere in buona fede e di non avere partecipato agli accordi fraudolenti con le altre società. (http://www.andrenacci.net/area-aziende/agevolazioni-alle-aziende/61-fatture-per-operazioni-nesistenti.html).

(5) Assenza di elementi da cui presupporre la provenienza fittizia delle fatture, ovvero il fatto di non aver tratto alcun beneficio dalla frodi. A. Iorio, «Più tutele contro le frodi carosello», in Il Sole 24 Ore, 4 maggio 2011. (D.Lgs. n. 74/2000, art. 2) (Cass., Sent. n. 27574/2008) (Cass., Sent. n. 1950/2007)

di Attilio Romano

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