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UFFICIO DEL PERSONALE

sabato 30 aprile 2011

Dirigenti industria: estratto conto Previndai anche on-line

Il Previndai ha reso noto il 28/04/2011 sul proprio sito internet che nell'area internet personale di ciascun iscritto è disponibile in formato pdf l'estratto conto relativo alla posizione maturata al 31/12/2010, già inviato tramite posta.

Il documento è stato redatto dal Fondo secondo lo schema predisposto dalla Covip e si presenta, quindi, in un formato diverso dalle precedenti comunicazioni.

Il Previndai ricorda inoltre che per accedere all'area riservata è necessario disporre del numero di posizione e della password. In caso di smarrimento di quest'ultima, è necessario seguire la procedura di ripristino/richiesta password indicata dal sistema cliccando sul tasto "entra" nella home page del sito.

Rateazione crediti Inps, fidejussione da banche o compagnie assicurative

L’Inps, con il messaggio n. 9075 del 19 aprile 2011, ha reso noto che la nuova disciplina relativa alla dilazione dei crediti si applica a partire dal 3.8.2010 per cui da tale data dovranno sempre essere chieste garanzie fideiussorie bancarie o assicurative. L’INPS chiarisce che poiché la nuova disciplina relativa alla dilazione dei crediti si applica a partire dal 3.8.2010, qualora il debito di cui si chiede la rateazione sia maturato nel corso di una precedente dilazione (concessa comunque dopo il 3.08.2010) la stessa potrà essere accolta subordinatamente alla prestazione di garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa.

Inoltre, nei casi di applicazione della nuova disciplina:
- gli uffici debbono chiedere sempre una fideiussione;
- la fideiussione deve essere rilasciata da banche o compagnie assicurative e non da altri intermediari finanziari.

Inps, lavoratore sospeso o licenziato disoccupazione all’80%

L’inps, con il messaggio n. 9085 del 19 aprile 2011, ha fissato nella misura dell’80% l’erogazione delle provvidenze economiche a favore di lavoratori/apprendisti sospesi o licenziati.

L’Inps rammenta che per tutto il 2011 l’ indennità di disoccupazione ordinaria non agricola con requisiti normali (lavoratori sospesi e apprendisti sospesi/licenziati) ovvero con requisiti ridotti (lavoratori sospesi) spetta nella misura del trattamento equivalente a quello degli ammortizzatori sociali in deroga. Quindi, anche per l'anno in corso, la misura dell'indennità in oggetto è pari all'80% della retribuzione.

giovedì 28 aprile 2011

Il potere di supervisione sul lavoratore non e' di per se' indice di subordinazione

La sezione lavoro sul caso di un progettista disegnatore afferma che il controllo sul lavoratore non ne fa necessariamente un lavoratore subordinato, ma e' compatibile con la supervisione sulla realizzazione in autonomia di un'opera.


La sezione lavoro afferma che il controllo sul lavoratore non ne fa necessariamente un subordinato, essendo compatibile con una supervisione sulla realizzazione in autonomia di un'opera.

Il caso riguardava un progettista disegnatore che, formalmente incaricato di eseguire un'opera, asseriva di essere sostanzialmente un lavoratore subordinato ed invocava la tutela prevista per il licenziamento.

La Corte di merito ha accertato l'assenza di vincoli di orario, di direttive (salvo solo quelle rivolte all'ottenimento dell'opus dedotto in contratto), di poteri di controllo e disciplinari in senso tecnico, atteso che gli screzi con il creditore della prestazione, rimasti privi di sanzione, non potevano ritenersi espressione dell'esistenza di un potere disciplinare, ma solo del potere di supervisione che spetta al creditore della prestazione in quanto tale (e del tutto diverso dal potere ben più penetrante che compete al datore di lavoro).

La Cassazione ha confermato tali valutazioni, rigettando il ricorso. In giurisprudenza, sulla distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, tra le ultime pronunce, Cass. sez. L, Sentenza n. 26986 del 22/12/2009, ha affermato che, in tema di distinzione tra rapporto di lavoro subordinato ed autonomo, l'organizzazione del lavoro attraverso disposizioni o direttive - ove le stesse non siano assolutamente pregnanti ed assidue, traducendosi in un'attività di direzione costante e cogente atta a privare il lavoratore di qualsiasi autonomia - costituisce una modalità di coordinamento e di eterodirezione propria di qualsiasi organizzazione aziendale e si configura quale semplice potere di sovraordinazione e di coordinamento, di per sé compatibile con altri tipi di rapporto, e non già quale potere direttivo e disciplinare, dovendosi ritenere che quest'ultimo debba manifestarsi con ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa e non in mere direttive di carattere generale, mentre, a sua volta, la potestà organizzativa deve concretizzarsi in un effettivo inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale e non in un mero coordinamento della sua attività. In precedenza, per Cass. Sez. L, Sentenza n. 21028 del 28/09/2006, l'elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo, è l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell'organizzazione aziendale, mentre altri elementi, quali l'assenza di rischio, la continuità della prestazione, l'osservanza di un orario e la forma della retribuzione assumono natura meramente sussidiaria e di per se non decisiva; sicché qualora vi sia una situazione oggettiva di incertezza probatoria, il giudice deve ritenere che l'onere della prova a carico dell'attore non sia stato assolto e non già propendere per la natura subordinata del rapporto.

In generale, poi, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell'uno o nell'altro schema contrattuale (Cass. Sez. L, Sentenza n. 23455 del 05/11/2009).

DIRIGENTI: RIPOSI E LAVORO STRAORDINARIO

Recentemente la Cassazione (Sent. n. 3607 del 14 febbraio 2011) ha affermato che l'esclusione dai riposi settimanali e festivi e dal compenso per lavoro straordinario del personale avente qualifica dirigenziale non ha valore assoluto, essendo soggetta a limiti di ragionevolezza, da verificarsi da parte del giudice, sempreché ovviamente il superamento dei relativi limiti sia dedotto e provato dal dirigente interessato.


Com'è noto, la determinazione della durata massima della giornata lavorativa è demandata dalla Costituzione (art. 36, comma 2) alla legge ordinaria; l'art. 2107 c.c. stabilisce che i limiti di durata giornaliera e settimanale della prestazione lavorativa vengano determinati dalle leggi speciali e dai contratti collettivi.

La disciplina dell'orario di lavoro è stata definita dal D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, di recepimento della direttiva comunitaria n. 93/104/CE in materia di organizzazione dell'orario di lavoro.

Così come espressamente previsto dall'art. 17, comma 5, del D.Lgs. n. 66/2003, fermo ovviamente il rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni in materia di orario normale settimanale, di durata massima, di lavoro straordinario, di riposo giornaliero, di pause e di organizzazione e durata del lavoro notturno, non si applicano ai lavoratori la cui durata dell'orario di lavoro, per le caratteristiche dell'attività esercitata non è misurata o predeterminata o può essere predeterminata dai lavoratori stessi e in particolare quando si tratta di dirigenti, di personale direttivo delle aziende o di altre persone aventi potere di decisione autonomo.

Ai fini dell'esclusione dal campo di applicazione della disciplina limitativa dell'orario di lavoro devono ritenersi compresi nella locuzione personale direttivo non solamente i dirigenti in senso stretto, ma anche il cosiddetto personale dirigente minore.

LA RECENTE POSIZIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Una interessante posizione è stata recentemente presa dalla Sezione lavoro della Corte di Cassazione che, con la Sent. n. 3607 del 14 febbraio 2011, ha affermato che l'esclusione dai riposi settimanali e festivi e dal compenso per lavoro straordinario del personale avente qualifica dirigenziale non ha valore assoluto, essendo soggetta a limiti di ragionevolezza, da verificarsi da parte del giudice, sempreché ovviamente il superamento dei relativi limiti sia dedotto e provato dal dirigente interessato.

La fattispecie originaria

A seguito di ricorso connesso a pretese economiche riferite, tra l'altro, anche a prestazioni di lavoro straordinario e indennità sostituiva di riposi compensativi non goduti, l'adito giudice di prime cure pronunciò sentenza non definitiva di rigetto di tutte le domande a tal fine proposte da un dirigente oramai in quiescenza.

In sede di gravame, la Corte d'appello, con riguardo alla doglianza inerente alla reiezione da parte del primo giudice della domanda di corresponsione delle differenze retributive per remunerazione di lavoro straordinario, fece rilevare che l'interessato, in quanto dirigente, non aveva diritto a compenso per le eventuali prestazioni di lavoro straordinario, bensì ad una indennità determinata forfetariamente.

Per ciò che concerneva invece il mancato riconoscimento dell'indennità sostitutiva dei riposi compensativi non goduti, doveva evidenziarsi che, nella specie, veniva in considerazione non l'espletamento di mansioni ordinarie o straordinarie di ufficio imposte dalla società appellata, bensì l'attività di accertamento, decisa, organizzata e gestita nella più ampia libertà e autonomia dal dirigente, il quale, peraltro, ben poteva delegarla al personale accertatore.

Da qui, pertanto, il conseguente ricorso per cassazione.

La posizione di legittimità

Nel ricorso per cassazione il dirigente denunciava la violazione dell'art. 2108 c.c., nonché vizio di motivazione, osservando che, ai fini del riconoscimento del lavoro straordinario, deve ritenersi sufficiente qualsiasi comportamento datoriale che riveli un'accettazione, anche tacita, della prestazione.

Inoltre, nonostante la funzione dirigenziale rivestita, veniva in ogni caso in evidenza il diritto alla remunerazione prestata in regime di lavoro straordinario, trattandosi di prestazioni che, per la loro sistematicità e collocazione oraria, superava anche quelle eccedenti l'orario normale di lavoro esigibile da un dirigente in ragione del carattere di subordinazione attenuata che caratterizza tale tipo di rapporto.

Sul punto il collegio di legittimità,

- nel mettere in evidenza come la Corte d'appello avesse motivato le sue conclusioni sul punto con una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali di per sé idonea a sostenere il decisum,

- ha ritenuto le ragioni del ricorrente non idonee a superare il rilievo della sentenza d'appello, secondo cui la regolamentazione dell'attività, come effettuata nei due coevi accordi tra le parti, prevedeva la sua riconduzione alle attività esterne svolte dai titolari di filiale nell'ambito delle loro mansioni nella massima libertà, con attribuzione altresì, a titolo di retribuzione, di un'indennità mensile forfetaria, ovvero della diaria, se svolta in altri comuni, sostanzialmente sulla base del risultato conseguito e non sulla durata della prestazione, come avviene invece per il lavoro straordinario.

Più nel dettaglio, le considerazioni del ricorrente secondo cui al fine del riconoscimento dello straordinario è sufficiente la presenza di un comportamento datoriale rivelante un'accettazione, anche tacita, della prestazione (cfr. al riguardo, Cass. n. 1015/1985; n. 8129/1992), non sono state idonee per superare il rilievo offerto sul punto della Corte territoriale.

Quanto poi al rilievo che il ricorrente, in quanto dirigente, non aveva neppure diritto a compenso per le eventuali prestazioni di lavoro straordinario, l'affermazione del medesimo secondo cui tali prestazioni, per la loro sistematicità e collocazione oraria, superavano anche quelle eccedenti l'orario normale di lavoro esigibile da un dirigente è stata ritenuta non accompagnata, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, dalla specifica indicazione e riproduzione delle risultanze processuali che dovrebbero sostenere tale assunto.

Da qui, pertanto, l'applicazione del principio, reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. ex plurimis, Cass. n. 12976/2001; n. 18240/2004; n. 13956/2005; n. 20454/2005), secondo cui, qualora la pronuncia impugnata sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, il rigetto delle doglianze relative ad una di tali ragioni rende inammissibile, per difetto di interesse, l'esame relativo alle altre, pure se tutte tempestivamente sollevate, in quanto il ricorrente non ha più ragione di avanzare censure che investono una ulteriore ratio decidendi, giacché, ancorché esse fossero fondate, non potrebbero produrre in nessun caso l'annullamento della decisione anzidetta.

Di conseguenza, lo specifico motivo di ricorso non può che essere rigettato.

Nel ricorso era stata parimenti denunciata la violazione di norme di diritto (art. 2109 c.c., comma 1; art. 36 Cost., comma 3), nonché vizio di motivazione, sul presupposto che la sottostante Corte d'appello avesse disatteso la domanda di attribuzione dell'indennità sostitutiva dei riposi compensativi non goduti.

A ben vedere, le argomentazioni della Corte territoriale, ad avviso della sentenza in esame, non appaiono pienamente esaustive, rientrando le attività di accertamento espletate nelle giornate di domenica nello svolgimento di compiti che la parte datoriale riconosceva come utili, tanto da specificamente remunerarle.

Nonostante ciò, le conclusioni a cui la sentenza d'appello è pervenuta sono tuttavia esatte in diritto, posto che, a mente dell'art. 1, comma 2, n. 4, della legge n. 370/1934, le disposizioni inerenti al riposo settimanale di 24 ore consecutive non si applicano, per quanto qui specificamente rileva, al personale preposto alla direzione tecnica od amministrativa di una azienda ed avente diretta responsabilità nell'andamento dei servizi.

La giurisprudenza di legittimità ha però avuto modo di precisare al riguardo che l'esclusione del diritto del personale direttivo al riposo settimanale e festivo, nonché al compenso speciale per lavoro oltre l'orario normale, non ha carattere assoluto, essendo soggetta, alla stregua dei principi dettati dalla Corte Costituzionale con la Sent. n. 101/1975, a limiti di ragionevolezza (con riferimento all'interesse del dipendente alla tutela della propria salute ed integrità fisico-psichica e alle obiettive esigenze e caratteristiche dell'attività svolta), verificabili dal giudice, sempreché il superamento di essi sia stato dedotto e provato dal dirigente (cfr. Cass. n. 5618/1984).

Orbene, sotto tale ultimo profilo, il ricorrente non ha però in alcun modo indicato, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione in base a quali risultanze processuali avrebbe dovuto ritenersi che tali limiti di ragionevolezza sarebbero stati nella specie superati, avendo per contro la Corte territoriale evidenziato, con accertamento fattuale intangibile in sede di legittimità, che l'attività in discorso riguardava poche ore, soprattutto la sera, in occasione degli spettacoli.

Da qui, pertanto, fatta salva una parziale correzione della motivazione di merito nei termini appena indicati, anche la censura in esame è stata disattesa dalla Corte di Cassazione.

CONCLUSIONI

Al di là di quanto statuito dalla Suprema Corte con la sentenza appena annotata, la regola generale normalmente seguita è quella che prevede che ai dirigenti non spetta la maggiorazione per lavoro straordinario; regola questa che presenta però un'eccezione, qualora il lavoro si svolga in un periodo molto lungo.

Come detto, ai dirigenti (ma, più in generale, al personale cd. direttivo) non si applicano le norme relative ai limiti di orario di lavoro: essi, infatti, possono avvicendare in modo autonomo lavoro e riposo, a condizione che venga rispettato l'obbligo di lavoro quotidiano.

Di conseguenza se il dirigente presta la propria attività lavorativa oltre il normale orario di lavoro, non ha diritto al compenso per lavoro straordinario.

Di questo avviso è stata quasi sempre la Corte di Cassazione che ha ritenuto giustificato il diverso trattamento tra i dirigenti e le altre categorie di lavoratori dipendenti in ragione del fatto che i primi sono dotati di poteri di iniziativa ed autonomia nell'esercizio di un'attività di lavoro qualitativamente superiori, che ammette e spesso richiede interruzioni e discontinuità, e per la quale non possono stabilirsi vincoli normali e costanti di orario, perché la sua durata è essenzialmente legata alla speciale natura delle funzioni e alle connesse responsabilità, e quindi necessariamente variabile.

Da ciò consegue che anche la retribuzione del personale investito di funzioni direttive non è stabilita in rapporto alla quantità del lavoro prestato, bensì essenzialmente con riguardo alla qualità di tale lavoro, che, per la sua natura, non sembra suscettibile di stima e remunerazione commisurata ad ore, così come avviene per il lavoro ordinario e straordinario di altre categorie di lavoratori.

Pur tuttavia, la medesima giurisprudenza di legittimità ha nel tempo ritenuto che un limite quantitativo globale, ancorché non stabilito dalla legge o dal contratto in un numero massimo di ore di lavoro, sussiste pur sempre, anche per il personale direttivo, anzitutto in rapporto alla necessaria tutela della salute ed integrità fisio-psichica, garantita dalla Costituzione a tutti i lavoratori, e, sempre nel rispetto di questo principio, in rapporto alle obiettive esigenze e caratteristiche dell'attività richiesta alle diverse categorie di dirigenti o funzionari con mansioni direttive: talché al giudice è sicuramente consentito di esercitare, nelle singole fattispecie, un controllo sulla ragionevolezza della durata delle prestazioni di lavoro pretese dall'imprenditore, con riguardo alla natura delle funzioni espletate ed alle effettive condizioni ed esigenze del servizio, secondo i diversi tipi di imprese.

Due ad avviso della Suprema Corte sono i criteri da utilizzarsi per stabilire se il dirigente abbia prestato del lavoro straordinario con il conseguente diritto alla maggiorazione.

Il primo di tale criterio è il limite della ragionevolezza; il secondo, quello della prassi aziendale.

Il criterio della ragionevolezza appare sin troppo soggettivo, risultando tra l'altro di non facile applicazione.

In assenza di un tale parametro, si fa riferimento al criterio della prassi aziendale, con la conseguenza che si considera lavoro ordinario del dirigente quello prestato mediamente dagli altri dirigenti della stessa impresa.



(Art. 36 Cost., commi 2 e 3)
(Art. 2107 c.c.)
(Art. 2109, comma 1, c.c.)
(Legge n. 370/1934)
(D.Lgs. n. 66/2003)
(C. Cost. sent. n. 101/1975)
(C. Cost. sent. n. 23/1982)
(C. Cass. sent. n. 1015/1985)
(C. Cass. Sent. n. 8129/1992)


di Luigi Pelliccia

UNICO - ENTI NON COMMERCIALI: LE PRINCIPALI NOVITÀ DEL QUADRO RS

Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate prot. n. 10026/2011 del 31 gennaio scorso è stato approvato il modello Unico 2011-ENC con le relative istruzioni. Il modello è composto:

- dal frontespizio e dai quadri standard nonché dal modulo RW (riguardante gli investimenti all'estero ed i trasferimenti da e per l'estero di denaro, titoli e valori mobiliari;

- dal modello IVA/2011, con esclusione del frontespizio e del quadro VX;

- dai modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione dei parametri per il periodo d'imposta 2010 (che devono essere presentati dagli esercenti attività professionali per le quali non sono stati approvati gli studi di settore, ovvero, anche se approvati, per le quali operano le condizioni di inapplicabilità individuate nei provvedimenti di approvazione degli studi stessi);

- dai modelli da utilizzare per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore (che però vengono approvati con provvedimenti separati che, contestualmente, individuano gli elementi contabili ed extracontabili rilevanti ai fini degli studi, soggetti ad asseverazione di cui all'art. 35, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 241/1997).

La struttura di UNICO ENC riflette la struttura della normativa che disciplina le modalità di determinazione del reddito complessivo di tali enti, modello e normativa manifestamente analoghi, nel loro schema, a quelli relativi alle persone fisiche (1).

La norma di riferimento è, infatti, l'art. 143 del T.U.I.R. che dispone: «Il reddito complessivo degli enti di cui all'art. 73 è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti da imposta o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta o ad imposta sostitutiva» (2).

Come in UNICO Persone Fisiche, nel quadro RN confluiscono i redditi singolarmente determinati secondo le regole che presiedono ciascuna categoria, dichiarati nei corrispondenti quadri (RA ed RB per i beni immobili, RC per il lavoro dipendente, RG, RF ed RH nei casi di produzione di redditi d'impresa o di partecipazione in società di persone, RD ed RE rispettivamente per i redditi agrari e di allevamento e per i redditi di lavoro autonomo, RL ed RM per i redditi diversi e per i redditi di capitale ed, infine, RQ dedicato alle imposte sostitutive) ed a seconda della tipologia dell'ente dichiarante.

Si aggiungono, infine, il quadro PN, dedicato ai Trust, il quadro RU per i crediti d'imposta, il quadro RT relativo alle plusvalenze soggette ad imposta sostitutiva ed il quadro RO per l'indicazione degli organi sociali.

In particolare, il quadro RS - «Prospetti comuni ai quadri RC, RD, RE, RF, RG, RH e prospetti vari», riservati alle perdite non compensate, agli incentivi, al calcolo degli «oneri», è stato integrato con righi, sezioni e prospetti destinati all'indicazione dei dati relativi alle ultime novità normative tra cui:

- l'introduzione del «bonus campionari», previsto dall'art. 4, commi da 2 a 4, D.L. n. 40/2010 - conv. dalla legge n. 73/2010 (cd. «Tremonti tessile»), che promuove gli investimenti in attività di ricerca industriale e sviluppo «precompetitivo» da parte di imprese che operano nel settore tessile;

- la sospensione dell'imposta sugli utili reinvestiti da parte delle imprese aderenti ai «contratti di rete» di cui all'art. 42, comma 2-quater e ss., del D.L. n. 78/2010.

Il quadro RS da quest'anno ospita inoltre:

- la sezione per l'adeguamento alle risultanze degli studi di settore ai fini IVA;

- il nuovo prospetto «prezzi di trasferimento» per l'applicazione del regime di esonero previsto dal comma 2-ter dell'art. 1, D.Lgs. n. 471/1997, introdotto dall'art. 26 del D.L. n. 78/2010.




Il nostro intervento riguarderà, nello specifico, le novità che influenzano la determinazione del reddito d'impresa e di lavoro autonomo, attività quest'ultima, raramente esercitata tra gli enti non commerciali.

IL REDDITO D'IMPRESA DEGLI ENTI NON COMMERCIALI: IMPIANTO NORMATIVO GENERALE DI RIFERIMENTO

Notoriamente, gli enti non commerciali possono svolgere - accanto all'attività istituzionale ed entro certi limiti - attività considerate dal punto di vista fiscale commerciali i cui redditi devono, pertanto, essere dichiarati - nel quadro RF o nel quadro RG di UNICO ENC - e sottoposti ad imposizione fiscale.

È altresì notorio che la normativa fiscale (con esclusione per le Onlus) per individuare il carattere commerciale dell'attività d'impresa eventualmente svolta ai fini dell'applicazione della specifica disciplina agevolativa, non adotta un approccio finalistico ma guarda concretamente che tale attività sia configurabile quale attività d'impresa, disponendo tra l'altro, in via generale, l'obbligo di tenerne separatamente la relativa contabilità.

Quanto agli obblighi contabili, si osserva che il Codice civile non ne prevede alcuno a carico degli enti non commerciali che svolgono esclusivamente attività istituzionali in quanto, ai sensi dell'art. 2214 c.c., tali obblighi gravano soltanto sulle imprese commerciali.

Diversamente, il nostro ordinamento fiscale prevede una serie di disposizioni concernenti l'attività degli enti non commerciali e, in generale, distingue tra attività istituzionale ed attività commerciale «occasionale», fiscalmente irrilevanti, ed attività commerciale, fiscalmente rilevante.

Prima tra tutte, la disposizione contenuta nell'art. 20 del D.P.R. n. 600/1973, rubricato «Scritture contabili degli enti non commerciali», che nel disporre «le disposizioni degli artt. 14, 15, 16, 17 e 18 si applicano, relativamente alle attività commerciali eventualmente esercitate, anche agli enti soggetti all'IRPEG che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali», sancisce l'obbligo di separazione dell'ambito dell'attività istituzionale da quello dell'attività commerciale eventualmente svolta.

L'obbligo della tenuta della contabilità separata è poi sancito, con riguardo sia agli enti in contabilità ordinaria che agli enti in contabilità semplificata, salvo specifiche deroghe. Tale normativa va, infatti, integrata con le disposizioni che prevedono obblighi specifici in relazione alle particolari tipologie di enti o di attività.

Trattandosi di soggetti Ires, l'attività commerciale svolta occasionalmente è sottoposta, ai sensi del più volte citato art. 20, alle norme contenute negli artt. da 14 a 16 del D.P.R. n. 600/1973 ovvero nell'art. 18 dello stesso decreto, fermo restando che il regime naturale di tali soggetti, così come per i soggetti che rivestono la forma giuridica di società di capitali, rimane quello ordinario qualora, in un intero anno, siano stati conseguiti ricavi per un importo complessivo pari a 309.874,14 euro, per gli enti esercenti attività di prestazioni di servizi, ovvero di 516.456,90 euro, per le imprese esercenti altre attività.

Nelle ipotesi del regime ordinario il reddito di esercizio viene determinato ai sensi dell'art. 55 T.U.I.R. (quadro RF) partendo per ogni periodo d'imposta dal bilancio contabile di gestione (3), cui vanno apportate le variazioni previste e gli obblighi contabili, fissati dall'art. 14 del D.P.R. n. 600/1973, salvo il disposto del D.P.R. n. 435/2001 con riguardo ai registri dei beni ammortizzabili ed ai registri prescritti ai fini IVA.

Il regime semplificato di cui all'art. 18 del D.P.R. n. 600/1973 è anch'esso legato all'ammontare dei ricavi conseguiti nell'anno precedente a quello in corso che non devono superare, esattamente, 309.874,14 euro per gli enti esercenti attività di prestazioni di servizi ovvero 516.456,90 euro, per le imprese esercenti altre attività. Tale sistema contabile molto semplice, esonera dall'obbligo di redigere il bilancio. Il reddito è determinato, ai sensi dell'art. 66 T.U.I.R. (quadro RG) ed è dato dalla differenza tra ricavi e spese del periodo d'imposta cui vanno sommati e sottratti gli altri elementi positivi e negativi di reddito.

Gli obblighi contabili (art. 18 del D.P.R. n. 600/1973) sono rappresentati dalla tenuta dei registri IVA (fatture emesse/corrispettivi e acquisti), integrati con l'annotazione delle operazioni non soggette ad IVA ma rilevanti per la determinazione del reddito, del registro dei beni ammortizzabili (ovvero dalle corrispondenti annotazioni sul registro IVA acquisti), delle scritture contabili previste per i sostituti d'imposta relative ai dipendenti e, infine, dei registri previsti da leggi speciali.

Ai sensi dell'art. 145 del T.U.I.R., infine, gli enti ammessi alla contabilità semplificata ai sensi dell'art. 18 possono optare per il regime forfettario. In tal caso il reddito viene calcolato applicando all'ammontare dei ricavi conseguiti nell'esercizio dell'attività commerciale un coefficiente di redditività, distinto per scaglioni di ricavi e tipo di attività (4).

IL QUADRO RS E LE NOVITÀ IN MATERIA DI REDDITO D'IMPRESA E DI LAVORO AUTONOMO

Come accennato nel modello UNICO ENC 2011, trovano spazio all'interno del quadro RS, accanto alle novità dello scorso anno (5), le novità introdotte dall'art. 4, commi da 2 a 4, del D.L. n. 40/2010, e dall'art. 42-quater, comma 2-bis, del D.L. n. 78/2010, il cui dettato influisce direttamente sulla determinazione dell'eventuale reddito d'impresa conseguito dall'ente.

Il quadro RS è composto dai prospetti di raccordo ai vari quadri interni del modello unico ENC; vi si indicano, infatti, i dati che andranno poi riportati all'interno dei singoli quadri di determinazione del reddito interni allo stesso modello di dichiarazione. Per tale ragione devono essere compilati tanti quadri RS quanti sono i quadri di riferimento (6).

Quest'anno il quadro RS si presenta integrato dai quattro nuovi righi (da RS 83 a RS 87) come indicato nella precedente tabella.

Rigo RS 84: La cd. agevolazione «Tremonti tessile»

Nel nuovo modello UNICO ENC debutta il Rigo RS 84, dedicato alla dichiarazione dei dati relativi all'incentivo fiscale di cui al D.L. n. 40/2010, art. 4, commi da 2 a 4.

La suddetta agevolazione esclude dall'imposizione sul reddito, il valore, nel limite complessivo di 70 milioni di euro, degli investimenti in attività di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo, finalizzati alla realizzazione di campionari nell'Unione europea, effettuati a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2009 e fino alla chiusura del periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2010, dalle imprese del settore tessile che svolgono alcune delle attività individuate nella tabella Ateco 2007 (preparazione e filatura di fibre tessili - voce 13, abbigliamento, pelli e pellicce - voce 14, articoli in pelle e similari - voce 15 e produzione di bottoni - voce 32.99.20).

Con la Circ. n. 22/E del 2010, l'Agenzia delle entrate ha fornito i chiarimenti in merito alle attività agevolabili specificando, tra l'altro, le attività incluse nella definizione «ricerca industriale» (le attività di indagini per acquisire nuove conoscenze per mettere a punto nuovi prodotti o il miglioramento di beni già esistenti, la creazione di componenti di sistemi per la validazione delle tecnologie) e quelle rientranti nell'ambito della definizione «sviluppo precompetitivo» (l'acquisizione delle conoscenze scientifiche, tecnologiche e commerciali per progettare o disegnare prodotti; la realizzazione di prototipi e progetti pilota destinati a scopi commerciali; la produzione e il collaudo di prodotti, processi e servizi).

La legge di conversione del decreto (legge n. 73/2010) ha variato il limite dell'agevolazione elevandolo a 500 mila euro ad azienda nel triennio 2008-2010. Ha, altresì, modificato l'ambito di applicazione della norma con riguardo ai soggetti beneficiari escludendo le imprese del settore in crisi dal 1° luglio 2008 che, dunque, non possono avvalersi della detassazione (7).

L'agevolazione, cui si accedeva previa istanza, consiste, in concreto, in una deduzione dal reddito d'impresa del periodo d'imposta in cui sono stati effettuati gli investimenti agevolabili e può essere fruita in sede di versamento delle imposte sui redditi.

Tornando al modello, nel rigo RS 84, colonna 1, va indicato l'ammontare degli investimenti, nella colonna 2, la quota degli investimenti agevolabili. Tale dato dovrà poi essere riportato all'interno dei singoli quadri di determinazione dei redditi, nei quali è stata aggiunta l'apposita colonna.

Rigo RS 85: Reti di imprese

Dal punto di vista strettamente fiscale, l''incentivo di cui all'art. 42 del D.L. n. 78/2010 - commi da 2-quater al comma 2-septies - consiste in un regime di sospensione di imposta di cui possono fruire gli utili d'esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati alla realizzazione di investimenti previsti dal programma comune, redatto, e preventivamente asseverato, dalle imprese che sottoscrivono o aderiscono a un contratto di rete.

Il contratto di rete è disciplinato dal comma 4-ter dell'art. 3 del D.L. n. 5 del 2009 ed ha per oggetto sostanzialmente il «programma comune di rete», sulla base del quale gli imprenditori si obbligano a «collaborare in forme e ambiti predeterminati attinenti all'esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale commerciale tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa» per perseguire lo scopo di «accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato».

Il contratto di rete, inoltre, «può anche prevedere l'istituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l'esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso».

Detto beneficio spetta a condizione che le somme accantonate siano destinate al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato all'affare, per realizzare entro l'esercizio successivo gli investimenti previsti dallo stesso programma.

Il medesimo comma 4-ter, nell'indicare analiticamente il contenuto del contratto di rete, annovera, infatti, alla lett. c) «la definizione di un programma di rete, che contenga l'enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante, le modalità di realizzazione dello scopo comune e, qualora sia prevista l'istituzione di un fondo patrimoniale comune, la misura e i criteri di valutazione dei conferimenti iniziali e degli eventuali contributi successivi che ciascun partecipante si obbliga a versare al fondo nonché le regole di gestione del fondo medesimo; se consentito dal programma, l'esecuzione del conferimento può avvenire anche mediante apporto di un patrimonio destinato costituito ai sensi dell'art. 2447-bis, primo comma, lett. a), c.c. ...».

In merito alla determinazione dell'importo agevolabile viene stabilito, altresì, che gli utili che non concorrono alla formazione del reddito non possono eccedere, in ogni caso, il limite di euro 1.000.000 per ciascuna impresa, nonché per ciascun periodo d'imposta in cui è consentito l'accesso all'agevolazione (8).

Si tratta di un'agevolazione temporanea, valida fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2012, che spetta esclusivamente ai fini delle imposte sui redditi, con esclusione dell'Irap, e la cui operatività è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'art. 108, par. 3, del TFUE (cd. clausola di stand still) (9).

Il regime di sospensione di imposta cessa, e quindi gli utili accantonati concorrono alla formazione del reddito, nell'esercizio in cui la riserva è utilizzata per scopi diversi dalla copertura di perdite di esercizio ovvero in cui viene meno l'adesione al contratto di rete.

Il beneficio fiscale in commento opera esclusivamente in sede di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta relativo all'esercizio cui si riferiscono gli utili destinati al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato all'affare.

Per il periodo d'imposta successivo, l'acconto delle imposte dirette è calcolato assumendo come imposta del periodo precedente quella che si sarebbe applicata in mancanza delle previsioni di cui al comma 2-quater.

Con riferimento agli oneri dichiarativi, al rigo RS85, colonna 1, va dichiarata la quota di utili destinati al fondo patrimoniale o al patrimonio destinato all'affare relativi all'anno d'imposta 2010, nella colonna 2 va indicata la quota di utili agevolabili, indicati alla colonna 1, che devono poi essere riportati nei singoli quadri di determinazione del reddito.

Rigo RS 83: Adeguamento studi di settore ai fini IVA

Altra importante novità da segnalare è quella riguardante il trasferimento della sezione destinata alla dichiarazione dei dati relativi all'adeguamento agli studi di settore ai fini IVA all'interno del quadro RS, al rigo RS83.

L'adeguamento agli studi di settore ai fini IVA si effettua applicando l'aliquota media IVA ai maggiori ricavi/compensi derivanti dall'«allineamento» e versando l'imposta così calcolata entro il termine previsto per il versamento a saldo dell'imposta.

Ricordiamo che per il versamento dell'IVA da adeguamento agli studi di settore è stato istituito l'apposito codice tributo 6494, denominato «Studi di settore - adeguamento» e che il D.L. n. 78/2009 (Manovra estiva 2009) ha poi esteso a tale versamento la possibilità di pagamento in forma rateale, secondo le modalità previste per il pagamento rateale delle somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte (10).

Non cambiano posizione, invece, i corrispondenti dati relativi alle imposte dirette che mantengono il proprio spazio nei rispettivi quadri di determinazione del reddito - RE, RF e RG di UNICO ENC.

Rigo RS 86: Prezzi di trasferimento - la comunicazione di adozione degli oneri documentali

Il prospetto «prezzi di trasferimento» del quadro RS di UNICO ENC 2011, deve essere compilato dai soggetti residenti nel territorio dello Stato che, rispetto a società non residenti nello stesso, si trovino in una delle seguenti condizioni indicate dall'art. 110, comma 7, T.U.I.R. e cioè:

- direttamente o indirettamente controllano l'impresa;

- direttamente o indirettamente ne sono controllate;

- sono controllate, direttamente o indirettamente, dalla stessa società che controlla l'impresa.

In tale prospetto, in particolare, si trova la casella «Possesso documentazione» che deve essere barrata in caso di possesso della documentazione prevista dal provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate 29 settembre 2010, ai sensi dell'ultimo periodo del primo comma dell'art. 26 del D.L. n. 78/2010 secondo cui «il contribuente che detiene la documentazione prevista dal provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate 29 settembre 2010 deve darne apposita comunicazione all'Amministrazione finanziaria secondo le modalità ed i termini ivi indicati».

Si tratta, in particolare, della documentazione che le imprese possono consegnare all'Amministrazione finanziaria, in sede di controllo delle operazioni di transfer pricing, per consentire agli accertatori il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati, e cioè, di verificare la corrispondenza dei prezzi determinati tra imprese associate multinazionali con quelli praticati in regime di libera concorrenza.

La Circ. n. 58/E del 15 dicembre 2010 con la quale l'Agenzia delle entrate ha fornito dettagliati chiarimenti sull'argomento, ha spiegato che la suddetta comunicazione deve essere effettuata, per quanto riguarda i periodi di imposta a partire da quello in corso al 31 maggio 2010 (11), con la dichiarazione annuale dei redditi e quindi nel prospetto in argomento.

In caso di possesso di idonea documentazione, per effetto del disposto del comma 2-ter dell'art. 1 del D.Lgs. n. 471 del 1997, introdotto dall'art. 26, del D.L. n. 78/2010, viene esclusa l'applicazione della sanzione prevista dal comma 2 dell'art. 1 del D.Lgs. n. 471 del 1997, in materia di dichiarazione infedele, connessa, appunto, alle verifiche effettuate ai sensi dell'art. 110, comma 7.

Rigo RS 87: Consorzi di imprese

Le imprese consorziate, facenti parte di un consorzio con attività esterna e senza finalità di lucro, alle quali quest'ultimo - azzerato il proprio eventuale debito IRES - ha trasferito le ritenute d'acconto del 10% previste per le prestazioni di recupero del patrimonio edilizio (ai sensi dell'art. 1 della L. 27 dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni) nonché per le spese per interventi di risparmio energetico (di cui all'art. 1, commi 344, 345, 346 e 347, della L. 27 dicembre 2006, n. 296 e successive modificazioni), devono compilare il prospetto «consorzi di imprese» per scomputare dal proprio reddito la quota di ritenute, trasferite, appunto, dal consorzio.

La Ris. n. 2/E del 4 gennaio 2011 chiarisce in merito che «in relazione alla ritenuta d'acconto del 10% prevista dall'art. 25 del D.L. n. 78 del 2010 (12) si rileva che la norma intende perseguire la finalità di contrastare la sottrazione di materia imponibile da parte di coloro che rendono prestazioni per le quali i committenti beneficiano di vantaggi fiscali. Sul piano logico-sistematico appare, quindi, coerente, che l'onere della ritenuta sia sopportato, anziché dal soggetto che svolge funzioni di carattere strumentale e organizzativo, dai soggetti che effettivamente eseguono gli interventi agevolati e ne conseguono i relativi redditi. Si ritiene, pertanto, che le ritenute subite dai consorzi di imprese con attività esterna e senza finalità lucrative, per le prestazioni di recupero edilizio o di riqualificazione energetica, possano da questi essere trasferite ai singoli consorziati che hanno effettivamente eseguito i lavori».

Condizione fondamentale per il trasferimento delle quote di ritenute è che la volontà di effettuare tale cessione emerga da un atto di data certa (atto costitutivo del consorzio, ovvero verbale del consiglio di amministrazione).

(Art. 4, D.L. 25 marzo 2010, n. 40)
(Art. 26, D.L. n. 78/2010)
(Art. 42, D.L. n. 78/2010)

mercoledì 27 aprile 2011

CCNL Confcommercio: ratificata l’ipotesi di rinnovo

In data 6 aprile 2011 è stata ratificata l’ipotesi di accordo di rinnovo del CCNL del Terziario Confcommercio siglata il 26 febbraio 2011.

Diventano definitive le novità di seguito elencate:

DETASSAZIONE DEL 10%: qualora previsti in accordi o intese di secondo livello, sono oggetto di detassazione pari al 10% le somme legate ad incrementi di produttività, qualità, competitività, redditività, innovazione ed efficienza organizzativa che derivano da lavoro straordinario; lavoro supplementare; lavoro a turno; lavoro domenicale o festivo anche svolto durante il normale orario di lavoro; lavoro notturno; compensi per clausole elastiche e flessibili; premi variabili di rendimento; ogni altra voce retributiva finalizzata a incrementare la produttività aziendale, la qualità, competitività, redditività, innovazione ed efficienza organizzativa.

ELEMENTO DI GARANZIA: per le aziende che non stipulano accordi di secondo livello è introdotta la corresponsione di un nuovo elemento della retribuzione a favore dei lavoratori a tempo indeterminato, degli apprendisti, dei contratti di inserimento in forza al 31 ottobre 2013 che risultino iscritti nel libro Unico da almeno 6 mesi, dei lavoratori part-time rispetto ai quali, però, l’importo sarà riproporzionato.
Tale elemento retributivo dovrà essere corrisposto con la retribuzione di novembre 2013 e non è utile ai fini del calcolo di nessun istituto di legge o contrattuale, compreso il TFR. L’importo è comunque assorbito, sino a concorrenza, da ogni trattamento economico individuale o collettivo aggiuntivo rispetto a quanto previsto dal CCNL Terziario che venga corrisposto successivamente al I gennaio 2011.

AZIENDE 10 DIPENDENTI AZIENDE DA 11 DIPENDENTI
QUADRI – I e II LIVELLO 115 euro 140 euro
III e IV LIVELLO 100 euro 125 euro
V e VI LIVELLO 85 euro 110 euro
OPER. VEND.1 90 euro 115 euro
OPER VEND. 2 70 euro 95 euro

PERIODO DI PROVA: la durata massima del periodo di prova a seconda del livello è pari a:
 Quadri e Primo livello = 6 mesi di giorni di calendario
 Secondo e Terzo livello = 60 giorni effettivi di lavoro
 Quarto e Quinto livello = 60 giorni effettivi di lavoro
 Sesto e Settimo = 45 giorni effettivi di lavoro

PERIODO DI PREAVVISO DIMISSIONI: il periodo varia a seconda del livello e degli giorni di servizio

FINO A 5 ANNI TRA I 5 E 10 ANNI OLTRE I 10 ANNI DI SERVIZIO COMPIUTI
QUADRI – I LIVELLO 45 GIORNI 60 GIORNI 90 GIORNI
II e III LIVELLO 20 GIORNI 30 GIORNI 45 GIORNI
IV E V LIVELLO 15 GIORNI 20 GIORNI 30 GIORNI
VI E VII LIVELLO 10 GIORNI 15 GIORNI 15 GIORNI


MALATTIA: il trattamento economico a carico dell’azienda per i primi tre giorni di malattia (periodo di carenza) è così cadenzato:

 per i primi 2 EVENTI di malattia l’azienda integra i 3 giorni al 100%;
 per il TERZO EVENTO di malattia l’azienda integra i 3 giorni al 66%;
 per il QUARTO EVENTO di malattia l’azienda integra i 3 giorni al 50%;
 per il QUINTO EVENTO di malattia l’azienda non deve integrare.

Sono esclusi dall’applicazione di tale disciplina gli eventi morbosi dovuti a: ricovero ospedaliero, day-hospital; emodialisi; evento di malattia certificato con prognosi iniziale non inferiore a 12 giorni; sclerosi multipla o progressiva o patologie gravi e continuative che comportino terapie salvavita; eventi morbosi per le lavoratrici verificatisi durante il periodo di gravidanza.

Restano invariate le percentuali per i periodi successivi al terzo giorno:

 dal 4° al 20° giorno di malattia l’azienda integra il 75%;
 dal 21 al 180° giorno di malattia l’azienda integra il 100%.

NOVITA’ di RILIEVO: i datori di lavoro possono decidere di corrispondere direttamente il trattamento economico di malattia, in sostituzione all’INPS, con conseguente esonero dal versamento del relativo contributo all’ISTITUTO.

FONDO EST: il versamento al Fondo diventa obbligatorio.

 Oneri a carico del datore di lavoro:
□ versamento di 10 euro mensili per i lavoratori assunti a tempo pieno;
□ versamento di 7 euro per i lavoratori assunti a tempo parziale (dal I gennaio 2014 tale differenziazione verrà abolita e la contribuzione per le due tipologie di lavoratori verrà equiparata);
 contributo a carico dei lavoratori:
□ 2 euro pari a 1 euro mensile dal I giugno 2011 + 1 euro dal I gennaio 2012;
 il mancato versamento al Fondo prevede che l’azienda
□ eroghi 15 euro lordi non assorbibili da corrispondere per 14 mensilità che rientrano nella retribuzione di fatto;
□ assicurare ai lavoratori le medesime prestazioni sanitarie garantite dal Fondo sulla base del relativo nomenclatore sottoscritto dalle parti sociali.

FON.te: dal I gennaio 2011 il valore della quota associativa è pari a 22 euro.
Il valore massimo della contribuzione a carico del datore di lavoro è pari al 1.55% della retribuzione utile al computo del TFR per ogni lavoratore iscritto, quella minima dei lavoratori è uguale a 0.55% della retribuzione utile al computo del TFR.

ELEMENTO DISTINTO DELLA RETRIBUZIONE: l’azienda che ometta il versamento del contributo in favore dell’ENTE BILATERALE territoriale (0.10% a carico dell’azienda – 0.05% a carico del lavoratore su paga base) da marzo 2011 è tenuto a corrispondere per 14 mensilità un elemento distinto della retribuzione, non assorbibile, pari allo 0.30% di paga base e contingenza che rientra nella retribuzione di fatto e nella base di computo del TFR ed è utile agli effetti degli istituti legali e contrattuali.

ROL: per i lavoratori assunti dopo il 26 febbraio 2011, i permessi per riduzione orario (56 ore annue – 72 per le aziende con + di 15 dipendenti)
□ sono riconosciuti al 50% decorsi 2 anni dall’assunzione
□ sono riconosciuti al 100% decorsi 4 anni dall’assunzione.
In caso di trasformazione a tempo indeterminato di contratti di apprendistato, di inserimento o a termine, i 48 mesi decorreranno dalla data di prima assunzione indipendentemente dalla data dei suddetti contratti.

QU.A.S.: dal I giugno 2011 il contributo annuo a favore della Cassa assistenza sanitaria è obbligatorio ed è pari

□ 350 euro a carico del datore di lavoro
□ 56 euro a carico del lavoratore - quadro.

Il mancato versamento alla Cassa prevede che l’azienda eroghi al lavoratore 35 euro lordi non assorbibili, rientranti nella retribuzione di fatto e da corrispondere in 14 mensilità, nonché assicurare ai lavoratori le medesime prestazioni sanitarie garantite dal QuAS.

Dal I gennaio 2013 l’indennità di funzione dei quadri è incrementata di 10 euro per 14 mensilità.

Il contributo annuo obbligatorio al QUADRIFOR è pari a
□ 50 euro a carico azienda
□ 20 a carico del lavoratore – quadro.

martedì 26 aprile 2011

DEDUCIBILITÀ DELL'INDENNITÀ DI FINE RAPPORTO ATTRIBUITA AGLI AMMINISTRATORI DI SOCIETÀ DI CAPITALI

L'Associazione italiana Dottori Commercialisti ed esperti contabili di Milano, nella norma di comportamento n. 180, si occupa della deducibilità dell'indennità di fine rapporto attribuita agli amministratori di società di capitali; al riguardo l'associazione ritiene che il regime di deducibilità per competenza dall'imponibile IRES dell'indennità di fine rapporto si rende applicabile a prescindere dal fatto che il diritto all'indennità venga stabilito anteriormente all'inizio del rapporto, in sede di nuova nomina di amministratori il cui mandato è venuto a scadenza o in costanza di rapporto.

Ciò in quanto il rinvio operato dall'art. 105 del T.U.I.R. all'art. 17, comma 1, lett. c), del T.U.I.R., deve essere inteso come mero rinvio alla tipologia di reddito ivi menzionata (indennità per la cessazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa). In questo senso, ai fini della deducibilità degli accantonamenti previsti dall'art. 105 del T.U.I.R. non sarebbe, ad avviso dell'ADC, necessario il requisito della data certa, fermo restando che alle indennità non stabilite con atto avente data certa anteriore all'inizio del rapporto non sarebbe applicabile il criterio della tassazione separata.

MUTUI PRIMA CASA RINEGOZIATI: DETRAIBILI ANCHE GLI INTERESSI DA CONTO ACCESSORIO

Nella Ris. n. 43/E del 12 aprile 2011 l'Agenzia delle entrate, in risposta ad un quesito formulato dall'ABI, ha confermato la detraibilità degli interessi passivi relativi all'acquisto, alla costruzione ed alla ristrutturazione dell'abitazione principale risultanti dal piano di ammortamento del mutuo originario, indipendentemente dalla circostanza che siano corrisposti mediante il conto corrente accessorio nonché quelli derivanti dal conto corrente accessorio, nel limite, naturalmente, dell'importo di euro 4.000 previsto dalla legge.

Il chiarimento interessa i mutui a tasso variabile stipulati anteriormente al 28 maggio 2008 (e finalizzati all'acquisto, costruzione e ristrutturazione dell'abitazione principale) rinegoziati in forza della convenzione stipulata tra l'ABI ed il Ministero dell'economia e delle finanze allo scopo di trasformare il mutuo a tasso variabile in mutuo a rata fissa e durata variabile, mediante la corresponsione da parte del mutuatario di una rata fissa di ammontare predeterminato, risultante dall'applicazione all'importo ed alla scadenza originari del mutuo del tasso di interesse risultante dalla media dei tassi di interesse applicati nel 2006.

La differenza tra l'importo della rata dovuta secondo il piano di ammortamento originario e quello che risulta per effetto della rinegoziazione viene addebitata su un altro conto, denominato conto di finanziamento accessorio, che rappresenta per il mutuatario un debito nei confronti della banca, produttivo di interessi, capitalizzabili annualmente.

Ciò premesso, l'Agenzia delle entrate ha correttamente ritenuto che l'accensione di un conto di finanziamento, parallelo ed accessorio rispetto al contratto di mutuo originario, essendo strumentale al raggiungimento del fine preordinato dal legislatore, può considerarsi fiscalmente neutrale.

Conseguentemente gli istituti bancari, nel compilare l'attestazione relativa al pagamento degli interessi passivi, dovranno certificare l'importo degli interessi risultanti dal mutuo originario e di quelli risultanti dal conto accessorio.


(R.M. 12 aprile 2011, n. 43/E)

SPESOMETRO: RINVIO A LUGLIO

Con provvedimento direttoriale del 22 dicembre 2010, prot. n. 184182, è stata data attuazione all'obbligo di comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto di importo non inferiore a euro tremila, introdotto dall'art. 21 del D.L. n. 78/2010 e sono stati individuati i soggetti obbligati alla comunicazione, l'oggetto della comunicazione, i relativi elementi ed i termini di trasmissione, oltre che le relative modalità.

Nel provvedimento è previsto che l'obbligo si estende a tutti i soggetti passivi relativamente alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi rese e ricevute, per le quali, nel corso del periodo d'imposta, i corrispettivi dovuti dal cessionario o committente, o al cedente o prestatore, secondo le condizioni contrattuali, superano la soglia dei 3.000 euro, al netto dell'imposta applicata e, per le operazioni non soggette all'obbligo di fatturazione, la soglia di 3.600 euro, comprensiva dell'imposta sul valore aggiunto,

Al fine di consentire i necessari adeguamenti, anche di tipo tecnologico, connessi all'adempimento del nuovo obbligo di comunicazione delle operazioni per le quali non ricorre l'obbligo di emissione della fattura, con il presente provvedimento viene modificato il punto 2.5 del provvedimento del 22 dicembre 2010 che prevede, in fase di prima applicazione, l'esclusione dall'obbligo di rilevazione delle operazioni per le quali non ricorre l'obbligo di emissione della fattura effettuate fino al 30 aprile 2011, stabilendo che l'esclusione operi anche per tutte le operazioni effettuate dal 1° maggio 2011 al 30 giugno 2011.

(Agenzia delle entrate - Provv. 14 aprile 2011, n. 59327)

domenica 24 aprile 2011

ELEMENTO ECONOMICO DI GARANZIA nel rinnovo del contratto del commercio

Nell'ambito della riforma degli assetti contrattuali siglata nel 2009, si è dato ampio rilievo alla contrattazione di secondo livello.
E proprio per lo specifico scopo di rafforzare l'adesione ad una contrattazione integrativa che potrebbe anche prevedere elementi economici aggiuntivi a quelli previsti dagli accordi stipulati a livello nazionale quali potrebbero essere premi di tipo variabili come premi di risultato o di produzione, viene prevista una compensazione di tipo economico per quei lavoratori i cui datori di lavoro non aderiscano a una contrattazione di secondo livello (territoriale o aziendale). Il rinnovo del 26 febbraio u.s. ha previsto per tutti i dipendenti in forza al 31 ottobre 2013 e iscritti a libro matricola non oltre il primo maggio del 2013, in via sperimentale e legato alla durata del rinnovo, un importo una tantum in busta paga denominato «Elemento Economico di Garanzia», da erogarsi a novembre 2013.
Tale elemento aggiuntivo oltre ad aumentare i costi del personale, penalizza quei datori di lavoro che non hanno ritenuto di dover applicare, aderendovi, nessuna tipologia di contrattazione di secondo livello. Un bilanciamento di tipo economico così come previsto anche per la mancata adesione agli Enti Bilaterali e al FondoEst.
Destinatari
- Lavoratori a tempo indeterminato;
- apprendisti;
- titolari di contratto di inserimento.
Caratteristiche
- l'importo potrà essere erogato in proporzione al lavoro prestato nel periodo che va dal 1° gennaio 2011 (decorrenza nuovo contratto terziario) al 31 ottobre 2013;
- per i lavoratori part-time dovrà essere calcolato secondo il criterio di proporzionalità in relazione alla prestazione lavorativa svolta e quindi sulla base del rapporto fra orario settimanale o mensile ridotto ed il corrispondente orario intero previsto come indicato all'art. 76;
- l'EEG non farà parte degli elementi retributivi utili per il calcolo di alcun istituto di legge o contrattuale compreso il TFR, in quanto trattasi di istituti già presi in considerazione per la determinazione dell'elemento economico che si considera quindi omnicomprensivo;
- qualsiasi trattamento economico individuale o collettivo che sia aggiuntivo rispetto a quanto già previsto dal presente contratto e che venga corrisposto a far data 1° gennaio 2011, assorbe fino a concorrenza l'EEG da corrispondersi a novembre 2013.

giovedì 21 aprile 2011

Responsabilità amministrativa anche per imprese individuali

Il decreto 231 si applica anche alle imprese individuali, lo certifica la Corte di cassazione. E così la responsabilità amministrativa a carico degli enti per reati commessi dai dipendenti, a 10 anni dal suo debutto, conferma la sua forza espansiva.

La Cassazione, con sentenza depositata il 21 aprile, ha infatti respinto il ricorso presentato dalla difesa di un'impresa individuale di Caltanissetta alla quale il tribunale del riesame aveva deciso di infliggere la sanzione interdittiva della revoca dell'autorizzazione alla raccolta e conferimento di rifiuti speciali. La misura era stata decisa nell'ambito di un procedimento penale per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati in materia di trattamento dei rifiuti.

Per la Corte non si può negare che l'impresa individuale può essere assimilata a una persona giuridica nella quale viene a confondersi la persona dell'imprenditore come soggetto fisico che esercita una determinata attività: «Il che porta alla conclusione che, da un punto di vista prettamente tecnico, per impresa deve intendersi l'attività svolta dall'imprenditore-persona fisica per la cui definizione deve farsi rinvio agli art. 2082 e 2083 del Codice civile».

Il Sole 24 ORE di Venerdì 22 aprile 2011

Licenziamento illegittimo per mancato assolvimento dell’onere della prova da parte del datore

La Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n. 6375/2011 ha accolto, in raccordo con i giudici di merito di primo e secondo grado, il ricorso presentato da un lavoratore che ha impugnato il licenziamento comminatogli dal proprio datore di lavoro per aver tenuto un comportamento incompatibile con la verosimile sussistenza di uno stato patologico a seguito di un infortunio (distorsione alla caviglia) , poiché in questo periodo di malattia era risultato assente dal proprio domicilio per effettuare acquisti, come dimostrato esclusivamente da indagini investigative effettuate dal proprio datore.

La Suprema Corte ha dichiarato illegittimo il licenziamento in quanto l’insussistenza dello stato di malattia è dimostrabile solo ricorrendo alla procedura prevista dall’art. 5 dello Statuto dei Lavoratori, poiché è l’unico modo attraverso cui si evincono elementi rilevanti in merito all’elemento soggettivo, essenziale per l’illecito.

Ne deriva che risultano ingiustificati i dubbi sollevati dal datore riguardo i comportamenti tenuti dal dipendente durante lo stato morboso, poiché lo stesso si è basato esclusivamente su prove investigative private e non ha richiesto una visita di controllo (ex art. 5, L. n. 300/70) “come avrebbe potuto o dovuto al fine di contestare lo stato di inabilità lavorativa”, non assolvendo, dunque, l’onere della prova gravante sul datore di lavoro in materia di giustificazione del licenziamento.

In definitiva, solo il ricorso alla visita medica di controllo può offrire efficaci e rilevanti elementi di valutazione per il Giudice.

Cassazione Civile, Sez. Lavoro, sentenza 21/03/2011, n. 6375

Ricorsi amministrativi: solo presentazione telematica

L’INPS rende noto che a partire dal 26 aprile p.v. i ricorsi amministrativi necessari per la procedibilità delle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie (ex art. 443 c.p.c.) non potranno più essere inviate all’Istituto in via cartacea.

Le uniche modalità per presentare la domanda di ricorso sono:

 on-line, effettuando l’accesso al sito www.inps.it attraverso l’inserimento del proprio codice PIN;
 tramite i patronati e tutti gli intermediari dell’Istituto sempre attraverso i servizi telematici.

mercoledì 20 aprile 2011

TREMONTI-TESSILE: FISSATA LA PERCENTUALE DEL RISPARMIO D'IMPOSTA

Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 24 marzo 2011 è stata definita la misura percentuale del risparmio d'imposta ottenibile in UNICO 2011 in relazione al cd. «bonus tessile» di cui all'art. 4, commi da 2 a 4, del D.L. n. 40/2010.

Tale disposizione prevede la concessione di un'agevolazione consistente nell'esclusione dall'imposizione sul reddito d'impresa del valore degli investimenti in attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo finalizzate alla realizzazione di campionari fatti nell'Unione europea dalle imprese che svolgono le attività di cui alle divisioni 13, 14, 15 o 32.99.20 in relazione all'attività di fabbricazione di bottoni della tabella ATECO 2007 a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2009 e fino alla chiusura del periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2010.

Il provvedimento direttoriale del 10 settembre 2010, con il quale è stato approvato il modello di comunicazione contenente i dati degli investimenti in attività di ricerca e sviluppo (mod. CRT), con le relative istruzioni, ha stabilito che l'Agenzia delle entrate determini la percentuale massima del risparmio d'imposta spettante sulla base del rapporto fra l'ammontare delle risorse stanziate e l'ammontare del risparmio d'imposta complessivamente richiesto.

Tale percentuale è stata ora determinata nella misura del 25,1903% (con troncamento alla quarta cifra decimale) sulla base del rapporto tra le risorse stanziate, ammontanti ad euro 70 milioni, e l'importo del risparmio d'imposta complessivamente richiesto, risultante appunto dalle comunicazioni contenenti i dati degli investimenti in attività di ricerca e di sviluppo (mod. CRT) validamente presentate.

Il provvedimento precisa, inoltre, che nel calcolo della percentuale non si è tenuto conto delle somme che superano il tetto massimo di 500 mila euro di risparmio fiscale per ogni impresa richiamato dal D.L. n. 40/2010.

DURC, DALL'8 GIUGNO IL NUOVO REGOLAMENTO PER I CONTRATTI PUBBLICI: CHI LO CHIEDE E PER QUALI MOTIVI

Dall'8 giugno 2011 entra in vigore il nuovo regolamento sulla tutela dei lavoratori e sulla regolarità contributiva, che contiene una specifica trattazione sul DURC. In materia INPS e INAIL hanno emanato due distinte circolari con testo congiunto. Qualsiasi soggetto, sia esso persona fisica o persona giuridica, che sia parte di un rapporto contrattuale con la Pubblica amministrazione, deve essere in possesso del documento di regolarità contributiva nei confronti di INPS, INAIL e, se opera nel settore edilizia, Casse edili.

Per il rilascio del Durc il soggetto interessato deve essere iscritto contemporaneamente ad almeno due degli Enti tenuti al rilascio del documento stesso, con esclusione del solo commercio su aree pubbliche gestito dal solo titolare, in questo caso basta l'attestazione INPS.

Il Durc è necessario per stabilire la regolarità contributiva in occasione dei contratti pubblici, siano essi di lavori, servizi o forniture.

I casi in cui occorre il DURC. La circolare elenca le fattispecie per le quali il DURC deve essere acquisito in caso di contratto pubblico:

a) per la verifica della dichiarazione sostitutiva in relazione all'assenza di violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali;

b) per l'aggiudicazione definitiva del contratto;

c) per la stipula del contratto;

d) per il pagamento degli stati avanzamento lavori (SAL);

e) per il certificato di collaudo, il certificato di regolare esecuzione, il certificato di verifica di conformità, l'attestazione di regolare esecuzione, il pagamento del saldo finale.

Il testo ricorda a questo proposito che deve essere acquisito un DURC per ogni singolo contratto pubblico e, all'interno di questo, un DURC per ogni fase.

Per quanto riguarda l'attestazione della regolarità si applica il criterio dello «scostamento non grave» che si realizza, con riferimento a ciascun periodo di contribuzione, quando la differenza tra il dovuto e il versato:

a) è inferiore o pari al 5% (ancorché complessivamente superiore ai 100 euro);

b) è superiore al 5% ma il debito complessivo è inferiore ai 100 euro.

La richiesta. Il DURC deve essere richiesto: dalle stazioni appaltanti pubbliche che lo acquisiscono d'ufficio, anche attraverso strumenti informatici; dagli istituti o dagli enti abilitati al rilascio in tutti i casi in cui è richiesto dalla legge.

Per questi soggetti INAIL, INPS e Casse edili rilasciano l'abilitazione per l'accesso al servizio on-line.

Nei confronti dei soggetti diversi dalle amministrazioni aggiudicatrici, invece, il regolamento dispone che il DURC sia prodotto dagli operatori economici; pertanto, le imprese pubbliche che non sono amministrazioni aggiudicatrici non sono tenute ad acquisire d'ufficio il DURC ma, avendone comunque facoltà in quanto stazioni appaltanti, possono richiedere l'utenza di accesso alla procedura.

Vale tre mesi. Il regolamento conferma la validità trimestrale del DURC rilasciato ai fini:

1) della verifica della dichiarazione sostitutiva, 2) dell'aggiudicazione, 3) della stipula del contratto, 4) dei pagamenti degli stati di avanzamento lavori (SAL) e delle prestazioni relative a servizi e forniture (fatture), 5) dell'acquisizione in economia di soli beni e servizi con il sistema dell'affidamento diretto, 6) dell'attestazione SOA, 7) dell'iscrizione all'albo fornitori.

Il periodo di validità trimestrale decorre dalla data di emissione del certificato.

Un DURC richiesto per una determinata finalità, indicata sullo stesso certificato, non può essere utilizzato in un ambito applicativo diverso da quello per cui è stato emesso. È perciò illegittimo l'uso, nei contratti pubblici, di un DURC rilasciato per altre tipologie (es. lavori privati in edilizia o agevolazioni, finanziamenti, sovvenzioni e autorizzazioni).

Casse edili. Per le imprese inquadrate o inquadrabili nel settore edile il Durc deve contenere anche la verifica della regolarità contributiva nei confronti delle Casse edili, che provvedono a rilasciare il certificato. Tale verifica viene effettuata a condizione che l'impresa dichiari di applicare il contratto dell'edilizia in presenza di personale operaio ovvero in relazione ai soli dipendenti impiegati e tecnici, ai quali si applica uno dei contratti collettivi nazionali dell'edilizia. Nei contratti pubblici (per l'effettuazione di lavori) fanno eccezione a tale regola le imprese edili individuali (quelle cioè che non occupano personale dipendente) e le imprese con dipendenti che applicano il contratto metalmeccanici.

Il Durc viene emesso nel momento in cui tutti gli enti hanno inserito nella procedura l'esito della propria verifica e, comunque, al 31° giorno dalla data di richiesta. Viene invece emesso al 46° giorno nell'ipotesi in cui la pratica sia stata sospesa a fini istruttori o per regolarizzazione.

Nei confronti di INPS e INAIL si applica l'istituto del silenzio-assenso. Pertanto, nei casi in cui entro il termine di 30 giorni uno dei suddetti Enti non si sia pronunciato, nei confronti di tale Ente si considera attestata la regolarità contributiva.

(INPS - Circ. n. 59 del 28 marzo 2011)
(INAIL - Circ. n. 22 del 24 marzo 2011)

INVALIDI CIVILI, SOSPESA LA PENSIONE A CHI NON SI PRESENTA ALLA VISITA MEDICA DI CONTROLLO

Sospese le prestazioni nei confronti degli invalidi civili che non si sono presentati a visita medica di controllo. La sospensione è stata attuata dall'INPS dopo avere accertato che la convocazione per raccomandata era giunta a destinazione.

Gli interessati sono informati della sospensione con una lettera, che contiene anche l'invito a rivolgersi all'INPS per fissare una nuova visita. In quest'ultimo caso, trattandosi di prestazione sospesa, la convocazione sarà stabilita con priorità assoluta. Si dovrà invece ripristinare il pagamento sospeso nel caso in cui venga accertato che la mancata presentazione a visita era stata determinata da:

a) degenza in strutture sanitarie protette;

b) ricovero in strutture ospedaliere;

c) ricorrenza di condizioni che comportano l'esonero dalla visita;

d) condizioni di intrasportabilità.

Delle sospensioni devono essere informate le associazioni di categoria ENS (sordomuti), ANMIC (invalidi civili), UIC (ciechi), affinché collaborino nell'attività di comunicazione agli interessati delle iniziative prese dall'Istituto e nel fornire i dati e le notizie necessari per l'eventuale richiesta di una nuova convocazione a visita. Nel frattempo l'INPS accellererà le visite sanitarie di controllo nei confronti degli invalidi, sordi, ciechi, la cui pensione è soggetta a revisione. Gli interessati verranno chiamati a visita prima della scadenza stessa per essere sottoposti anche alla verifica straordinaria in corso nel 2011.

INAIL: LIMITI RETRIBUTIVI 2011 PER IL CALCOLO DEI PREMI ASSICURATIVI

È di 44,95 euro il minimale di retribuzione giornaliera 2011 sul quale si calcolano i premi assicurativi dovuti all'INAIL. L'aumento rispetto al valore 2010 è stato calcolato sulla percentuale 1,6% di variazione dei prezzi al consumo. Il limite mensile per chi è retribuito per le intere 26 giornate sale a 1.156,74 euro.

Nella corposa circolare l'INAIL dedica molta attenzione alle retribuzioni convenzionali, ai lavoratori parasubordinati (minimo mensile: 1.204,70 euro; massimo mensile: 2.237,30 euro), agli sportivi professionisti dipendenti (minimo pensione: 14.456,40 euro; massimo mensile: 26.847,60 euro), ai premi speciali unitari (artigiani, cooperative di facchinaggio, lavori di frangitura e spremitura di olive, pescatori della piccola pesca marittima e delle acque interne, alunni di scuole di ogni ordine e grado non statali, ecc.

IMPRESE DI ASSICURAZIONE: NASCE IL FONDO DI SOLIDARIETÀ

Il Fondo, istituito presso l'INPS, ha lo scopo di finanziare processi formativi di riconversione o riqualificazione professionale e specifici trattamenti ai lavoratori sospesi o a orario ridotto. In via straordinaria il Fondo paga assegni in forma rateale e la relativa contribuzione correlata, per un periodo massimo di 60 fino al momento in cui gli interessati raggiungano i requisiti per la pensione INPS, i più prossimi tra anzianità e vecchiaia, e per il periodo di attesa per l'apertura della finestra.

Le prestazioni straordinarie sono rivolte ai lavoratori coinvolti in processi di ristrutturazione o riorganizzazione che maturino i requisiti minimi per la pensione di vecchiaia o di anzianità entro il massimo di cinque anni.

L'assegno è pari alla misura della pensione teorica cui avrebbe diritto il dipendente tenendo conto anche degli anni che mancano al raggiungimento di essa. Il lavoratore può rinunciare all'assegno mensile e chiedere il pagamento in unica soluzione del 65% dell'importo complessivo.

Per queste prestazioni occorre versare un contributo dello 0,50% (di cui 0,375% a carico dell'azienda), anche se per il primo anno di operatività del Fondo l'onere sarà pagato dal datore di lavoro per intero; e un contributo addizionale, a solo carico dell'azienda, pari all'1,50%. Per il momento è sospeso il pagamento del contributo.

(D.M. 21 gennaio 2011, n. 33)

martedì 19 aprile 2011

CONTRIBUTI COLF E BADANTI: I MODI (TELEMATICI E NON) PER PAGARE L'INPS

Trascorsa la scadenza dell'11 aprile scorso entro la quale i datori di lavoro domestico hanno potuto pagare i contributi INPS ancora alla vecchia maniera, cioè con il tradizionale bollettino di conto corrente postale, è necessario puntare di nuovo i riflettori sul sistema di pagamento dei contributi per fare il punto della situazione, onde evitare che, al momento della prossima scadenza (fissata all'11 luglio, perché il 10 è domenica) riferita al periodo di lavoro aprile-giugno, ancora non si sia pronti ad «usare» le opportunità messe a disposizione dall'Ente di previdenza.

I vari sistemi di pagamento:

- il bollettino Mav. Si tratta del vecchio bollettino con rinnovate caratteristiche che permettono di effettuare il versamento: 1) presso tutti gli sportelli delle varie banche, 2) presso gli uffici postali, 3) presso le tabaccherie che operano con il sistema SISAL e che espongono il logo «servizi INPS»;

- collegandosi al sito Internet www.inps.it e pagando con carta di credito; telefonando al numero verde gratuito 803.164 (cogestito da INPS e INAIL) e pagando con carta di credito. Queste due ultime modalità presuppongono che l'interessato sia registrato all'INPS e abbia il codice di riferimento PIN (in alternativa va bene la carta nazionale dei servizi CNS).

La ricevuta per la colf. Il bollettino Mav è articolato in sole due sezioni e quindi non riporta, come era invece nel bollettino postale, la sezione riservata al lavoratore sulla quale l'ufficio apponeva il visto di pagamento. Per ovviare all'inconveniente il sistema Mav riporta nella prima parte in alto, fuori del bollettino vero e proprio, due sezioni sulle quali sono già preregistrati la causale di pagamento, i codici relativi al rapporto di lavoro con le generalità, il periodo di riferimento, la somma pagata. Una delle due sezioni deve essere datata e controfirmata dal datore di lavoro e consegnata alla colf quale attestato del corretto pagamento INPS. Ovviamente su di essa l'ufficio postale non può apporre alcun visto di convalida. In ogni caso il datore di lavoro nel consegnare il foglietto può sempre esibire all'interessata la copia di pagamento bollata dall'ufficio per un'ulteriore controprova della regolarità contributiva.

Come variare i dati. Se il bollettino Mav emesso dall'INPS non si può usare in quanto sono variati alcuni dati nel corso del trimestre (il numero di ore lavoratore, ovvero la misura della paga, oppure il periodo, ecc.) il datore di lavoro può variare i dati e indicarli all'INPS, che in modo automatico ridetermina la misura del contributo da pagare e la comunica all'interessato attraverso la modifica dei Mav inseriti nel sistema. Il datore di lavoro stampa la versione aggiornata del bollettino e può versare in modo corretto.

Bollettini-fai-da-te. Da gennaio 2012 dovrà essere il datore di lavoro a «crearsi» i bollettini, entrando nel sistema telematico INPS attraverso il codice di identificazione segreto e personale PIN e poi navigando attraverso il percorso via via indicato dal sistema, per giungere al bollettino necessario per versare ogni singolo trimestre e stamparlo per poi pagarlo.

BUONI LAVORO PER LAVORI OCCASIONALI: PROROGATI AL 31 DICEMBRE 2011

Prorogata al 31 dicembre 2011 la possibilità per i committenti di usare il sistema dei buoni lavoro nei confronti dei lavori occasionali di tipo accessorio svolti da lavoratori in part-time, oppure in cassa integrazione o in disoccupazione e mobilità.

Lo prevede il decreto di Palazzo Chigi 25 marzo 2011, che in tal modo mantiene per questo intero anno la normativa tradizionale.

Il lavoro accessorio dei lavoratori che presso un altro datore di lavoro svolgono lavoro subordinato part-time è possibile in tutti i settori produttivi (con esclusione dello stesso datore di lavoro con il quale si svolge il part-time).

Per gli altri interessati (cassa integrati, percettori di ammortizzatori sociali) resta il vincolo dei 3 mila euro l'anno di compenso massimo netto.

Analoga proroga riguarda anche l'incremento della misura della indennità ordinaria di disoccupazione per i lavoratori sospesi e per gli apprendisti.

(D.P.C.M. 25 marzo 2011, n. 4305)

lunedì 18 aprile 2011

Regolamento per la commissione di certificazione, conciliazione ed arbitrato

Il Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro ha elaborato il nuovo regolamento per le commissioni di certificazione costituite presso i Consigli provinciali dell’Ordine, a seguito delle intese sottoscritte con il Ministero del Lavoro.

Nel regolamento sono state elencate le competenze delle commissioni in questione, che nello specifico riguardano:

- certificazione dei contratti aventi ad oggetto una prestazione lavorativa;
- certificazione della clausola compromissoria (ex art. 31, c. 10, L. n. 183/ 2010)
- certificazione contratti di appalto;
- certificazione rinunzie e transazioni a conferma della volontà abdicativa o transattiva delle parti;
- certificazione del regolamento interno delle cooperative circa la tipologia dei rapporti di lavoro attuati o che si intendono attuare;
- tentativo obbligatorio di conciliazione relativo ai contratti per cui si sia precedentemente adottato atto di certificazione;
- tentativo facoltativo di conciliazione;
- soluzione arbitrale delle controversie.

Il regolamento stabilisce che la Commissione deve comporsi di tre membri, compreso il Presidente, che durano in carica tre anni, e non oltre il limite del mandato del Consiglio Provinciale che li ha nominati. Questi soggetti, nonché i componenti delle sottocommissioni, ogni anno sono tenuti ad effettuare almeno 32 ore di formazione ripartite in due semestri.

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dovrà svolgere un monitoraggio semestrale sull’attività svolta dalle commissioni di certificazione, ricevendo ogni tre mesi un resoconto dell’attività svolta, sia in tema di certificazione che di conciliazione ed arbitrato, dai Consigli Provinciali.

Il regolamento entra in vigore dal 1° maggio p.v. e dovrà essere recepito in maniera integrale.

Consiglio Nazionale Consulenti del Lavoro, Circolare 14 aprile 2011, n. 1056

Servizio per la presentazione delle domande di disoccupazione implementate del servizio di richiesta ANF

Con la Circolare in oggetto l’Istituto porta a conoscenza che il servizio on-line di presentazione delle domande di disoccupazione ordinaria non agricola con requisiti normali o delle domanda di mobilità, è stato implementato della funzione per richiedere l’Assegno al Nucleo Familiare, al fine di permettere contestualmente la richiesta delle due prestazioni.

Il cittadino che presenta la richiesta di disoccupazione, ovvero la domanda di mobilità, tramite servizio web, nella stessa sezione trova anche la domanda per la richiesta degli ANF che verrà erogato unitamente all’altra prestazione.

In merito alla richiesta degli assegni, i dati necessari sono:
- i redditi conseguiti dal lavoratore e dai componenti il nucleo;
- i dati relativi ai componenti il nucleo familiare.

Il sistema web permette all’utente la stampa della ricevuta di presentazione della domanda di disoccupazione o mobilità, il modello DS21 telematico, il modello ANF telematico.

EXTRA-U.E. Attività lavorativa anche con i permessi di protezione temporanea

Con il D.P.C.M. 5 aprile 2011 il Governo, nel rispetto dell'articolo 20 del T.U. Immigrazione, ha inteso adottare le misure di protezione temporanea per le rilevanti esigenze umanitarie sorte in occasione dell'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa.

Più precisamente il Governo ha deciso che ai cittadini extracomunitari che hanno fatto ingresso in Italia dal 1° gennaio al 5 aprile 2011 venga riconosciuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari della durata di 6 mesi ai sensi dell'articolo 11, comma 1 lett. c-ter) del D.P.R. n. 394 del 1999 e successive
modificazioni.

Il permesso doveva essere richiesto alle Questure entro il 16 aprile 2011 e non verrà rilasciato, così come precisato dal Ministero dell'interno con la circolare 8 aprile 2011, n. 2992, se lo straniero:

– è entrato sul territorio nazionale prima del 1° gennaio 2011 o dopo il 5 aprile u.s.;
– è una persona socialmente pericolosa;
– è destinatario di un provvedimento di espulsione ancora efficace notificato prima del 1° gennaio
2011;
– è risultato denunciato per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del Codice di Procedura Penale.

Il permesso consente non solo la libera circolazione sul territorio italiano, ma anche in tutti i Paesi dell'Unione Europea così come previsto dall'Accordo Schengen e dalla normativa comunitaria.

Il permesso di soggiorno consente anche l'attività lavorativa dato che l'articolo 14, comma 1, lett. c), del Regolamento di attuazione del D.Lgs. n. 286 del 1998 lo prevede espressamente.

Fonte: D.P.C.M. 5/4/2011, G.U. 8/4/2011, n. 81, e Ministero dell'Interno, Circolare 8/4/2011, n. 2992

domenica 17 aprile 2011

CEDOLARE SECCA SUGLI AFFITTI: MODALITÀ DI OPZIONE E ANALISI DI CONVENIENZA ECONOMICA

L'Agenzia delle entrate (Provv. Dir. 7 aprile 2011) ha disciplinato le modalità di esercizio dell'opzione, i termini e le modalità di versamento in acconto e a saldo della cd. «cedolare secca sugli affitti» introdotta dall'art. 3 del D.Lgs. n. 23/2011.

LA «CEDOLARE SECCA»: TIPOLOGIA DI IMMOBILI E SOGGETTI COINVOLTI
ALIQUOTE DELLA «CEDOLARE SECCA»
IMPOSTE SOSTITUITE IN CASO DI OPZIONE ALLA «CEDOLARE SECCA»
MODALITÀ DI OPZIONE ALLA «CEDOLARE SECCA»
MODALITÀ DI VERSAMENTO DELLA «CEDOLARE SECCA»
PROFILI SANZIONATORI
ANALISI ECONOMICA DELLA CONVENIENZA O MENO AD OPTARE ALLA «CEDOLARE SECCA»


A decorrere dal periodo d'imposta 2011 i locatori (persone fisiche, proprietari o titolari di diritto reale di godimento) di immobili abitativi (1) nonché relative pertinenze potranno optare per la «cedolare secca», che rappresenta un'imposta sostitutiva delle imposte dirette ed indirette (IRPEF, imposta di registro ed imposta di bollo) applicate ai contratti di locazione in regime ordinario di tassazione.

La «cedolare secca» è stata introdotta dall'art. 3 del D.Lgs. 14 marzo 2011 n. 23 (pubblicato sulla G.U. 23 marzo 2011, n. 67) e con il successivo Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 7 aprile 2011, prot. 2011/55394, sono state stabilite le modalità di opzione e approvati i nuovi modelli da utilizzare per optare a tale regime.

Con il presente intervento si vogliono analizzare le caratteristiche principali della «cedolare secca» nonché effettuare le opportune considerazioni in merito alla convenienza economica o meno di tale tassazione.

LA «CEDOLARE SECCA»: TIPOLOGIA DI IMMOBILI E SOGGETTI COINVOLTI

Possono optare alla «cedolare secca» unicamente i locatori, persone fisiche, soggette ad IRPEF, che percepiscono canoni di locazione di immobili ad uso abitativo ed eventualmente, insieme all'immobile, le relative pertinenze.

Come precisato dal D.Lgs. n. 23/2011, la «cedolare secca» non può essere applicata alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell'esercizio di una attività d'impresa, o di arti e professioni.

Va da sé che non potranno optare alla «cedolare secca»:

- i soggetti IRPEF percepenti canoni di locazione

per immobili non rientranti tra quelli ad uso abitativo;

- i soggetti IRPEF che detengono l'immobile ad uso abitativo in regime d'impresa, arte o professione;

- i soggetti IRES compresi anche gli enti non commerciali indipendentemente dal fatto che l'utilizzo, del bene immobile ad uso abitativo, sia riferito all'ambito commerciale o meno.

L'opzione può essere effettuata solo dal locatore (2) dell'immobile abitativo e non anche dal locatario.

Nel caso in cui l'immobile abitativo dato in locazione sia di proprietà di due o più persone fisiche, il singolo locatore potrà optare alla «cedolare secca» pro quota (quota di proprietà).

Inoltre, se il contratto di locazione ha per oggetto più unità immobiliari, l'opzione per la cedolare secca può essere esercitata solo per alcune di esse.

Va da sé che in tali ipotesi dovrà essere versata l'imposta di bollo nonché l'imposta di registro per i canoni relativi agli immobili per i quali non si è optato.

ALIQUOTE DELLA «CEDOLARE SECCA»

Nei casi di opzione da parte del locatore, la «cedolare secca», da applicare sul canone concordato tra le parti, sconta le seguenti aliquote di tassazione (3):

- 21% per i contratti di locazione a canone «libero»;

- 19% per i contratti di locazione a canone «concordato», relativi ad abitazioni ubicate nei comuni di cui all'art. 1, comma 1, lett. a) e b), del D.L. 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 1989, n. 61, e negli altri comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica.

Si fa presente che l'opzione per la «cedolare secca» può essere effettuata anche in presenza di contratti di locazione per i quali non ricorre l'obbligo di registrazione (per meglio dire per i contratti di locazione che nel corso dell'anno non hanno una durata complessiva superiore a 30 gg.).

IMPOSTE SOSTITUITE IN CASO DI OPZIONE ALLA «CEDOLARE SECCA»

Nei casi di opzione alla «cedolare secca», considerato che è un'imposta sostitutiva, vengono meno le imposte dirette ed indirette applicate in regime ordinario di tassazione dei contratti di locazione e più precisamente:

- IRPEF e relative addizionali regionali e comunali (nei casi ove siano dovute) relative al reddito fondiario prodotto dalle unità immobiliari alle quali si riferisce l'opzione, nei periodi d'imposta ricadenti nel periodo di durata dell'opzione;

- imposta di registro applicata in sede di registrazione del contratto (pari al 2% del canone annuo; nella generalità dei casi tale imposta viene addebitata per la metà al locatario);

- imposta di bollo (applicata su due copie del contratto di locazione e pari ad euro 14,62 ogni 100 righe o frazione di esse) nonché

- imposta di registro e bollo sulle risoluzioni e proroghe del contratto quando:

- alla data della risoluzione anticipata sia in corso l'annualità per la quale è esercitata l'opzione per la «cedolare secca»;

- venga esercitata l'opzione per la «cedolare secca» per il periodo di durata della proroga.

L'opzione all'applicazione della «cedolare secca» non elimina l'obbligo di registrazione del contratto di locazione (4) e di dichiarazione del reddito corrispondente nella dichiarazione dei redditi (ovvero nel 730).

Si tiene comunque conto anche del reddito assoggettato alla cedolare secca per la «spettanza o anche per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, al possesso di requisiti reddituali».

Inoltre, tale reddito rileva anche con riferimento alla situazione economica equivalente (I.S.E.E.) di cui al D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109.

Ma l'opzione alla «cedolare secca» comporta unicamente benefici fiscali/economici in capo al locatore?

Da quanto sopra sembra che l'opzione alla «cedolare secca» comporta unicamente benefici in capo al locatore, ma così non è: infatti, il locatore una volta optato non potrà chiedere l'aggiornamento del canone, anche se previsto nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall'ISTAT. Di fatto questo è un beneficio per il locatario.

Inoltre, il locatore non potrà beneficiare della deduzione forfettaria sul canone di affitto previsto nel regime ordinario e più nel dettaglio:

- per i contratti di locazione a canone «libero», nel regime ordinario, spetta una deduzione forfetaria del 15% sul canone annuo che risulta dal contratto di locazione (25% per i fabbricati situati nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano);

- per l'immobile situato in un Comune ad alta densità abitativa e concesso in locazione in base agli accordi definiti in sede locale tra le organizzazioni dei proprietari e quelle degli inquilini (legge 431/1998, artt. 2, comma 3, e 5, comma 2), dove oltre alla deduzione del 15% (25% per i fabbricati situati nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano) tale fattispecie comporta un'ulteriore riduzione del 30% del reddito imponibile.




MODALITÀ DI OPZIONE ALLA «CEDOLARE SECCA»

Il Provvedimento direttoriale del 7 aprile 2011 ha stabilito le modalità di opzione alla «cedolare secca» nonché i termini di versamento della stessa.

È stato previsto che l'opzione vincola il locatore all'applicazione della «cedolare secca» per tutta la durata del contratto di locazione, della proroga ovvero del residuo periodo di validità dello stesso. È data, comunque, facoltà al locatore di revocare l'opzione esercitata in ciascuna annualità contrattuale successiva.

Si tenga presente che prima dell'esercizio dell'opzione, ai fini della corretta applicazione della stessa, il locatore dovrà comunicare al locatario tramite raccomandata A/R la rinuncia, per il periodo corrispondente alla durata dell'opzione, alla facoltà di chiedere l'aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall'ISTAT.

Il Provvedimento in commento prevede modalità di opzione diverse a seconda di quando viene registrato il contratto di locazione. Di seguito l'analisi caso per caso.

Disciplina transitoria

Per i contratti di locazione in corso nel 2011, scaduti ovvero oggetto di risoluzione volontaria alla data del 7 aprile 2011, nonché per i contratti in corso alla stessa data, per i quali è già stata eseguita la registrazione e per i contratti prorogati per i quali è già stato effettuato il relativo pagamento il locatore potrà optare per la cedolare secca in sede di UNICO (ovvero modello 730) da presentare nel 2012 (anno d'imposta 2011). Notevole importanza riveste la previsione normativa stabilendo che in tali casi non verranno rimborsate al locatore le imposte di registro e di bollo già versate in sede di registrazione.

Per i contratti registrati a decorrere dal 7 aprile 2011 l'opzione dovrà essere effettuata in sede di registrazione utilizzando il nuovo modello «SIRIA» ovvero utilizzando il nuovo Modello 69 per i contratti per i quali il termine per il pagamento dell'eventuale proroga, a partire dalla stessa data, non sia ancora spirato.

Nel caso di risoluzione del contratto di locazione in corso alla data del 7 aprile 2011 o di risoluzione per la quale, alla medesima data, non sia ancora scaduto il termine per pagare la relativa imposta di registro, l'opzione dovrà avvenire utilizzando il nuovo Modello 69.

Infine, si fa presente che per quanto attiene ai contratti di locazione per i quali i termini per la registrazione scadono tra il 7 aprile e il 6 giugno 2011, la registrazione (nonché l'eventuale opzione) potrà essere effettuata entro tale ultimo termine.

Opzione alla «cedolare secca»

Per i contratti registrati a decorrere dalla data del 7 aprile 2011, i locatori che vogliano optare per la «cedolare secca» dovranno utilizzare il nuovo modello «SIRIA», allegato al provvedimento stesso, da presentare esclusivamente in via telematica (direttamente dai contribuenti abilitati ai servizi telematici ovvero tramite i soggetti incaricati di cui all'art. 3, comma 3, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 332 e successive modificazioni).

Nei casi di proroga, anche tacita, l'opzione dovrà essere operata utilizzando il nuovo Modello 69 (5) che è stato aggiornato aggiungendo nel quadro F il campo «Opzione cedolare». Nel caso in cui il locatore voglia optare dovrà indicare «SI», in caso contrario «NO».




Per i contratti di locazione che nel corso dell'anno non hanno una durata complessiva superiore a 30 giorni, per i quali viene meno l'obbligo di registrazione obbligatoria, il locatore potrà optare per la «cedolare secca» direttamente in sede di dichiarazione dei redditi (ovvero 730) relativa al periodo d'imposta nel quale è prodotto il reddito.

Come già anticipato, nel caso in cui non si opti per la «cedolare secca» nella prima annualità del contratto di locazione il locatore potrà comunque optare per le altre annualità successive utilizzando il nuovo Modello 69. Inoltre, il locatore ha la facoltà di revocare l'opzione in ogni annualità successiva a quella dell'opzione (con le modalità che saranno definite da un successivo provvedimento direttoriale).

MODALITÀ DI VERSAMENTO DELLA «CEDOLARE SECCA»

Il Provvedimento direttoriale del 7 aprile 2011 ha previsto che:

- per i contratti in corso nell'anno 2011 dovrà essere versato un acconto pari all'85% dell'imposta dovuta (si ritiene che tale percentuale debba essere calcolata sul valore dei canoni percepiti nel corso del 2011) entro il 30 novembre 2011, in unica soluzione se di importo inferiore ad euro 257,52 ovvero in due rate se superiore a tale importo (in tal caso la prima rata dovrà essere versata nella misura del 40% entro il 16 giugno 2011 ovvero entro il 18 luglio 2011 con la maggiorazione degli interessi dello 0,40%; la seconda rata entro il 30 novembre 2011). Si fa presente che nel provvedimento direttoriale al punto 7.1. vengono analizzati anche altri casi per i contratti in corso alla data del 31 maggio 2011;

- l'acconto della cedolare secca dal periodo d'imposta 2012 sarà pari al 95% dell'imposta dovuta per l'annualità precedente. Per quanto attiene alle scadenze vale quanto detto al punto precedente.

Nei casi in cui l'acconto della «cedolare secca» non superi euro 51,65, il locatore non dovrà procedere al versamento e l'imposta sarà versata unicamente in sede di saldo.

Infine, per quanto attiene al versamento del saldo della «cedolare secca» tornano applicabili le norme in merito al versamento del saldo dell'imposta sui redditi. Inoltre, il versamento sia dell'acconto che del saldo è effettuato secondo le modalità stabilite dall'art. 19 del D.Lgs. n. 241/1997 [modello F24 (6)].

PROFILI SANZIONATORI

Sanzioni nelle ipotesi di mancata registrazione

L'irrogazione delle sanzioni previste dall'art. 69 del D.P.R. n. 131/1986 tornano ad essere applicabili nel caso di mancata od messa registrazione del contratto di locazione. In particolare, in tali ipotesi, il contribuente sarà tenuto al pagamento di un importo dal 120 al 240% dell'imposta dovuta.

Inoltre, per i contratti di locazione in esame che non sono stati registrati nei termini di legge:

- la durata della locazione è stabilita in 4 anni a decorrere dalla data di registrazione (volontaria o d'ufficio);

- al rinnovo si applica la disciplina prevista per i contratti a canone libero;

- l'importo del canone di locazione dovuto dal locatario sarà il più basso tra quello indicato nel contratto stipulato e quello pari al triplo della rendita catastale dell'immobile, oltre all'adeguamento annuale pari al 75% dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo delle famiglie, che, tuttavia, decorrere dal secondo anno.

Medesimo trattamento viene riservato anche per i contratti registrati:

- in cui l'importo dei canoni dichiarato in sede di registrazione risulti inferiore a quello effettivo;

- di comodato fittizio.

Si tenga presente che nel caso in cui si vogliano far venire meno gli aspetti sanzionatori di cui sopra il locatore potrà procedere alla registrazione (in caso di omessa registrazione) entro 60 gg. dall'entrata in vigore del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23.

Si ritiene che tale facoltà, ancorché non prevista puntualmente nella norma, possa tornare applicabile anche in caso di rettifica (quindi, se l'importo dei canoni risulti inferiore a quello reale).

Sanzioni per mancata dichiarazione del reddito corrispondente ai canoni di locazione nella dichiarazione dei redditi

Ulteriori sanzioni sono previste nel caso in cui il locatore non indichi (ovvero indichi solo parzialmente) i canoni all'interno della dichiarazione dei redditi (ovvero 730).

In tal caso, si applicheranno le sanzioni amministrative previste per omessa o parziale dichiarazione pari al doppio.

Ciò premesso:

- nei casi in cui il canone di locazione non venga indicato nella dichiarazione dei redditi tornerà applicabile la sanzione dal 240 al 480%;

- se il canone viene riportato in misura inferiore a quella effettiva si renderà applicabile la sanzione dal 200 al 400% dell'imposta dovuta;

- infine, nei casi in cui non emerga un'imposta dovuta la sanzione sarà applicata in misura fissa da euro 516 ad euro 2.064.

In tali ipotesi, in caso di acquiescenza ovvero di accertamento con adesione il contribuente non potrà beneficiare della riduzione delle sanzioni, l'unico vantaggio sarà rappresentato dal fatto che verranno applicate le sanzioni ordinarie, quindi, non raddoppiate.

ANALISI ECONOMICA DELLA CONVENIENZA O MENO AD OPTARE ALLA «CEDOLARE SECCA»

Allo scopo di analizzare il vantaggio fiscale/economico in capo al locatore bisogna in prima battuta comparare, ai fini degli scaglioni IRPEF, il regime ordinario con quello previsto per la «cedolare secca».




Dallo schema sopra riportato si evince che, ai fini IRPEF, il locatore che sottoscrive contratti di locazione a canone «libero» dovrebbe avere un vantaggio fiscale/economico ad optare per la «cedolare secca» nel caso in cui lo stesso abbia un reddito superiore ad euro 15.000.

Invece, nei casi in cui il locatore sottoscriva contratti di locazione a canone «concordato» dovrebbe avere convenienza ad optare per la «cedolare secca» se il proprio reddito risulta superiore ad euro 28.000.

Esempio 1 - Canone «libero»

Locatore residente a Padova con reddito di lavoro dipendente: euro 32.000

Canone «libero» annuale: euro 8.000

Addizionale regionale regime ordinario: 0,9%

Imposta di registro regime ordinario: 2% sul canone annuale

Imposta di bollo su due copie: euro 58,48 (4 marche da bollo)

ISTAT in caso di regime ordinario aumento canone del 2%

Cedolare secca canone «libero»: 21%

Calcolo della cedolare secca

8.000 x 21% = euro 1.680

Optando per la «cedolare secca» il locatore percepirà un canone annuo netto pari ad euro 6.320 (dato dalla differenza tra euro 8.000 ed euro 1.680)

Calcolo tassazione in regime ordinario

Considerato che il locatore ha un reddito complessivo superiore ad euro 28.000 il cumulo sarà soggetto all'aliquota del 38% dalla quale sarà decurtata la percentuale del 15%.

Scomputando il 15% si avrà un'aliquota marginale pari al 32,30%. Inoltre, senza cedolare secca il canone di locazione sarà aumentato del coefficiente ISTAT del 2% (quindi, euro 8.000 x 102% = euro 8.160).

Sulla base di quanto sopra la tassazione del canone sarà pari:

euro 8.160 x 32,30% = euro 2.635,68

In regime ordinario vi sarà anche l'imposta di registro del 2% sul canone annuale (di cui la metà nella generalità dei casi viene addebitata al locatario, quindi, in capo al locatore rimane unicamente l'1%):

euro 8.160 x 1% = euro 81,60

In regime ordinario vi sarà anche l'addizionale regionale (nel caso prospettato non vi sono anche quelle comunali da considerare se vi fossero)

0,9% x (8.160 x 85%) = euro 62,42

Quindi in regime ordinario il locatore percepirà un canone annuo netto pari ad euro 5.321,82 (dato dalla differenza tra euro 8.160 - euro 2.635,68 - euro 81,60 - euro 62,42 - euro 58,48 - imp. bollo).

Sulla base dell'esempio effettuato si nota che per un reddito superiore ad euro 28.000, nella generalità dei casi, in caso di canone «libero», conviene la «cedolare secca» (infatti, nell'esempio fatto con la «cedolare secca» il locatore percepisce un canone netto pari ad euro 6.320 contro un canone netto in regime ordinario pari ad euro 5.321,82).

Esempio 2 - Canone «concordato»

Prendendo a riferimento i dati dell'esempio precedente analizziamo la convenienza o meno ad optare per la «cedolare secca» in presenza di contratto di locazione a canone «concordato»

Calcolo della cedolare secca

8.000 x 19% = euro 1.520

Optando per la «cedolare secca» il locatore percepirà un canone annuo netto pari ad euro 6.480 (dato dalla differenza tra euro 8.000 ed euro 1.520)

Calcolo tassazione in regime ordinario

Considerato che il locatore ha un reddito complessivo superiore ad euro 28.000 il cumulo sarà soggetto all'aliquota del 38% dalla quale sarà decurtata la percentuale del 15% e l'ulteriore del 30%.

Scomputando il 15% e l'ulteriore deduzione del 30% si avrà un'aliquota marginale pari al 22,61%. Inoltre, senza cedolare secca il canone di locazione sarà aumentato del coefficiente ISTAT del 2% (quindi, euro 8.000 * 102% = euro 8.160).

Sulla base di quanto sopra la tassazione del canone sarà pari:

euro 8.160 x 22,61% = euro 1.844,97

In regime ordinario vi sarà anche l'imposta di registro del 2% sul canone annuale (di cui la metà nella generalità dei casi viene addebitata al locatario, quindi, in capo al locatore rimane unicamente l'1%):

euro 8.160 x 1% = euro 81,60

In regime ordinario vi sarà anche l'addizionale regionale (nel caso prospettato non vi sono anche quelle comunali da considerare se vi fossero)

0,9% x (8.160 x 85%) = euro 62,42

Quindi in regime ordinario il locatore percepirà un canone annuo netto pari ad euro 6.112,52 (dato dalla differenza tra euro 8.160 - euro 1.844,97 - euro 81,60 - euro 62,42 - euro 58,48 - imp. bollo).

Sulla base dell'esempio effettuato si nota che per un reddito superiore ad euro 28.000, nella generalità dei casi, in caso di canone «concordato», conviene la «cedolare secca» (infatti, nell'esempio fatto con la «cedolare secca» il locatore percepisce un canone netto pari ad euro 6.480 contro un canone netto in regime ordinario pari ad euro 6.112,52).

NOTE


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(1) Con accatastamento da A/1 ad A/11, con la sola esclusione di quelle classificate come A10, per meglio dire gli uffici.

(2) Ricorrendono i presupposti di cui sopra.

(3) Che diversifica a seconda della tipologia di contratto di locazione.

(4) La registrazione del contratto in tali casi fa venire meno la formalità della «comunicazione di cessione di fabbricato» da fare al commissario di polizia in ipotesi di «nuova occupazione» dell'immobile.

(5) Si fa presente che il nuovo Modello 69 potrà anche sostituire il modello di «Comunicazione dati catastali CDC» (approvato con il Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 25 giugno 2010) per gli adempimenti ad esso connessi.

(6) Con riferimento ai codici tributo necessari per effettuare i corretti versamenti dell'acconto occorrerà attendere la loro istituzione tramite apposita risoluzione ministeriale. Si ricorda che con la risoluzione dell'Agenzia delle entrate n. 38/E del 4 aprile 2011, sono stati resi noti i codici tributo per la cedolare secca sulle locazioni abitative dovute sugli immobili locati nella provincia dell'Aquila, per l'anno 2010.



(Art. 3, D.Lgs. 14 marzo 2011 n. 23)
(Provv. Agenzia delle entrate 7 aprile 2011, n. 55394)


di Stefano Setti